contributo al dibattito sul “Diritto alla Città Ribelle”
di Carlo Cuccomarino
Le nostre città sembrano essere intensamente attraversate, in questa fase storica, da processi e pratiche di appropriazione e riappropriazione dei luoghi, dei propri contesti di vita.
Si tratta, in realtà, di esperienze molto diverse tra loro: dagli spazi verdi autogestiti, agli usi temporanei di spazi abbandonati, all’utilizzazione degli spazi pubblici per attività collettive organizzate, alle occupazioni a scopo abitativo ect. ect.
Di sicuro l’azione e il pensiero politico sono trasformati attraverso la ricomposizione dei legami sociali.
C’è bisogno, in ogni caso, di creare una tessitura incessante di una rete di relazioni sociali ricchissima, una pratica quotidiana di confronto.
Si propone, dunque, un percorso di autoformazione in comune che coinvolga non solo strutture di movimento e realtà organizzate ma che sia capace di coinvolgere gli abitanti attraverso momenti di condivisione, assemblee ed incontri, che facciano possibilmente nascere dibattiti pubblici.
Occorre fare un passo avanti perchè la potenza dal basso di una città si esprime nella pratica sociale di commoning fra gruppi sociali plurali che trattano beni e servizi della città come “comune”, cioè non sottoposti a logiche di mercato, alle politiche di austerity e al pareggio di bilancio e in difesa di ciò che è “comune”.
Si produce così il divenire della resistenza in esercizio di contropotere e autonomia sociale, cioè la costituzione di luoghi di partecipazione diretta e di democrazia assoluta in difesa del divenire potenza comune e dello spazio urbano.
Pensiamo di fatti ai Servizi pubblici locali come “istituzione del comune”:i disagi dei trasporti, il servizio dei rifiuti, l’acqua, il sistema privato sociale nel welfare territoriale e assistenza sociale devono farci ragionare in una ottica di ripubblicizzazione di questi settori. Bisogna riprendere il tema dei settori importanti in un’ottica pubblica che significa ripensare ad un’altra economia del territorio, significa ripensare complessivamente ad un modo organico alla destinazione d’uso delle aree territoriali, a quelle aree dismesse in un’idea per la città sostenibile ed eco-compatibile fuori da tutte le retoriche green capitalistiche.
Sul piano giurisprudenziale, anche qui occorre fare un passo avanti. Rilevare pratiche e categorie giuridiche anche note come “multilevel” che riconoscano una varietà di fonti di diritto e regolamenti giuridici, all’interno delle quali la spinta che proviene dalle istanze sociali sia riconosciuta.
Il piano di lotta e il piano giurisprudenziale, insieme, possono dare luogo a contropoteri sociali in grado di invadere il campo istituzionale.
Da una parte, la resistenza diviene “potere costituente” utilizzando anche fonti del diritto borghese; dall’altra, invece, le pratiche di commoning, incarnano la volontà dei molti nella gestione dei servizi e dei beni pubblici come “comune”.