No perditempo!

Email: redazione@malanova.info


ROSARIO MIGALE. UN RIBELLE DEL NOVECENTO

A cent’anni dalla nascita di Rosario Migale,

partigiano e contadino rivoluzionario del Sud.

Rosario Migale nasce il 31 gennaio 1920, a Cutro, da una famiglia di poveri contadini.

La sua formazione politica avvenne durante la Resistenza, dove trascorse tutti i diciotto mesi nell’alessandrino, partigiano nei Gap, i Gruppi di azione patriottica, portando un valido contributo alla liberazione di Alessandria e della sua provincia.

1945 – Il partigiano Migale

Nel maggio del 1945 ritorna nella sua terra, a Cutro, dove diventa immediatamente un leader nella secolare vertenza nel Mezzogiorno, la lotta per il riscatto delle terre da sempre in mano agli agrari.

Ritroveremo Migale in tutte le grandi lotte per il riscatto del latifondo. Come quella del 17 settembre del 1946, quando avvenne la prima grande occupazione di terre del dopoguerra. E via via tutte le altre, fino ad arrivare al 29 ottobre del 1949, il giorno dell’eccidio di Melissa, quando finì arrestato con altri contadini dopo l’occupazione di un latifondo del Berlingieri a Cutro, lo stesso proprietario del fondo Fragalà a Melissa dove quella mattina arrivò la celere di Scelba per sparare sui contadini.

Dopo l’eccidio di Melissa montò l’indignazione su tutto il territorio nazionale e tutti presero le difese dei contadini poveri del Mezzogiorno. Anche la Democrazia cristiana  corse ai ripari emanando nel 1950 la fatidica riforma agraria che sostanzialmente servì soltanto ad anestetizzare qual grande movimento rivoluzionario contadino.

Con la riforma agraria, Migale fu inizialmente escluso dalle assegnazioni delle terre, assieme ad altri 130 contadini cutresi, e dovette affrontare personalmente, nel 1951, il potente ministro democristiano Amintore Fanfani a Cutro per rivendicare e ottenere quanto gli spettava dopo anni di dure lotte, per lui e per gli altri contadini cutresi. Questo sarà un filo rosso che caratterizzerà l’intera sua esistenza. Al centro del suo impegno politico non ci fu mai il fine utilitaristico, ma sempre l’interesse collettivo.

Nel 1952, Migale le suona di santa ragione al più grande latifondista di Cutro a causa del sequestro del suo grano avvenuto qualche tempo prima. Per non finire in carcere, diventa latitante per due anni. Un anno nel crotonese. Poi, stanco di restare alla macchia nelle campagne, prende il treno e ritorna ad Alessandria, dopo otto anni. Nella città piemontese resta un altro anno, protetto dai compagni ex-partigiani, alcuni diventati parlamentari, come il medico e senatore Carlo Boccassi, il deputato Stellio Mauro Lozza e il deputato Walter Audisio, il famoso comandante Valerio che il 28 aprile 1945, a Dongo, giustiziò Benito Mussolini.

Ritornato in Calabria dopo la promulgazione dell’amnistia per i reati politici e sindacali, ritrovò un contesto sociale totalmente trasformato. La riforma agraria aveva anestetizzato il grande movimento rivoluzionario contadino. La Dc aveva vinto le elezioni a Cutro e si respirava un clima di forte maccartismo. Migale era continuamente sottoposto alle pressioni delle forze dell’ordine e, in alcune circostanze, le vessazioni nei suoi confronti vennero sollevate, a mo’ di interrogazione, al ministro dell’Interno, da parte dei parlamentari comunisti calabresi.

Gli anni Sessanta sono quelli della svolta filocinese. Nel 1963 rompe con la federazione crotonese del Pci. Possiamo ritenere che Sidney Tarrow, nel suo Partito comunista e contadini nel Mezzogiorno, abbia centrato in pieno l’analisi sui rapporti tra Pci e contadini meridionali, e dove l’atteggiamento dei dirigenti comunisti ha determinato il mancato sviluppo di un quadro contadino stabile nel gruppo dirigente della politica meridionale.

Migale costituisce un suo partito a Cutro, il Movimento comunista cutrese, che avrà un’ottima affermazione nelle amministrative del ’64.

Nel frattempo, arrivava con forza il vento della politica cinese di Mao Tse-tung, e per molti rappresentava un naturale approdo ideologico, lo stimolo per riprendere l’attività nell’avanguardia rivoluzionaria. E Migale si lasciò catturare dalla figura rivoluzionaria di Mao, cominciando a stringere significativi legami politici con i calabresi filocinesi.

Il contadino e l’intellettuale

Proprio in quel periodo si rafforza un’amicizia importante tra il contadino Rosario Migale e l’intellettuale Pier Paolo Pasolini. Un’amicizia nata nel 1959, quando Pasolini ricevette il premio Crotone e, allo stesso tempo, una denuncia del comune di Cutro per diffamazione a mezzo stampa.

Tivoli, 1964 – Il vangelo secondo Matteo

Migale non conosceva affatto questo intellettuale friulano, ma ne condivise immediatamente la tensione politica e civile, schierandosi dalla sua parte, sia in consiglio comunale quando si discusse della denuncia, sia a Crotone nella giornata della premiazione quando organizzò un robusto servizio d’ordine allontanando i fascisti facinorosi.

Tra Pasolini e Migale, pertanto, si strutturò un legame significativo nel comune sentire civile e politico e una grande reciproca stima.

Nel 1964 Migale prenderà parte nel film “Il Vangelo secondo Matteo” nel ruolo dell’apostolo Tommaso: un’esperienza importante, emotivamente intensa, dolce e poetica; una parentesi felice nel duro e difficile percorso esistenziale di Migale.

Le Castella, 1964 – Il vangelo secondo Matteo

Non si rivide mai più con Pasolini dopo l’esperienza del film, seppur negli anni Settanta si riscontrano ancora rapporti epistolari dettati da ragioni politiche. In particolar modo nel 1974, con il Pasolini corsaro esposto a denunciare le trame fasciste e stragiste che stavano vergognosamente insanguinando l’Italia in quel particolare momento storico.

Il Mao Tse-tung di Calabria

Ritorniamo indietro.

Il 16 ottobre 1966, nel teatro Goldoni di Livorno, nasce il Pcd’I, Partito comunista d’Italia (marxista-leninista), nello stesso luogo in cui era stato fondato nel 1921 il Partito comunista d’Italia di Bordiga e Gramsci. Il cinese Migale sciolse il suo Movimento comunista cutrese nel nuovo partito marxista-leninista, divenendone un esponente importante per l’Italia meridionale.

Nel 1967 scoppiò la rivolta contadina di Cutro. In una delle tante manifestazioni organizzate da Migale per rivendicare migliori condizioni economiche e sociali per la popolazione, il 7 novembre fu occupato il municipio. Qualcuno mise fuoco all’archivio e le fiamme, in poco tempo, avvolsero tutto l’edificio. Negli stessi giorni, analoga rivolta avvenne nel comune di Isola.

Tutti i media nazionali arrivarono nel Marchesato crotonese per seguire quanto stava accadendo. Si riteneva che la riforma agraria avesse risolto i problemi del Mezzogiorno; così non era evidentemente, se ancora avvenivano questi casi di jacquerie.

Arrivarono anche in massa le forze dell’ordine e decine di contadini finirono in galera. Migale venne rinchiuso nel carcere di Vibo, considerato subito un detenuto illustre, ormai battezzato da tutta la stampa come il Mao Tse-tung di Calabria.

Per portare assistenza legale ai contadini finiti in carcere e aiuto economico alle loro famiglie, arrivò in Calabria il Soccorso rosso con gli avvocati Angiolo Gracci da Firenze, Bianca Guidetti Serra da Torino e Attilio Baccioli da Grosseto.

Da quel momento, tra il partigiano Migale e Angiolo Gracci, il comandante partigiano Gracco, nasce un legame umano e politico che sarebbe durato per tutta la vita: nella fraterna amicizia, nella militanza, nella condivisione degli ideali rivoluzionari.

Cutro, 1972 – Migale e Gracci in comizio

Uscì dal carcere nel giugno del ’68. Nel mese di ottobre, dietro interessamento di Gracco, Migale portò la sua esperienza rivoluzionaria tra i lavoratori di Bologna e gli studenti di Firenze. In particolar modo, la sera dell’11 ottobre, nella facoltà di Architettura dell’Università degli studi di Firenze, davanti ad un numeroso pubblico di studenti delle varie facoltà e provenienti anche dall’Università di Siena e Pisa, Migale parlò delle lotte dell’autunno precedente nel Crotonese e della situazione generale dei contadini poveri in Calabria.

Il discorso di Migale aveva suscitato entusiastici e prolungati applausi. Per la prima volta nella storia dell’università di Firenze, e forse nella storia di tutta l’università italiana, un contadino meridionale, un combattente proletario del sud, aveva parlato agli studenti.

Migale era diventato ormai un’icona del movimento rivoluzionario contadino. La sua casa a Cutro era un punto di riferimento importante per compagni, intellettuali, giornalisti, studenti che volevano conoscere da vicino questo microcosmo rivoluzionario contadino che aveva la capacità di indignarsi, mobilitarsi e lottare per un mondo migliore. La pratica politica era come una continua esplorazione verso forme di riscatto di quel mondo contadino, per una società di liberi e di eguali, attraverso le lotte, certo, ma senza lotte non ci sono conquiste, senza lotte sociali non c’è progresso civile.

Negli anni Settanta, dove scoppiava un focolaio di rivolta nel sud, ritroviamo Gracco e Migale assieme: nel marchesato di Crotone, nelle lotte per i baraccati di Messina, e poi ancora in Lucania, in Sicilia, in Campania nelle lotte a Salerno, nella Piana del Sele e Battipaglia.

Una vicenda storica inesorabilmente segnata

Con il riflusso di fine anni Settanta, anche per Rosario Migale inizia il declino di ogni strategia di movimento in quel mondo contadino che aveva caratterizzato la sua esistenza politica, destinata a consumarsi, fino in fondo, in una vicenda storica inesorabilmente segnata.

Il mondo cambiava rapidamente e quella di Migale diventava roba di un passato romantico, quello delle rivoluzioni contadine, delle rivolte di popolo, quando la politica era un discorso collettivo, appunto di popolo.

Nella solitudine tipica di un anziano, Migale è rimasto fino all’ultimo dei suoi giorni di vita con un metaforico elmetto in testa, capace di sapersi indignare difronte alle ingiustizie che accadevano in qualsiasi posto del mondo.

Cutro, 2 maggio 2009

Si è spento nella sua Cutro il 9 aprile 2010, nell’umile casetta costruita nella riforma agraria, e con una pensione al minimo, una pensione da fame, dopo una vita intera consegnata alla politica.

Questo contadino ha rappresentato una pagina importante nella storia dell’antagonismo politico meridionale. Un militante comunista esemplare, ma ostinatamente ribelle e terribilmente scomodo, sempre pronto a lottare contro qualsiasi potere, e dove ai dettami della propria coscienza non ha mai coniugato l’obbedienza alle regole dei più forti.

Un uomo onesto e coerente con le sue idee, sognatore senza tempo, perché ha creduto nelle lotte degli uomini e non ha mai legato l’impegno politico a fini utilitaristici; e questa, se vogliamo, rappresenta la grande questione morale da insegnare alla politica del nostro tempo e da trasmettere alle nuove generazioni.

L’autore, Pino Fabiano

di Pino Fabiano, autore del libro Contadini rivoluzionari del sud (Premio letterario Internazionale Nabokov 2016 – primo premio per LA SAGGISTICA)

Print Friendly, PDF & Email