08.02.2020 – Trebisacce (CS)
L’emergenza dei rifiuti in Calabria è pilotata da chi vuole lucrare sul fatto che essa non venga mai davvero risolta, prolungando all’infinito la crisi di un sistema che non può più essere lasciato in mano agli interessi dei privati. È questo, in estrema sintesi, l’assioma principale emerso dall’assemblea pubblica organizzata l’8 febbraio scorsa, a Trebisacce da R.A.S.P.A., Rete Autonoma Sibaritide e Pollino per l’Autotutela.
Riportiamo, di seguito, alcuni stralci degli interventi assembleari.
R.A.S.P.A. (Villapiana)
Dopo il lungo periodo delle discariche abusive siamo passati, nella seconda metà degli anni ’90, al periodo delle discariche cosiddette “a norma” che però non hanno soddisfatto appieno la gestione dei rifiuti visto che ancora una volta siamo in un periodo di crisi. Da oltre un ventennio si passa da emergenza in emergenza senza mai risolvere il problema definitivamente. Il meccanismo dell’emergenza in realtà è funzionale alle realtà private, sostenute dall’intervento pubblico, per portare a casa lauti guadagni.
I fatturati di queste imprese parlano di una tendenza di crescita costante nel tempo; le percentuali di raccolta differenziata, seppur lentamente, crescono e nonostante la popolazione calabrese reale vive una lunga fase emorragica in termini demografici con decine di migliaia di persone che ogni anno lasciano la propria terra per non farvi più ritorno, la crisi del sistema non accenna a svanire. Ciclicamente infatti assistiamo all’allarme emergenza ed alle serrate dei gestori privati che riportano le nostre città ad avere enormi cumuli di rifiuti in ogni angolo di strada.
Dal 1° gennaio 2019 la Regione ha trasferito la competenza in materia di rifiuti ai Comuni riuniti negli Ambiti Territoriali Ottimali (i cosiddetti ATO) che riproducono sostanzialmente i confini delle Provincie senza considerare che i territori “ottimali” per la gestione del ciclo dei rifiuti non sono sovrapponibili ai confini geografici ed amministrativi.
L’obiettivo della regione in combutta con i privati è quello di dotare ogni Ato di un mega impianto di trattamento (i cosiddetti ecodistretti) con le relative discariche di servizio. L’accentramento degli impianti è funzionale soltanto alla massimizzazione dei profitti delle imprese private ma completamente inutili da un punto di vista di efficacia ed efficienza del servizio (lo abbiamo visto prima e dopo i vari commissariamenti per la cosiddetta emergenza rifiuti). Sarebbe molto più utile e logisticamente sensato chiudere il ciclo dei rifiuti su base territoriale e con piccoli impianti pensati per le reali esigenza del territorio di competenza.
Se allora la Calabria vive un calo demografico importante (soprattutto nei piccoli centri) ed una crescita dei livelli di raccolta differenziata costante seppur lenta, cosa giustifica la mole di rifiuti esistente che ci pone tra i primi posti in Italia in termini di rifiuto totale prodotto pro-capite? La regione Calabria ha una produzione di rifiuti pro-capite quasi sovrapponibile a quella della regione Lombardia e i due contesti regionali non sono per nulla equiparabili sia in termini di tessuto economico-produttivo sia in relazione alla ricchezza (e, quindi, alla capacità di spesa e di consumo) pro capite.
Da dove deriva allora questo continua e martellante piagnisteo dei gestori privati circa un presunto affanno nella gestione dei loro impianti?
I dati economici per una realtà come la Calabria Maceri parlano per il solo 2018 di un +40% di utili con un volume d’affare di oltre 40milioni di euro. Nonostante ciò, i fratelli Pellegrino intimano la serrata del proprio impianto per via di presunte difficoltà a batter cassa alla Regione e ai comuni, a pagare gli operai o a conferire nelle discariche rimaste ancora aperte. Ci chiediamo perché la responsabilità d’impresa, anima del mercato liberista, debba essere trasferita dall’imprenditore ai cittadini?
Dalle assemblee dell’ATO, molto caotiche ultimamente, apprendiamo che le problematiche fondamentali sono le quote da conferire a Calabria Maceri o agli altri impianti per non lasciare i rifiuti a terra e il residuo economico da saldare comune per comune. Da oltre un anno ancora non è dato sapere cosa intendono fare rispetto al cosiddetto Piano d’Ambito, strumento strategico dell’Ato per il tracciamento delle linee gestionali a medio-lungo termine.
Inoltre l’ATO non ha una sua autonomia di bilancio e una sua identità giuridica e questo ne depotenzia la sua legittimità in tema di gestione dei rifiuti. Non è un caso infatti che i prossimi contratti con i gestori degli impianti privati saranno stipuleranno tra gestore e singolo Comune e non collettivamente come ATO.
Questo comporta che a dettare legge nelle assemblee degli Ato non sono i sindaci (quindi i soggetti pubblici) ma i privati e nella fattispecie per quel che riguarda l’Ato di Cosenza, la Calabria Maceri che ha indicato quale deve essere la via maestra per “evitare il disastro” e cioè aumentare la capacità per la discarica crotonese gestita dalla SOVRECO ed effettuare il “sopralzo” per la quarta discarica di Cassano. Ennesima “pezza a colori” per ricuperare qualche mesi di smaltimento dei rifiuti per poi farci ripiombare in piena estate nell’ennesima crisi rifiuti.
I movimenti sono sempre additati come quelli del no alle discariche, del no agli inceneritori, due pratiche tra le più gettonate in Regione e tra i “signori della monnezza”. Purtroppo però quando esprimiamo le nostre proposte non veniamo ascoltati. Se 15 anni fa avessero ascoltato le nostre proposte oggi saremmo più vicini a Capannori ed alla sua strategia Rifiuti Zaro che gli permette percentuali al top a livello nazionale che alla crisi che stiamo vivendo.
Dobbiamo subito ripubblicizzare il ciclo integrato dei rifiuti, servizio fondamentale per il territorio, l’ambiente e la salute delle comunità locali; è necessario riprogrammare totalmente il sistema di gestione e chiudere definitivamente la pessima stagione degli Ato, dell’ingerenza dei privati, dei commissariamenti e delle ordinanze in deroga, della costruzione di megaimpianti centralizzati, indirizzando strategicamente gli sforzi verso una gestione decentrata, aderente con le reali esigenze dei singoli territori, capace di chiudere il ciclo dei rifiuti lì dove vengono prodotti, incentrata sulla raccolta differenziata spinta porta a porta e capace di incentivare anche economicamente chi fa bene la differenziata e produce meno materiali non riciclabili.
Vogliamo partire oggi o continuiamo a posticipare il problema scavando altre buche, bruciando i rifiuti trasferendo così decine di milioni di euro ogni anno dalle tasche dei cittadini alle casse dei privati e della ‘ndrangheta?
Mario Albino Gagliardi (già sindaco di Saracena)
Vorrei darvi dei punti di riflessione da una parte e delle certezze dall’altra. Il sistema dei rifiuti è un servizio che deve essere gestito dagli enti locali per innalzare anche il livello qualitativo di vita dei cittadini. Il sistema virtuoso dell’Azienda Speciale creata a Saracena purtroppo è stato distrutto nel giro di due anni dall’amministrazione attualmente in carica. Ma questo non ne inficia i risultati ottenuti fino al 2018.
Ci sono, ad ogni modo, due annotazioni che definirei metafisiche da portare alla nostra attenzione.
La qualità della vita non è un problema del Sindaco ma un problema che riguarda l’intera comunità che vive su un determinato territorio. La prima cosa da fare è, pertanto, far capire il valore dei beni comuni. Di quei beni cioè che sono di tutti e non esclusivi di qualcuno.
Quando ero piccolo e andavo da mia nonna posso testimoniare che non c’era produzione di rifiuti “indifferenziabili”. Il residuo che rimaneva era semplicemente organico che veniva utilizzato nei campi o come cibo per gli animali domestici. Il ciclo dei rifiuti spesso si chiudeva nell’ambito domestico. Poi da studente a Friburgo, nella Svizzera Occidentale, ho potuto verificare e sperimentare di persona che nella città, sin dagli anni ’70, non c’era nessun problema di crisi nella gestione dei rifiuti. Da Sindaco di Saracena ho applicato questo due modelli.
I rifiuti, come principio, possono essere una ricchezza, se solo cambiassimo mentalità. Se vogliamo bene al nostro territorio dobbiamo far capire che il servizio di raccolta e trattamento dei rifiuti urbani deve essere organizzato per impattare il meno possibile sull’ambiente e la salute delle comunità e simultaneamente utilizzarlo come fonte per produrre ricchezza da ridistribuire sul territorio sotto forma di ulteriori servizi o migliorando quelli esistenti.
A Saracena, con l’introduzione dell’Aziendale Speciale e quindi con un sistema interamente pubblico, abbiamo raggiunto punte di raccolta differenziata di circa l’85-86% e pensavamo che oltre tali livelli non si potesse andare. Su questo ci siamo dovuti ricredere. Durante un’assemblea nazionale, infatti, il sindaco di un comune della provincia di Trento disse di aver raggiunto il 92% (reale) di raccolta differenziata ed io lo contestai ma in realtà più tardi capii che aveva ragione. Oggi faccio io la raccolta differenziata a casa e, con una famiglia di quattro persone, conferisco al Comune di Saracena un mezzo sacco nero (l’indifferenziata, per intenderci) una volta ogni tre settimane. Questo vuol dire che alcuni standard altamente virtuosi si possono raggiungere, basta essere attenti nella gestione casalinga e negli acquisti alla fonte. I materiali che noi utilizziamo e che poi diventano scarti possono essere, in realtà, riutilizzati come materia prima seconda.
Il compito dei sindaci è quello di organizzare la raccolta ed il trattamento sul proprio territorio agendo in sinergia con gli altri sindaci del comprensorio. Se applichiamo questo schema rendiamo inutili gli ATO che di per sé restano un modello profondamente errato.
Così come risulta profondamente errato imbrigliare la gestione dell’acqua in “ambiti ottimali” i cui confini sono geografici e amministrativi e non idrografici come natura vuole, così anche gli ATO del settore rifiuti dovrebbero essere pensati per i territori e le esigenze reali dei singoli Comuni e delle comunità limitrofe e non riferendosi banalmente ai confini amministrativi delle cinque province che giova solo agli interessi logistici dei gestori privati.
La questione dei rifiuti è anche un problema pedagogico. I bambini e le nuove generazioni devono essere educati a selezionare i rifiuti trasmettendo loro la “cultura delle tre R” (riduzione, riuso, riciclo). Questo parte, che abbiamo definito di natura pedagogica, è fondamentale per far funzionare bene il sistema della gestione dei rifiuti in una comunità.
Ma andiamo avanti. Che fine fanno i rifiuti una volta selezionati e differenziati? Possono essere conferiti, ad esempio, alle filiere dei comparti e quindi rivendute per ricavarne addirittura un vantaggio economico per la comunità oppure, come per l’umido, riutilizzarlo come ammendante per l’agricoltura locale e di prossimità.
Per fare tutto ciò però è fondamentale che il sistema dei rifiuti non venga affidato ad un soggetto privato.
Il privato, fa profitti – anche legittimamente se vogliamo – ma in nessun caso può farli all’interno di settori strategici come i servizi pubblici – come acqua e rifiuti, ad esempio – che per loro natura non sono orientati all’utile ma al benessere complessivo di una intera comunità.
A Saracena abbiamo applicato questo criterio istituendo un’Azienda Speciale, ente di diritto pubblico e braccio strumentale del Comune, perché nel settore rifiuti, come nell’acqua, non ci devono essere utili e dividenti per pochi ma soltanto una gestione efficiente, efficace ed economicamente vantaggiosa per le comunità; questo si ottiene semplicemente coprendo i solo costi di gestione. Così facendo il servizio diventa virtuoso ed i costi per la comunità si abbattono notevolmente perché viene eliminata la voce del profitto che invece i privati fanno valere nella composizione della tariffa del loro servizio.
Se, inoltre, tutte le frazioni come la plastica, il ferro, il vetro ad esempio, vengono separate bene dai cittadini questo deve essere premiato garantendo loro un premio con uno sgravio sulla tassa dei rifiuti. A Saracena si verificava a campione i sacchetti conferiti e si premiavano o si richiamavano i cittadini in basa al grado di correttezza con cui facevano la differenziata. Abbiamo inoltre fatto dei contratti direttamente con le filiere in modo da controllare totalmente il circuito. Non con tutte le filiere, purtroppo perché in alcuni casi bisognava fare rete con altri comuni che però non hanno voluto mettersi in gioco. Quindi riuscivamo a guadagnare solo dalla plastica, dai 14 ai 18 mila euro all’anno, mentre le altre frazioni erano conferite gratis proprio perché non si è riusciti a creare un consorzio tra le diverse comunità a causa dell’insensibilità degli altri amministratori.
A Saracena l’azienda speciale ha dato lavoro a sei ragazzi presi tra le fasce più disagiate del comune; soggetti che non avrebbero trovato nessun altro tipo di occupazione e nel tempo hanno dimostrato di essere bravissimi e professionali nel loro lavoro.
Abbiamo anche realizzato un impianto per trattare l’umido: lombricoltura. Nonostante alcuni errori nella fase d’avvio della sperimentazione, alla fine abbiamo dimostrato che si può produrre un ottimo concime per l’agricoltura che personalmente ho utilizzato anche nel mio orto: i pomodori quell’anno mi sono sembrati assolutamente più buoni!
Vi dico quindi che si può vivere senza discariche! Ribellatevi contro chi vuole costruire buche inutili.
Associazione Terra Mia (Cassano Allo Ionio)
A Cassano, è risaputo, facciamo agricoltura di qualità da molte generazioni. Ad esempio, vicino alle 4 discarica ci sono aziende biologiche di primissima qualità. Nel periodo estivo vengono a scaricare 70/80 tonnellate al giorno di tal quale e si è arrivati a scaricare una quantità impressionante di umido: 500 tonnellate al giorno! Il cattivo odore era irresistibile.
Conosciamo anche persone che vivono a valle della discarica e che muoiono per diverse patologie tra cui la leucemia. Queste persone utilizzano anche diversi pozzi per l’acqua che ancora oggi non è dato sapere se sono inquinati. L’unica problematica per gli amministratori di turno è togliere i rifiuti dalle strada senza porsi il problema di dove vanno a finire una volta prelevati.
La quarta discarica di Cassano è stata messa in esercizio durante la fase dell’emergenza rifiuti e in deroga alla legislazione vigente. Tant’è che nell’autorizzazione – a pag. 3 per l’esattezza – sta scritto che il Comune, insieme agli uffici competenti della Regione Calabria, avrebbe dovuto provvedere, nelle more dell’esercizio della discarica, ad ottenere le necessarie autorizzazioni (ad esempio l’AIA). Ad oggi questa documentazione non esiste. Sostanzialmente molte delle discariche oramai sature sono state aperte seguendo questo iter. Di fondo, a Cassano sul “corpo del reato” si va ad abbancare altro rifiuto.
Simona Colotta (Sindaco di Oriolo)
Ho partecipato a tutte le riunioni dell’ATO e vi assicuro che è una macchine enorme senza bilancio e totalmente inefficace. Partecipiamo ad assemblee dove ci sono ricette precotte che ci limitiamo a votare.
Ad oggi l’assemblea dell’Ato non è capace di affrontare questa problematica. Non riusciamo a conferire fuori regione e l’ultima volta non siamo riusciti neanche a conferire a Cassano perché alcuni camion pieni di rifiuti provenienti dalla Puglia hanno conferito prima di noi.
L’incapacità dell’ATO 1 della provincia di Cosenza è totale; l’ultima assemblea è riuscita a stento a trovare una soluzione tampone per cui fino a giugno si governerà l’emergenza, conferendo il residuo a Crotone e Cassano, dopodiché si ritornerà al caos più totale.
Io personalmente mi trovo a dover gestire nel mio paese questa presunta emergenza che però genera cumuli enormi di rifiuti e problemi reali di tipo igienico-sanitario. Nel contempo, però, sto cercando di capire come rendere autonoma la mia comunità.
Sono sindaco da giugno dello scorso anno ed appena insediata ho trovato l’isola ecologica sequestrata; il primo lavoro è stato quello di metterla a norma e di efficientarla. Stiamo provando con gli altri sindaci del comprensorio – Canna, Nocara, Montegiordano, Plataci – a costruire un consorzio tra comuni con un’azienda consortile che ci renda autonomi dalla inefficacia dell’ATO. Questa mi sembra l’unica via percorribile.