L’assistenza domiciliare è una di quelle immense aree grigie nelle quali trovano risposte svariate domande che il piano istituzionale, spesso, non è in grado di soddisfare o addirittura di intercettare. Domande di assistenza continuativa e di posti di lavoro, che spesso trovano soddisfazione in un mercato informale, fatto di operatori più o meno qualificati o più o meno certificati, OSS o Infermieri con contratti scaduti, badanti e tutto il mondo “sommerso” che pur restando in bella vista nessuno considera. Un enorme sistema di servizi informali, sul quale poggia tutta la mole di un apparato che si è limitato a demandare e a delegare ad altri una parte fondamentale, e oggi si è capito quanto, del sistema sanitario nazionale. Mai come oggi con gli ospedali sovraffollati, si avverte l’assenza di un sistema di assistenza domiciliare capace di decongestionare una situazione prossima ad un nuovo collasso. Le dichiarazioni rese alla nostra redazione da un Operatore Socio Sanitario – operante sul territorio calabrese e al quale, per ovvie ragioni, abbiamo garantito l’anonimato – aprono alcuni interessanti spunti di riflessione sulle lacune endemiche della sanità.
“La mia esperienza come OSS comincia nel 2013 e si è realizzata in varie strutture. Ho lavorato con un contratto di collaborazione occasionale per un lungo periodo, pur essendo nella sostanza soggetto a turni e di fatto un lavoratore dipendente. Nel settore dell’assistenza alla persona spesso si viene “cooptati” ed emerge chiaramente la narrazione secondo cui sia il lavoratore precario che il dirigente si trovino entrambi sulla stessa barca, perché quello che conta è il benessere degli utenti.
Penso che si possa constatare come questo sia uno degli elementi centrali della mancata sindacalizzazione di settori che si occupano di cura alla persona: in questo settore imperversano il lavoro precario e il “ricatto” sottile ai quali i lavoratori, spesso inconsapevoli, sono sottoposti, cioè quello per cui chi lavora deve porre al primo posto il bene di soggetti fragili. Ciò significa che spesso, anche tra colleghi, è difficile che si mettano in discussione le proprie aspettative retributive e contrattuali, perché ci si sente parte di una grande famiglia. In realtà il lavoro di cura domestico è un vero e proprio settore privato e quando non è possibile accedere a posti contrattualizzati si finisce, come nel mio caso, a lavorare in nero.
Questo ha fatto sì che, nell’ultima esperienza che ho vissuto, abbia dovuto lasciare il lavoro di assistenza ad un anziano durante il lockdown, proprio perché lavoravo in nero. La mancanza di un contratto rende praticamente invisibili e questa circostanza mi ha reso impossibile ricorrere all’autocertificazione per giustificare il fatto di andare a lavoro, perché avrebbe significato uscire e andare da una parte all’altra della città rischiando una multa che equivale quasi allo stipendio preso. Credo che un lavoro di inchiesta sull’economia informale, come potrebbe essere il settore delle badanti o di chi svolge pulizie in case private e il lavoro di cura nel privato in generale, possa essere uno strumento per capire le forme del nuovo sfruttamento; spesso chi lavora in questo settore è senza tutele e, come nel mio caso, in balia della volontà della famiglia a cui fa assistenza. Aggiungo, in fine, che alla mia richiesta di regolarizzare il rapporto lavorativo non ho ricevuto acuna risposta.”
Un Operatore Socio Sanitario
Le zone grigie sono quindi le aree di contatto tra esigenze reali e supina accettazione dello status quo, la zona incerta della contrattazione al ribasso per cure e attenzioni che avrebbero costi decisamente più elevati se prestati in ottemperanza a tutte le norme, da quelle fiscali a quelle sanitarie passando per quelle sul lavoro dipendente. Una zona di convenienze e ricatti, nella quale sparisce finanche il senso di lavoro in nero, sostituito dal valore assistenziale della prestazione. Forse da meno nell’occhio, ingentilisce una situazione tragica, quella della cura degli infermi, che deve avvenire come incontro tra domanda e offerta, fra necessità e bisogno, fra chi deve offrire prestazioni a buon mercato e chi non può, o magari non vuole, permettersi altro.
LE TESTIMONIAZE PRECEDENTI…