Carissimi,
vi comunico che ho deciso di andare in pensione con tre anni di anticipo. Alcune ragioni sono quelle che si leggono ogni giorno sulla «mala università». L’università italiana vive una profonda crisi per via di una potente burocratizzazione e di una strategia che punta ormai più sulla quantità che sulla qualità.
I responsabili di tale situazione non sono i governanti poco sensibili alla cultura o gli studenti che non hanno voglia di studiare ma i docenti universitari che, catturati dal mito di un’efficienza aziendalista incarnata nella figura del manager, sono diventati zelanti burocrati sottraendo tempo ed energie alla didattica e alla ricerca. Esperti di Vqr, Vtr, Sua-Rd, Sua Cds, Ava, Miur, Civr, Anvur, Iris, Asn, Ndv, Cnvsu, Crui, Far e altri acronimi indecifrabili, trascorrono gran parte del tempo in inutili riunioni. Gli studenti non hanno alcun peso decisionale e, sballottati in corsi di laurea triennali e magistrali dai nomi creativi e altisonanti, prendono crediti come a un distributore di tiket e preparano esami in cui i libri sono stabiliti dal peso e dal numero delle pagine. Da buona azienda, poiché il numero degli studenti è in relazione con i fondi dei finanziamenti ordinari, per convincere i giovani ad iscriversi, come si fa per biscotti e dentifrici, si confezionano video patetici in cui si promettono corsi straordinari che offrono lavori sicuri e remunerativi.
Nei dipartimenti gli spazi di democrazia si sono ristretti. In nome dell’efficienza, il potere si è concentrato nelle mani di pochi e così, nel reclutamento e nelle carriere, nonostante le abilitazioni nazionali, nei dipartimenti si continua ad assistere a soprusi, abusi e assurdità. Accade che si chiamino tante cattedre di un gruppo disciplinare, perché più potente, a danno di altre fondamentali per i corsi di laurea. Accade che chi non ha protettori e non fa parte di un clan è spacciato, mentre chi protesta è emarginato dalla comunità perché, come dicono tutti, la logica universitaria è questa.
Per quanto mi riguarda, ammetto che non ho mai mosso un dito per evitare questa piega reazionaria, il mio contributo alla gestione universitaria è stato praticamente nullo. Non sono mai intervenuto alle discussioni durante le riunioni di facoltà, dipartimento, corso di laurea, consigli ristretti e ristrettissimi, commissioni, sottocommissioni e via dicendo. Allo stesso tempo devo dire che ho svolto ogni ora di lezione dei miei corsi e ho sempre studiato pubblicando decine di libri, articoli e girando numerosi film e documentari. Professore associato con abilitazione ad ordinario non ho mai goduto dell’anno sabbatico e, pur con centinaia di studenti ogni anno, non ho mai avuto avuto neanche un tutor alla didattica.
La nostra università è stata sempre una delle realtà più belle della Calabria, regione lacerata e afflitta da tanti problemi e io ho avuto l’onore e il privilegio di avervi lavorato. Ricordo che ai tempi del liceo ho partecipato attivamente alle manifestazioni per la sua istituzione e, iscritto a Pisa, mi sono subito trasferito appena è sorta. Spero tanto che l’Ateneo continui a ricoprire la funzione positiva che ha avuto in questi anni. Agli studenti chiedo scusa per la società di macerie che la mia generazione ha lasciato loro e li invito a svegliarsi per dare vita a una grande rivoluzione culturale che scardini i mostruosi meccanismi che li vede passivi, subalterni ed emarginati.
Un caro saluto e auguri di buon lavoro a tutti.
Giovanni Sole