Dal 16 novembre del 2002 al 3 dicembre del 2002 sono stato in carcere accusato di “cospirazione politica mediante associazione al fine di turbare l’esercizio delle funzioni del governo italiano durante il G8 di Genova nel luglio del 2001, di effettuare propaganda sovversiva, di creare una più vasta associazione composta da migliaia di persone volta a sovvertire violentemente l’ordinamento economico costituito nello Stato; di associazione per delinquere, di associazione sovversiva, di attentato contro organi costituzionali, a Genova e a Napoli, di porto di oggetti atti ad offendere, di resistenza a pubblici ufficiali, di turbativa violenta del possesso di cose immobili, di propaganda sovversiva” . Sono stato arrestato assieme ad altri 12 militanti della “Rete del sud ribelle”, una Non-organizzazione formatasi in vista del G8 a Genova. La rete non era altro che un insieme di sigle di comitati, associazioni, sindacati, movimenti, disorganizzata al massimo. Una rete pubblica che si è sempre riunita in luoghi pubblici quali sedi di sindacato e di partiti come quello di Rifondazione Comunista. In vista del G8 sono state compiute alcuni azioni quali l’occupazione di sedi delle agenzie del lavoro dove si sono svolte assemblee con giovani disoccupati e subito liberate dai militanti stessi dopo qualche ora. A Napoli prima ed a Genova dopo, ho partecipato alle manifestazioni così come fecero circa 500 mila altre persone. Mi sono trovato all’interno di incidenti e vari assalti così come ci si sono trovate altre migliaia di manifestanti, aggrediti da ogni parte da reparti dei carabinieri, della polizia e della finanza , che hanno dovuto creare barricate per difendersi dai violenti attacchi ben dimostrati in vari video. Non ho partecipato personalmente a nessun attacco a banche, sedi di partito o di forze dell’ordine. Non ho incendiato niente, né resistito a nessuno in quanto da nessuno fermato durante la manifestazione, ma ho condiviso quanto avvenuto. Sono tornato in Calabria come tanti altri senza alcun fermo. Ma da quel giorno senza saperlo la mia vita così come quella di altri militanti veniva monitorata giorno dopo giorno grazie ad un pool di magistrati guidati dal Pm Fiordalisi della Procura di Cosenza. Dovrei fare una lunga dissertazione su questo magistrato del quale hanno parlato le cronache calabresi agli inizi degli anni 80 e inserito nel famoso rapporto Granero che parlava delle infiltrazioni mafiose nel tribunale di Paola, ma mi dilungherei troppo. Dico solo che questo magistrato ben mi conosceva per le accuse che gli mossi a proposito della “frettolosa” archiviazione sulla nave dei veleni Rosso spiaggiata a Campora San Giovanni nel 1990.
Su di me , considerato, l’ispiratore della rete “sovversiva”, si concetrarono diverse investigazioni. Nella mia abitazione, nuclei specializzati, entrarono di notte in mia assenza per mettere microspie in ogni camera, scassinarono la mia auto per mettervi un rivelatore satellitare e una microspia che scoprii casualmente e che consegnai io stesso alla magistratura, misero in atto pedinamenti che portavano solo a riunioni pubbliche o a cene con amici. Poi venni arrestato. Con quali prove ? nessuna. Non una foto in atteggiamento violento, non un video, né un fermo durante le manifestazioni. Una montagna di intercettazioni, documenti pubblici, che costituirono l’accusa fatta di oltre 30 mila pagine. Un’inchiesta costata ai contribuenti oltre 500 mila euro. Dalle intercettazioni, cardine dell’inchiesta, solo fatti privati, opinioni post Genova, considerazioni politiche e nient’altro. I Ros che avevano preparato un dossier sulla Rete del Sud Ribelle si misero alla ricerca di magistrati nelle procure di Genova e Napoli per istruire il processo non trovandone. Li trovarono a Cosenza. Un blocco di magistrati fatti da Pm,gip, procuratori e sottoprocuratori vari e così finalmente partirono gli arresti e le perquisizioni. Venimmo arrestati come si arrestano i boss ‘ndranghetisti. Case circondate all’alba, paesi messi sotto assedio, carabinieri che sono entrati nelle case con passamontagna e mitra spianati, appartamenti messi a soqquadro alla ricerca di documenti , armi, bastoni, magliette, passamontagna. Niente di tutto questo venne trovato. Intanto fummo tutti sbattuti nelle carceri del sud . Io ebbi un trattamento particolare. In isolamento a Trani, per 15 giorni, senza tv,giornali, privato di tutto, anche dal passeggio con gli altri detenuti, finanche delle medicine omeopatiche e dei miei occhiali da vista. Quando venne il giorno dell’udienza del riesame che si tenne a Catanzaro il 2 dicembre del 2002 ,venni trasferito da Trani nel super carcere di Palmi. Dopo 15 giorni di isolamento decidono di mettermi con altri detenuti ergastolani e mafiosi. Nonostante le mie proteste di lasciarmi in isolamento, alle tre di notte mi fanno entrare nella cella di un boss della ‘ndrangheta di Locri condannato all’ergastolo svegliandolo bruscamente. Volevano evidentemente creare uno scontro, fra me e il mafioso, fare una provocazione, che per mia fortuna non gli riuscì. Al riesame venimmo tutti scarcerati non esistendo alcuna prova. La storia poteva finire lì ed invece ecco un ricorso del solito Fiordalisi contro la sentenza. La persecuzione politica doveva andare avanti a tutti i costi , la procura di Cosenza non poteva fare una magra figura. E la Cassazione, evidentemente anche spinta dal governo in carica, riesce a trovare dei vizi procedurali annullando così l’ordinanza di assoluzione del giudice del riesame . Restavamo tutti liberi, ma, per tre presunti capi della “Rete del sud ribelle” scattava l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria . Una vittoria a metà per la Procura di Cosenza che così poteva preparare il processo. Io ero uno dei tre, e ogni giorno alle ore 12 per 395 giorni dovetti apporre la mia firma nella caserma dei carabinieri di Diamante. La mia libertà venne limitata, non potei spostarmi se non per piccoli tratti e non potei partecipare ad alcuna attività che prevedesse l’allontanamento per una giornata intera. Il 9 luglio del 2004 arriva il rinvio a giudizio firmato dal GUP di Cosenza , Ferrucci ed il processo inizia. Il mio obbligo di firma viene revocato lo stesso giorno dal Presidente del processo. Il processo dura fino al 28 aprile del 2008. Ben 60 udienze tutte svolte nel tribunale di Cosenza che mi costringono ad un andirivieni da Diamante a Cosenza con costi di ogni genere, oltre che tensioni, stress, controlli polizieschi dentro e fuori del tribunale, mentre in altri piani dello stesso tribunale si svolgevano processi a mafiosi dove chiunque era libero di assistervi senza alcun controllo. Ma giunge la piena assoluzione, nonostante le invenzioni da parte del Pm Fiordalisi, che cerca in ogni modo di far passare me e gli altri militanti come i peggiori criminali esistenti in Italia chiedendo senza un briciolo di prova ben dieci anni di carcere per tutti. Addirittura lo Stato si costituisce parte civile chiedendo a noi ben 10 milioni di euro per i danni subiti a Genova e a Napoli. Comunque si fa festa, è una sconfitta piena per questo magistrato alla ricerca di visibilità nazionale e alla ricerca di un posto da magistrato fuori da Cosenza. Il premio arriva comunque da parte dello Stato, ed eccolo procuratore a Lanuesei in Sardegna. Ma la giustizia continua il suo corso. All’assoluzione ecco l’opposizione del Procuratore della Repubblica di Cosenza che arriva il 4 dicembre del 2008. E il 20 luglio del 2010 il nuovo processo. Stesse accuse, stesse imputazioni, stesso stravolgimento delle nostre vite. Si svolge a Catanzaro, con lo stesso clichè di Cosenza ma anche qui veniamo di nuovo tutti assolti. Non c’è niente da fare, il processo non si regge su nulla. La manovra politica intentata dai Ros e dalle varie procure è fallita ma loro insistono ed ecco il ricorso delle procure di Cosenza e Catanzaro in Cassazione per condannarci a tutti i costi. Ma il 21 giugno del 2012 la Cassazione definitivamente ci assolve. Fine della storia. Dal 2002 anno dell’arresto ci sono voluti ben dieci anni per stabilire che tutta la storia inventata era solo una montatura politica nei nostri confronti. Una montatura che mi ha costretto a cambiare la mia vita. Licenziato dal giornale nel quale lavoravo al momento dell’arresto prima di tutto. A spendere una montagna di soldi per la mia difesa, per gli spostamenti fra Diamante, Cosenza, Catanzaro, Roma. Un’immagine che mi ha accompagnato per questi anni e che ha impedito che trovassi lavoro in altri giornali, se non al nero senza contratto nonostante avessi continuato a scrivere su quotidiani e riviste calabresi. Ero un giornalista, competente, conoscitore della Calabria ma comunque scomodo. Ho dovuto fare causa a due testate calabresi per poter essere pagato. Cause vinte, una terza è in corso. Ma lo stress avuto in quei dieci anni mi presentava il conto con un aneurisma aortico e la conseguente operazione avvenuta il 5 giugno del 2013 nella casa di Cura Santa Maria di Bari. Il 17 giugno del 2014 presento io il conto allo Stato per quanto subìto, chiedendo il risarcimento per ingiusta detenzione e per le conseguenze subite sia a livello economico che di salute . Come me anche altri miei coimputati, assolti come me anche loro. Ed il risarcimento arriva ad aprile del 2017. Ma è un risarcimento ridicolo fatto con il calcolo matematico stabilito dal Ministero del Tesoro e che stabilisce 235,87 euro per ogni giorno di detenzione. Questo è tutto, niente risarcimento per gli avvocati, per l’immagine personale deturpata, per la salute danneggiata, per i 395 giorni che mi hanno costretto a firmare presso una caserma dei carabinieri come un comune delinquente. Avrebbero potuto rifiutarci qualsiasi risarcimento e dirci scusate tanto per il disturbo che vi abbiamo dato e risparmiarsi così le 50 mila euro circa totali. Sarebbe stato più coerente per uno stato che difende i forti e tortura i deboli. Certo potrei fare ricorso alla Corte per i diritti umani a Strasburgo, ma per farlo devo prima fare ricorso in Cassazione e quindi aggiungere altri costi ed eventuali penali in caso di rigetto. Ma poi frugando su internet ho visto che anche la Corte di Strasburgo si comporta come tutti i governi nazionali, difendendo questi e non i singoli cittadini. Di conseguenza sarebbe aggiungere spese ad altre spese. Basta anche vedere le misere 45 mila euro dati ai torturati di Bolzaneto per rendersi conto di come agisce la Corte di Strasburgo in caso di risarcimento. Una trappola ben congegnata orchestrata dai poteri dello stato, degli stati, per far fare ai poliziotti, a magistrati, a procure il proprio comodo sulla pelle dei cittadini sconvolgendone a piacimento le vite e limitandone a varie titolo le libertà personali. Posso solo dire che mi è andata meglio del mio primo arresto avvenuto nel 1980. Un anno e due mesi di detenzione fatti di tre mesi di isolamento in una cella di Lucera, un pestaggio nel carcere di Potenza , sei mesi di carcere speciale a Palmi. Arrestato con l’accusa di terrorismo ne uscii con una semplice “cospirazione politica”. Me ne uscii come un mazziniano qualsiasi, senza alcun risarcimento e con il pagamento di ben tre milioni di lire per la detenzione fatta ! Lo stato forse era più furbo, ora più democratico.
Francesco Cirillo giornalista, scrittore, militante ambientalista.
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