Il reggae diventa patrimonio dell’Unesco uno dei Beni Immateriali dell’umanità. Questo a causa del “suo contributo al dibattito internazionale su questioni di ingiustizia, resistenza, amore e umanità“.
Il reggae, questo genere musicale nato nella periferia del mondo, con mezzi poveri e tantissima ricchezza creativa è riuscito a rompere l’isolamento insulare della Jamaica per scavalcare gli oceani ed approdare sulle spiagge di tutti i continenti. Il reggae è diventato voce e megafono delle istanze di tanta gente esclusa ed emarginata da colonialismo e globalizzazione, portando sulle sue ali, sul suo ritmo in levare, il grido dei poveri. Una musica ribelle, I rebel music…..e non possiamo cominciare che da Bob Marley…
Testo Rebel music:
I, rebel music I, rebel music Why can’t we roam this open country Oh why can’t we be what we want to be We want to be free 3 o’clock-roadblock, curfew And I’ve got to throw away Yes I’ve got to throw away Yes I’ve got to throw away My little herb stalk I, rebel music I, rebel music Take my soul and suss me out Check my life if am in doubt 3 o’clock-roadblock And hey Mr. Cop, ain’t got no (What you say down there) Ain’t got no birth certificate on me now
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Traduzione Rebel music:Io, musica ribelle Io, musica ribelle Perché non possiamo percorrere questo paese senza barriere Oh perché non possiamo essere quel che vogliamo Noi vogliamo essere liberi 3 in punto – blocco stradale, copri fuoco E ho dovuto buttar via Sì, ho dovuto buttar via Sì, ho dovuto buttar via La mia piccola scorta d’erba Io, musica ribelle Io, musica ribelle Prendi la mia anima e lasciami andare Controlla la mia vita se sono sospetto 3 in punto – blocco stradale E guarda, signor sbirro, non ho (Quello che dici qui) Ora non ho con me la carta d’identità |
https://www.youtube.com/watch?v=nEGeixI55Ro&feature=youtu.be
Questa “musica popolare” giamaicana non è soltanto stata capace di diventare internazionale ma è stata anche la musa ispiratrice per tanti altri generi che hanno successivamente trovato una loro grammatica ed una loro autonomia artistica. Dall’Hip Hop ispirato dai dj e toasters jamaicani al dub dei tecnici del suono che remixavano brani esistenti, dalla jungle alla musica elettronica.
A questo punto, ci tocca preparare i nostri zaini ed i nostri scarponi per fare una breve escursione tra i sentieri che solcano l’altissimo monte del reggae, il monte SION, esplorando le sue sorgenti ed i fiumi sonori che scorrono sulle sue pendici con tutti i loro affluenti, per capire cosa ha significato questo parto originale della creatività giamaicana per la musica mondiale.
Partiamo dallo Ska, sviluppatosi nei primi anni ’60 del novecento, che affonda le sue radici nel Rhythm and Blues.
Così si esprime David Katz nel suo libro Solid Foundation: “Quando fu ottenuta l’indipendenza dal Regno Unito nel 1962 l’isola festeggiò con lo ska, una creazione ibrida puramente giamaicana. Essendo strettamente legato al movimento indipendentista, ed essendo il primo stile musicale giamaicano ad attrarre un certo interesse all’estero, lo ska è spesso considerato come punto d’inizio del reggae contemporaneo”. (David Katz, Solid Foundation, StampaAlternativa, pp. 15-16)
Il primo brano ska che vi proponiamo è la storica “I’ll Never Grow Old” dei Maytals del 1963, gruppo passato anche dall’Auditorium Popolare del Centro Sociale Rialzo a Cosenza qualche tempo fa…..
https://www.youtube.com/watch?v=s0o6HdaPIFM
E sempre da Cosenza, in una delle prime edizioni del Festival delle Invasioni, sono passati anche gli Skatalites, altra leggendaria ska band giamaicana di cui proponiamo il brano “Ska Boo Da Ba”
https://www.youtube.com/watch?v=8ho04giniuM
Dallo ska passiamo al rocksteady ed al suo ritmo più lento, sulla batteria si scandisce quello chiamato tecnicamente “one drop” che consiste in un colpo secco sulla cassa o sui tom al terzo battito di ogni battutta. Ritmica tipica di tutta la musica ispirata al reggae e che rappresenta la sua carta d’identità insieme al piano ed alla chitarra con il loro andamento “in levare” sulla seconda e quarta battuta
Brano ritmo “One Drop”
Il rocksteady emerse come costola del movimento ska a metà anni sessanta. Venne rallentato il ritmo dello ska, si provò a ritornare ad influenze più statunitensi visto che lo ska aveva provato ad affrancarsene lavorando duramente alla creazione di uno stile con un’identità fortemente giamaicana pur nascendo egli stesso da influenze jazz e R&B, cioè quella musica che veniva ascoltata prevalentemente dal popolo giamaicano tramite le radio americane.
In termini semplici, il rocksteady era uno ska rallentato per metà, con la cassa sulla terza battuta, mentre la composizione degli strumenti era un po’ più povera: infatti il trombone, il sassofono ed in genere i fiati vennero lasciati in secondo piano rispetto allo ska, venendo sostituiti dal piano, e attribuendo al basso un ruolo predominante. Pur attribuendo meno importanza ai fiati, il sax ed il trombone erano comunque ancora molto presenti. La chitarra era suonata sul secondo e quarto battito dei 4/4, mentre il basso enfatizzava la prima e la terza battuta.
Per gustarci le innovazioni di questa costola dello ska proponiamo il brano intitolato proprio Rocksteady di Alton Ellis
https://www.youtube.com/watch?v=3YQKIyiSgFA
Il nostro viaggio sui sentieri del reggae sembra farsi più lento e più quieto. Forse siamo un po’ stanchi ma soprattutto tiriamo il fiato perché successivamente dovremmo pedalare molto velocemente al ritmo della dancehall, della jungle e del dubstep. Infatti, se nella sua prima fase storica il reggae va via via rallentando i suoi Bpm, successivamente riprenderà la corsa fino ad arrivare fino ai 160 battiti per minuto, il ritmo dei rave. Dicevamo, dopo la parentesi rocksteady, il ritmo rallenta ancora, si colora e si arricchisce di contenuti sociali e spirituali. Abbiamo l’esplosione del reggae la cui punta di diamante è rappresentata certamente da Bob Marley e i Wailers ma che interesserà tanti artisti dell’isola ed avrà una prole numerosa in Inghilterra prima ed in tutto il mondo successivamente. La presa di coscienza degli eredi degli schiavi neri deportati dall’Africa, Marcus Garvey che lottò negli Stati Uniti d’America per migliorare le condizioni inumane in cui venivano fatti lavorare i neri, che predicò il ritorno in Africa di tutti i neri del mondo e diffuse, inoltre, una profezia contenuta nella Bibbia amarica, ovvero l’incoronazione in Africa di un Re nero, che avrebbe cacciato il colonialismo, estirpato il male e preparato il continente nero al ritorno della sua gente. Quando il 2 novembre 1930 Ras Tafari Maconnèn fu incoronato imperatore dell’Etiopia prendendo il nome di Hailé Selassié, molti appartenenti della comunità nera Giamaicana vide l’avverarsi di questa profezia e diedero quindi vita al movimento del rastafarianesimo. Lo stesso Marcus Garvey viene considerato da molti Rasta e musicisti reggae, specialmente in Giamaica, una sorta di profeta. Quindi forte è l legame tra reggae e questa nuova spiritualità rasta come forti sono i contenuti politici e sociali rivolti alla richiesta di uguaglianza, alla lotta per i diritti, alla denuncia dell’oppressione del sistema “Babilonia”. Questa ricchezza la assaporiamo ascoltando “Equal Rights” di Peter Tosh….
https://www.youtube.com/watch?v=1SN7Pko_jCM
Ska, Rocksteady e Reggae sono, dunque, la sorgente, il fiume e la foce, l’evoluzione di quell’originale invenzione della creatività musicale giamaicana che ha reso famosa quest’isola sperduta nell’Oceano. Ma, contemporaneamente alla musica suonata dalle band, sorge in Jamaica una originalissima modalità di fruizione del prodotto musicale, forse ancora più importante dei live dal punto di vista dell’evoluzione sperimentale del genere e della diffusione capillare nell’isola e nel mondo della musica Reggae: i Sound System. Vista la povertà molto diffusa tra la popolazione giamaicana, non molte persone potevano permettersi il biglietto dei concerti più importanti e quasi nessuno possedeva degli impianti casalinghi per ascoltare le ultime produzioni musicali. Così, lentamente, nei quartieri più poveri si moltiplicano i luoghi, spesso in mezzo la strada o nei parchi cittadini, dove grazie a potenti impianti audio si diffondono le ultime novità musicali partendo, come dicevamo, dall’R&B per passare allo ska fino al reggae e alla più moderna dancehall. Casse, amplificatore e giradischi, spesso le novità non escono sotto la forma dell’Album, come l’industria discografica ci abituerà solo più tardi, ma dei singoli pezzi. Nel lato B del disco veniva incisa la versione strumentale della canzone che successivamente verrà utilizzata dai dj come base per ulteriori versioni e dai tecnici del suono per ottenere dei remix molto audaci ed innovativi che poi saranno alla base di un nuovo genere molto fecondo: il dub.
A questo proposito la nostra escursione si ferma nei pressi del territorio musicale del Dj giamaicano U-Roy, uno di quelli che utilizzava il lato B strumentale dei dischi e si divertiva ad inventare nuove versioni parlandoci sopra ed inventando nuove rime e strofe, una pratica che sarà ripresa successivamente dai dj hip-hop statunitensi. Ascoltiamo insieme il suo brano “Have Mercy”
https://www.youtube.com/watch?v=s2QYPDIMtA8
Altri invece prendevano le versioni strumentali dei dischi o addirittura incidevano nuove versioni di un brano manipolando, con l’ausilio di un mixer e qualche effetto, il suono della band che suonava live nello studio di registrazione. Nasceva il dub, alcuni ritengono per lo sbaglio fatto da un tecnico del suono che aveva lasciato alzato il volume di un canale effettato del mixer.
Altra tappa, altra stazione, a questo punto il nostro pellegrinaggio si ferma sulle note di African Roots di King Tubby…….
https://www.youtube.com/watch?v=yBi2HpARtSc
….e King Tubby incontra un altro re del mixer, Lee ‘Scratch’ Perry nel prossimo brano che ha per titolo “Come By Yah Dub”, che il DUB sia con voi!
https://www.youtube.com/watch?v=pVr3IkAjGcQ
I primi brani DUB nascono da una strumentazione ancora “primitiva”, con mixer a due o, successivamente, a 4 tracce con gli inserimenti di effetti, primo su tutti l’echo. Successivamente la tecnica e la strumentazione si è sempre più evoluta fino all’era digitale e la musica elettronica ha spiccato il volo. Anche in questo caso un grosso filone “elettronico” attinge dalla musica Reggae e dal suo vezzo di evidenziare potentemente i bassi, su tutti ricordiamo i generi jungle e drum & bass.
Quanto il reggae ed i suoi derivati abbiano influenzato la musica internazionale ce lo testimoniano ad esempio questo brano di David Bowie in cui utilizzò sonorità jungle, brano estratto dall’album Earthling In The City di cui sentiamo Little Wonder
http://www.dailymotion.com/video/x95h2s
Ma influenze reggae le troviamo anche in generi che sembrerebbero molto distanti come il punk. Infatti nell’album sadinista, i Clash fanno un viaggio alla scoperta delle novità partorite da produttori come King Tubby e dalle sue sperimentazioni dub. Il titolo prende spunto dall’organizzazione di guerriglieri del Nicaragua, i sandinisti, che l’anno precedente avevano destituito il presidente Somoza ed anche come risposta al tentativo dell’allora premier Margaret Thatcher di proibire l’uso della parola sandinista. Ascoltiamo “One More Dub” che è la version dub di “One More Time” dei Clash fatta da Mikey Dread, produttore, cantante e dj giamaicano.
https://www.youtube.com/watch?v=Qk_mycRguy8&index=12&list=PLw8I74P–tlVmX53NXBA_YtzoovpSfdlU
E ci congediamo esplorando gli estremi confini dell’elettronica, con un brano del dj statunitense SKRILLEX – Bangarang che utilizza la cifra stilistica del genere dubstep
https://www.youtube.com/watch?v=YJVmu6yttiw&list=RDQMalFwGqv6X5I&index=4
Termina qui il nostro pellegrinaggio sui sentieri del monte Sion alla ricerca della sorgente che dallo Ska al Dubstep passando per reggae, ragamuffin e DUB ha dissetato tante generazioni alla ricerca di vibrazione positive e di un altro modo di vedere le cose del mondo. Una mistica musicale, uno stile di vita che mette al centro i diritti dell’uomo e dell’ambiente naturale che ci circonda, un moto di ribellione contro Babilonia ed il suo sistema opprimente e distruttivo. Un canto di liberazione che sconfigge il drago dalle sette teste con l’aiuto dei micidiali bassi che nascono dai sound system autocostruiti….ricordatevi che….only good system is a sound system