In una giornata afosa, il 28 luglio scorso a Cosenza, il nucleo decoro urbano, capitanato dal solerte ispettore Tavernise, svolgeva controlli ai migranti che sostavano davanti a semafori, supermercati e similari. Un’operazione, questa, che pare sia stata suggerita dalla richiesta del consigliere Cipparrone di verificare i motivi per cui tutti questi ragazzi, ospiti di centri che dovrebbero garantire loro una vita dignitosa e non l’accattonaggio, sostano agli incroci delle strade principali o davanti agli esercizi commerciali cittadini. Gli ultimi scandali sui centri di accoglienza straordinaria (CAS) hanno palesato le gravi inadempienze di queste improvvisate organizzazioni che spesso non erogano i pochi spiccioli destinati ai migranti (i cosiddetti pocket money da 2,50€ al giorno), non offrono un’assistenza sanitaria adeguata e non parliamo proprio delle attività di inserimento lavorativo e di supporto linguistico. Allora, prendendo per buono lo stimolo di Cipparrone, dobbiamo affermare che il problema è che, come al solito, i migranti vengono perseguitati diventando il capro espiatorio di ogni problema mentre i responsabili dei centri rimangono sempre gli stessi, nonostante scandali e denunce.
Ritorniamo al 28 luglio. Il ragazzo strattonato da Tavernise ed accompagnato in caserma, con quel modo di fare “malandrino” utilizzato sempre e solo con i più deboli, è un ragazzo nigeriano che ha partecipato alla rivolta contro il CAS di Camigliatello della signora Falcone, rivolta, lo ricordiamo, innescata dalle condizioni pietose in cui versava quel centro di “accoglienza”. Nonostante questo la signora continua a gestire il centro e a percepire soldi pubblici. La Falcone, infatti, vista la rivolta chiese e ottenne dalla prefettura la revoca dell’accoglienza per gli oltre 15 ragazzi che inscenarono la giusta rivolta. Questa richiesta ha ottenuto l’allontanamento dalla struttura dei ragazzi con nessuna possibilità di essere reinseriti nel programma d’accoglienza.
Per il giovane fratello nigeriano non solo il danno anche la beffa. Ha protestato per avere garantito quei servizi minimi previsti dall’accoglienza presso le strutture ed invece cacciano lui e gli altri dalla struttura. Per questo motivo adesso è costretto a raccogliere qualche centesimo per campare in attesa che la burocrazia faccia il suo corso. Infatti, l’iter amministrativo lo obbliga a non spostarsi da Cosenza prima di aver ottenuto i documenti. Deve attendere in questo limbo.
Questo è la storia di quel ragazzo che il prode Tavernise ha dipinto nella sua relazione come un violento, un ragazzo vittima dell’accoglienza distorta di tante cooperative capaci solo di fare business sulla pelle dei migranti. Le domande sorgono spontanee: la Falcone deve ancora gestire centri in questa provincia? E soprattutto il prefetto quando firma le revoche si chiede che fine facciano i ragazzi? Molti di loro infatti sono costretti a rifugiarsi in qualche tugurio, costretti a vivere in situazioni di degrado impensabili ed indicibili, senza avere nessuno che li guidi nel farraginoso iter burocratico e nonostante le leggi sull’immigrazione dicano chiaramente che la persona vada accolta, accompagnata, protetta. Quindi, quando parliamo di decoro urbano e di violenza proviamo a capire quali sono le vere cause dei problemi. Siete sicuri che sia decoroso ed urbano incassare i soldi dell’accoglienza senza erogare i relativi servizi? Pensate che la violenza sia in chi protesta civilmente per reclamare i propri diritti o in chi con arroganza questi diritti proprio non vuole riconoscere?
MALANOVA VOSTRA!
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