Ci si maschera per uscire dall’anonimato. Si lotta individualmente per trovare gli altri, una comunità in lotta. Le azioni e le denunce che affollano la pagina de “il Padrone di Merda – Cosenza” provengono direttamente da lavoratori e lavoratrici sfruttati che nella maggior parte dei casi non hanno interesse a risolvere la propria vertenza, anche, ma soprattutto di non permettere più che lo sfruttamento tocchi qualcun altro. E’ uno spaccato dantesco quello che viene fuori dai gironi del lavoro precario.
“Sono uno chef, ex dipendente della società M&G Holding, capitanata dal Sig. Luca Gallo attuale presidente della Reggina Calcio. Ho lavorato contrattualizzato con loro dal 28/2/2019 al 31/8/2019 in un locale di Reggio Calabria in una delle vie più importanti della “movida” … Ad oggi ancora attendo che mi siano versati Tfr, Anf (assegni familiari miei di diritto), ferie e permessi non goduti, bonifico mensilità con relativo invio di busta paga dei mesi di Giugno 2019, Luglio 2019, Agosto 2019, ed inoltre, cosa da me mai accettata, le buste paga sono comprensive di 13esima e 14esima. Oltre a ciò, come se non bastasse, ad oggi, dopo un mio controllo tramite CAF, mi ritrovo con neanche la metà dei contributi versati”.
“Salve…sono un ragazzo pugliese…mi ritrovo nella stessa condizione di certi ragazzi che sono stati assunti tramite M&G e credetemi è assurdo tutto quello che sta capitando a noi lavoratori del settore del turismo…vi spiego in breve ciò che è successo a me…
Sono stato assunto in data 30 novembre 2019 dall’agenzia M&G da un agente di zona della Puglia. Ho lavorato come barista con un contratto di 16 ore Settimanali (2 ore al giorno, in teoria, ma nella pratica a volte anche 12 ore al giorno) fino al 29 febbraio 2020 con tacito rinnovo. Le condizioni contrattuali erano che, ogni mese, il mio titolare doveva versare il mio stipendio all’agenzia M&G poi in contemporanea l’agenzia pagava me per lo stipendio. Sono passati Dicembre, Gennaio e tutto Febbraio e il mio titolare di lavoro ( a tutt’oggi ossia 25 07 2020) non ha versato un centesimo all’Agenzia.“
“A febbraio 2018 avevo trovato lavoro in un piccolo market di paese. Di solito era direttamente il proprietario ad assumere, invece a marzo ci disse che ci assumeva tramite questa agenzia perché aveva delle condizioni vantaggiose sia per lui che per noi. Noi all’oscuro di tutto accettammo.
Questo fino a inizio dicembre quando venne il proprietario e ci disse che da gennaio ci riassumeva di nuovo lui. Da qui cominciamo ad avere qualche dubbio, visto che il proprietario stesso era così entusiasta di questa agenzia.
Per quanto riguarda lo stipendio non abbiamo mai avuto problemi sono stati sempre puntuali, il bello arriva quando da un controllo sul portale INPS non risultano contributi versati. Invece per quanto riguarda il tfr ci dicevano che veniva erogato dopo 90 giorni dalla scadenza del contratto. Ad oggi nulla di tutto ciò!!! Cosa strana!!!
Dopo varie sollecitazioni sono riuscito a farmi versare i contributi dal 1 marzo al 31 luglio, ma da un controllo recente mi risulta versato solo il mese di luglio come se gli altri mesi fossero spariti. Buuu!!!
Io mi ribellai a questa cosa e alla fine persi anche il lavoro perché in un certo senso costrinsi il proprietario del market a farsi carico lui almeno del tfr.”
Le società di somministrazione di lavoro sono un “nuovo” genere di società nate a seguito delle tante leggi che ormai si succedono da diversi decenni per la «liberalizzazione» del mercato del lavoro, diffondendo e legalizzando le più varie forme di intermediazione e di precariato (Vedi per esempio pacchetto Treu, 1997). Fino ad arrivare appunto a «liberalizzare» anche la vendita della merce «forza lavoro», che prima era di esclusiva competenza dello Stato attraverso gli uffici di collocamento. Da allora tutte le forme di «somministrazione» del lavoro, fino a quel momento fuori legge, hanno potuto emergere e infettare tutta Italia (un po’ come il Corona virus).
Facciamo un esempio calzante. In un ristorante serve uno chef. Il padrone contatta uno dei tanti giovani precari magari, con «esperienza lavorativa». E gli dirà: se vuoi lavorare da me vai prima a tale società di somministrazione. Quest’ultima predispone due contratti. Il primo con il padrone del ristorante il quale si impegna a versare con una certa periodicità la somma pattuita a copertura del costo del lavoratore. Il secondo contrattp con il lavoratore. Due padroni, citando una vecchia pubblicità, son megl che one!
Il padrone del ristorante ha il vantaggio di pagare meno la manodopera e di liberarsi di qualunque obbligo diretto con lo chef e di tutte le pratiche amministrative connesse al rapporto del lavoro; semplicemente salda una fattura alla società di somministrazione.
Nel costo del lavoro, a loro dire più conveniente rispetto al mercato, la società di somministrazione deve includere il suo margine ed i costi di gestione del rapporto lavorativo. Naturalmente supponiamo che questo margine venga trattenuto dal salario del lavoratore stesso. Supposizione che diviene certezza quando le cose si complicano quando uno dei due padroni, il ristoratore o la società di somministrazione, non pagano, quando il meccanismo s’inceppa. In quel momento il lavoratore si agita e cerca di capire di più e spesso si accorge che pezzi di retribuzione che comunque gli spettavano non gli sono mai stati riconosciuti (assegni familiari, contributi, tfr, tredicesima etc..).
Li scatta la trafila “legale” tra ispettorato del lavoro che non risponde e sindacati che seguono la vertenza fino ad una causa che tarda a concludersi e che spesso si chiude con uno stralcio al ribasso di quanto dovuto per “chiudere la pratica” con la soddisfazione di tutti.
In realtà gli unici ad essere soddisfatti sono i padroni mentre il lavoratore precario deve accontentarsi delle briciole – meglio che niente! – che gli serviranno per vivere stentatamente per qualche altro mese fino al prossimo contratto precario.
Nel frattempo la società di somministrazione ed il suo proprietario possono lucrare bene sugli altrui sudori e magari togliersi qualche capriccio, il macchinone nuovo per il figlio diciottenne, il villone in Sardegna per le vacanze o perché no, una squadra di calcio!
Questa la denuncia fatta dalle maschere bianche, a Cosenza, Bologna e tante altre città. Lavoratori e lavoratrici spesso precarie, ma sicuramente sfruttate, che hanno deciso di mascherarsi per palesare non solo il loro malessere individuale ma quello che affligge tante persone nelle stesse loro condizioni invitandole ad alzare la testa di fronte ai tanti soprusi dei padroni.