Tra i numerosi emendamenti al decreto Milleproroghe presentati presso le commissioni congiunte Affari costituzionali e Bilancio della Camera, uno in particolare, a firma Cillis, Vianello, Sut, Macina e Donno, contiene alcune modifiche alla legge 12/2019, art. 11 ter, con riferimento al Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (Pitesai).
Ad una prima sommaria e veloce lettura, l’articolato parrebbe presagire a chissà a quale svolta “green” che in realtà non c’è.
Cosa prevede di preciso l’emendamento?
Nell’attuale formulazione, il comma 1 dell’articolo 13 ter stabilisce che il Pitesai debba essere approvato entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge 11 febbraio 2019, n.12: quindi, entro il termine del 13 agosto 2020. Con l’emendamento il termine massimo per l’approvazione del Piano slitterebbe all’11 febbraio 2021.
Con quali effetti sulla durata delle sospensioni dei procedimenti relative ad istanze per la ricerca e dei permessi di ricerca vigenti all’11 febbraio 2019, riguardanti aree classificate come “idonee”?
Con buona pace di Assomineraria e del ROCA, nessuno, se si eccettuano 30 giorni decorrenti dalla data di approvazione del Piano affinché riprendano efficacia i procedimenti sospesi ai sensi del comma 4 (procedimenti amministrativi, ivi inclusi quelli di valutazione di impatto ambientale, relativi al conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi) proseguano nell’istruttoria ed i permessi di prospezione e di ricerca sospesi ai sensi del comma 6 (permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere alla data dell’11 febbraio 2019, sia per aree in terraferma che in mare).
Nelle aree non compatibili, entro sessanta giorni dall’approvazione del Pitesai il Ministero dello Sviluppo Economico avvierebbe il procedimento per il rigetto delle istanze relative ai procedimenti sospesi ai sensi del comma 4 ed avvierebbe i procedimenti di revoca, anche limitatamente ad aree parziali, dei permessi di prospezione e di ricerca in essere. “Nelle aree non compatibili è comunque ammessa l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili”.
In ipotesi, quindi, potrebbe essere autorizzata l’installazione di un impianto eolico particolarmente impattante in un area di pregio ritenuta inidonea a ricevere attività “petrolifere”. Ma questo è soltanto uno dei tanti aspetti contraddittori della norma che sembra non tener conto dei poteri concorrenti tra Stato e Regioni in materia di autorizzazione alla installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e dei rapporti tra i diversi livelli della pianificazione.
Non privo di valore “estetico” pare l’emendamento anche nella parte relativa alla durata delle concessioni ed alle relative proroghe.
Secondo la normativa vigente, la concessione di coltivazione ha durata non superiore a 20 anni; il titolare ha diritto ad una proroga non superiore a 10 anni e ad ulteriori proroghe, non superiori a 5 anni ciascuna, nei limiti della durata di vita utile del giacimento. Le proroghe avvengono in modo automatico e questo grazie ad una norma fortemente voluta da Monti e mai più messa in discussione (Monti (art. 34, comma 19, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221).
Cosa prevede l’emendamento sulla proroga della durata delle concessioni?
“Nelle more dell’adozione del PiTESAI, le proroghe di cui al comma 4 lettera a) sono concesse per una durata massima di 5 anni”. In altri termini, finché il Pitesai non verrà adottato (quindi, al massimo, fino all’11 febbraio 2021), le proroghe delle concessioni potranno essere concesse per una durata massima di 5 anni; se il Pitesai non verrà approvato, tutto tornerà esattamente come prima: il titolare della concessione avrà diritto ad una proroga non superiore a 10 anni e ad ulteriori proroghe, non superiori a 5 anni ciascuna, nei limiti della durata di vita utile del giacimento e le proroghe avverranno in modo automatico.
Se, viceversa, il Pitesai verrà approvato, bisognerà operare gli opportuni distinguo tra le concessioni a seconda che queste interessino in aree idonee o non idonee.
Per le aree del Piano dichiarate compatibili con le attività estrattive varrà quanto già detto, e cioè il Mise potrà ulteriormente prorogare le concessioni secondo la normativa vigente (prima proroga di 10 anni + ulteriori proroghe, non superiori a 5 anni ciascuna, nei limiti della durata di vita utile del giacimento ed in modo automatico).
Per le aree del piano dichiarate incompatibili con le attività estrattive, occorrerà nuovamente distinguere: per le nuove richieste di proroga, la durata sarà quella dei 5 anni (al massimo) e non potranno esserci proroghe ulteriori; per le proroghe già in essere, le concessioni scadranno secondo la data che reca il provvedimento di proroga. Con una differenza, quindi: che mentre per alcune sarà consentito estrarre per oltre cinque anni, per altre sarà consentito estrarre al massimo per cinque anni.
Sulle proroghe delle concessioni, l’emendamento ha reso molto più complesso un quadro normativo che dovrebbe invece tendere alla semplificazione ed alla coerenza rispetto al fine della decarbonizzazione del sistema energetico.
Per tutte le ragioni fin qui espresse, il nostro giudizio sulla sostanza dell’emendamento è estremamente critico.
Riteniamo che sia andata sprecata un’occasione unica sia per porre fine al perverso meccanismo delle proroghe automatiche delle concessioni (Eni ha così ottenuto, senza colpo ferire, la proroga decennale della tristemente nota “Val d’Agri” al 26/10/2029) sia per riaffermare il carattere nazionale del Pitesai, a dispetto delle pretese secessionistiche ed incostituzionali della Regione Siciliana.
Il Governo – il Mise in particolare – si è mostrato inoltre poco trasparente ed opaco rispetto agli sviluppi del processo di formazione del Pitesai: le ultime informazioni ufficiali sono contenute in un documento del Servizio Studi della Camera datato 17 settembre 2019 e nulla è dato sapere in merito alla data di presentazione della bozza del Pitesai, già slittata da luglio a ottobre 2019.
Il Mise non ha ancora dato risposta ad alcune interrogazioni parlamentari piuttosto datate e si è mostrato silente, in violazione di legge, rispetto ad una richiesta di accesso agli atti dei procedimenti relativi alla redazione del Pitesai, presentata lo scorso 4 gennaio dal Coordinamento Nazionale No Triv che sta valutando le opportune contromisure.
I fatti fin qui registrati restituiscono il Governo Conte 2 alla sua reale dimensione di esecutivo della continuità. Un vero Green New Deal richiederebbe bel altro coraggio.
Coordinamento Nazionale No Triv