Di Francesco Cirillo
Pensavamo che la Calabria fosse uscita dalle rotte dei rifiuti tossici, ed invece la recente “Operazione Stige” , messa in atto dal procuratore Gratteri che ha portato all’arresto di colletti bianchi e ‘ndranghetisti, ci fa ripiombare in una triste realtà. Dalle intercettazioni fra i ‘ndranghetisti viene fuori un traffico di rifiuti tossici esistente dall’Ilva di Taranto ai terreni della Calabria. Si parla di dieci, dodici camion al giorno di rifiuti tossici. Non si sa ancora per quanti mesi sia avvenuto questo traffico e soprattutto dove questo materiale sia stato sversato. La Calabria resta quindi meta preferita, ancora del traffico di rifiuti tossici proprio per questa simbiosi fra ‘ndrangheta e amministratori, così come avvenuto nel recente passato. Tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici sversati, nei fiumi, nei terreni agricoli, nelle montagne, nelle dighe, finanche nel cemento per costruire le case, le scuole,i piazzali. Un disastro immane che trova ancora oggi solo silenzi, perché la Calabria deve restare la terra dei turisti, delle meraviglie, dei percorsi naturalistici, e la macchina dei soldi non può essere fermata da qualche malato di tumore. Ci chiediamo tutti , intanto, come sia possibile che una colonna di camion che ogni giorno transita per le strade della Calabria non venga notata dalla POLSTRADA o da altre forze dell’ordine. Forse perché tutti, abbiamo rimosso le tonnellate di rifiuti di zinco sepolti nella sibaritide. Ne sono state trovate solo 35 mila tonnellate, ma ne mancano all’appello oltre 300 mila. Abbiamo tutti rimosso che uno degli accusati nell’ordinanza di arresto avvenuto nel 1989 fu proprio un assessore all’ambiente della Regione Calabria, che poi come avviene nella nostra regione, a meno che non si rubi uno stereo o si fumi uno spinello, tutto venne prescritto ed archiviato. Nessun colpevole, nessun processo, nessuna sentenza. Restano solo i tumori.
In Calabria non possiamo neanche sapere quanta gente muore di tumore in quanto non esiste ancora un serio registro dei tumori. Neanche a parlarne di navi dei veleni. Tutto si è perso e dimenticato. L’attenzione venuta fuori dalle dichiarazioni del pentito Fonti, oramai morto, e dalla manifestazione di Amantea nel 2009 è oramai acqua passata. Di navi dei veleni si parla solo , al momento, nelle aule dei tribunali per le denunce per diffamazione che la Società genovese , Messina ha sparso in tutti i tribunali d’Italia, mentre l’affossatore della nave Cunsky a Cetraro e di tutte le inchieste sulle navi affondate, l’allora Procuratore capo della Dda Grasso, promosso Presidente del senato, è oggi osannato come capo della “sinistra radicale” . Abbiamo scherzato, ma non possiamo dimenticare. Le malattie tumorali aumentano a vista d’occhio e gli ospedali calabresi non riescono nemmeno più a seguire tutti gli ammalati per mancanza di strutture specifiche, macchinari, medici, reparti specializzati. Per esempio solo a Cosenza, Catanzaro e Reggio è possibile fare la radioterapia. Nella costa tirrenica solo a Paola si può fare la chemio ed in una sala con massimo dieci posti. Questo vuol dire lunghe liste di attesa e fuga nelle altre regioni dei malati. L’allarme tumori venne lanciato già una decina d’anni fa dal dott. De Matteis medico di base di Paola che fece una raccordo con altri medici di base della stessa cittadina mettendo insieme le cartelle cliniche di ben 241 malati di tumore della cittadina. Quello che il dott. De Matteis,avrebbe voluto era un’indagine a larga scala coinvolgendo anche gli altri paesi della costa. Secondo la statistica stilata dal medico, nella fascia di età compresa fra i 30 e i 34 anni i giovani si ammalerebbero con una media pari a 2.90 percento rispetto alla media nazionale che è allo 0.74. “Quello che ci vorrebbe , secondo il dottor De Matteis, sarebbe il potenziamento degli strumenti diagnostici e del personale per fare una buona prevenzione “. Come risposta De Matteis così come tutti gli ammalati di tumore , ha solo ricevuto la Chiusura degli ospedali piuttosto che il loro potenziamento. Se non ci sono bonifiche nei terreni della Calabria colpiti dai rifiuti tossici, vuol dire solo che le malattie si propagano come prima. E’ quanto avviene a Crotone dove non è stata fatta nessuna bonifica per quegli interi quartieri costruiti con il materiale tossico proveniente dalla Pertusola, o a Praia a Mare nel terreno antistante la Marlane, o lungo il fiume Noce dove è stato scaricato di tutto, o lungo il fiume Oliva ad Amantea, a San Calogero di Vibo, nella galleria radioattiva della Limina lungo la Rosarno-Gioiosa Ionica. Riguardo al Fiume Oliva nell’ordinanza di rinvio a giudizio fatta dal Tribunale di Paola nei confronti dei proprietari di una ditta accusati di aver seppellito rifiuti di ogni genere compresi rifiuti tossici nel fiume, poi assolti nei due gradi di giudizio, leggiamo che due pescatori abituali di trote in una vasca naturale , luogo che frequentavano fin dal 1993, sono stati colpiti da tumore. Un pescatore è deceduto nel 2009, l’altro è ammalato di “sarcoidosi con interessamento polmonare e linfonodale mediastinico e steatosi epatica ed angioma epatico”. Oggi il fiume Oliva continua ad essere frequentato da pescatori sin dalla foce, e ancora oggi ci si coltiva ed alleva, nonostante che sia stata accertata la presenza di “migliaia di metri cubi di fanghi industriali, di diversa colorazione- ocra,nero,grigio,marrone e verde- con presenza importante di ferro e manganese dispersa nella matrice, rifiuti dell’edilizia, cavi elettrici e rifiuti assimilabili agli RSU ( da alcune decine di migliaia di metri cubi a ca.140 metri cubi) contaminati con metalli pesanti ed altri inquinanti”, e tutto questo determinava, leggiamo sempre nell’ordinanza del tribunale, “ l’avvelenamento delle acque sotterranee del bacino del fiume Oliva, destinate al consumo umano diretto, all’alimentazione di animali di allevamento, alle varie fasi di un impianto di macellazione industriale, all’irrigazione di colture agricole, con il conseguente , successivo, passaggio nella catena alimentare, ove venivano registrate concentrazioni superiori ai limiti di legge per quanto riguarda i solfati, i nitrati, il manganese, il ferro, il tallio, l’arsenico e il cloroformio, con necessità di interventi di bonifica sulle sorgenti secondarie” . A Praia a Mare , ancora oggi, c’è una situazione simile. Sono state accertate le responsabilità di chi ha fatto sotterrare i rifiuti tossici provenienti dalla fabbrica, ma nei due gradi di giudizio anche questa volta assolti. Ci sono a proposito testimonianze, video, foto, accertamenti ed analisi fatte dall’Arpacal e da periti del tribunale di Paola. C’è un nuovo processo in corso , ma intanto i rifiuti sono ancora lì. Il “nuovo” sindaco di Praia a mare, Antonio Praticò , che per altro è il vecchio sindaco, essendo stato dipendente di quella fabbrica sa cosa è successo, ma oggi continua a far finta che in quei terreni non ci sia niente, ed anzi vorrebbe tombare tutto per far dimenticare quella storia. Restiamo speranzosi che questo nuovo caso possa servire a riaprire tutti gli altri casi rimasti aperti.
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