Un pomeriggio di riflessione coordinato da Mimi De Paola presso la Camera del Lavoro della CGIL di Cosenza sul tema delle trasformazioni nell’organizazione scientifica del lavoro partendo dal caso dei magazzini Amazon. La presentazione del libro di Marco Veruggio, “Conflitto di classe e sindacato in Amazon. Da New York a Passo Corese”, è stato il fulcro intorno a cui si sono dipanate le diverse argomentazioni ed approfondimenti.
Introduzione
I MOTIVI DI UN INCONTRO
di Mimì De Paola
AG CGIL COSENZA
Il testo intorno a cui rifletteremo nell’incontro di stasera è, a mio parere, brillante in quanto descrive un’organizzazione del lavoro che ha giocato un ruolo cruciale nello sviluppo della logistica e che ha permeato di sé tutta la società. Le idee, i dati, le analisi contenute nel libro ci danno al contempo degli strumenti utili per provare a modificare gli attuali rapporti di forza sicuramente favorevoli alle classi dominanti.
Un libro che colloca il mondo Amazon nell’attuale contesto storico, politico ed economico, analizzato dal punto di vista delle lavoratrici e dei lavoratori e che riflette sulla possibilità concreta di organizzarli sindacalmente per affrontare una situazione abbastanza complessa, fatta di super sfruttamento, controllo quasi militare e scarsissime garanzie e tutele.
Questo rigido controllo su ogni singolo gesto di magazzinieri e driver è giustificato apertamente dal paradigma Amazon in nome di esigenze produttive e di sicurezza. Da parte nostra, non deve sfuggirci l’utilizzo di massa di Amazon per i bassi costi dei prodotti (resi possibili dallo sfruttamento dei lavoratori) e la necessità di rilanciare, come organizzazione sindacale, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, facendo nostri i processi di automazione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. In discussione, infatti, non è lo sviluppo tecnico, ma, come sempre, la proprietà dei mezzi di produzione che, se socializzati, produrrebbero la possibilità di lavorare poche ore al giorno e darebbero a tutti la possibilità di dedicare più tempo alle proprie passioni: arte, musica, poesia…
Una sfida ardua, lo sappiamo, ma le battaglie difficili sono per noi quelle più affascinanti e Soprattutto quelle senza le quali non varrebbe la pena di vivere.
“AMAZONISMO” E NUOVE SFIDE PER IL SINDACATO
di Graziella Secreti
Segreteria confederale Cgil Cosenza
Un dibattito, quello di oggi, quanto mai attuale vista la proclamazione, proprio in questi giorni, dello stato di agitazione dei dipendenti Amazon a causa del mancato adeguamento stipendiale rispetto al rinnovo contrattuale.
Un incontro che cade nella settimana dell’insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti, a cui era presente il gotha del potere economico digitale, tra cui Bezos. Simbolicamente questo rappresenta un passaggio storico importante, perché quel potere economico-digitale che fino ad oggi ha condizionato da dietro le quinte una politica incapace di porre un argine al suo strapotere, adesso si trasforma da burattinaio in soggetto politico tout court, presentandosi in prima persona e senza mediazioni sulla ribalta del potere politico globale. Non bisogna prendere un abbaglio: non sono le multinazionali ad essersi inchinate a Trump (per altro anch’egli un miliardario “prestato alla politica”) ma è Trump stesso che rappresenta o dovrà prendere atto del potere anche politico di queste superpotenze economiche.
Amazon è un colosso economico che nasce negli anni ’90, che nasce alla caduta dei regimi comunisti, alla celebrazione del trionfo di quello che sarà definito neoliberismo. Siamo di fronte a quelle politiche che la Thatcher diceva avevano come obiettivo un “cambio di anima”, un passaggio da una dimensione collettiva ad una dimensione individuale in cui gli Stati rinunciano ad erogare ai cittadini quei servizi pubblici essenziali che non riescono ad essere coperti dalle entrate fiscali: servizi pubblici che verranno delegati ai privati che operano sul mercato e dove emergono quei soggetti capaci di accentrare la ricchezza, dove si generano favolose rendite finanziarie che, con la globalizzazione ed il digitale, sfuggono alla tassazione degli Stati che, come un cane che si morde la coda, diventano sempre più impossibilitati a mantenere il welfare verso i propri cittadini.
Evasione fiscale, non come tratto meramente culturale ed etico ma strutturale, deregolamentazione delle norme sul lavoro e attacco a tutte le tutele conquistate dai lavoratori e consolidamento del potere economico nelle mani di pochi soggetti il cui fatturato oggi supera il PIL di molti stati europei.
Amazon nasce in questo scenario, si è nutrita di questi meccanismi diventando nel tempo leader mondiale nell’e-commerce che ha visto nella pandemia una spinta notevole.
Amazon più degli altri e forse prima degli altri ha avuto la volontà e la capacità di creare un vero e proprio modello di gestione della forza lavoro che, come afferma Sergio Bologna, è divenuto un paradigma così come fu il modello fordista e taylorista. Forse, afferma lo stesso Bologna, non si affermerà il termine “amazonismo” sia perché non suona bene ma anche perché la tecnologia e l’organizzazione del lavoro in questi nostri tempi mutano molto velocemente rendendo impossibile qualsiasi cristallizzazione di un modello stabile.
Il modello Amazon comunque esiste e vede come protagonisti dei lavoratori robotizzati. Le mansioni essendo fortemente parcellizzate non necessitano di particolare perizia o professionalità, non interessa affatto l’anzianità di servizio, la condizione sociale, l’orientamento religioso o sessuale. La forza lavoro è livellata, per Amazon è tutta uguale, l’importante è che sia capace di mantenere il ritmo imposto dalla sua organizzazione per il raggiungimento dei livelli di produttività stabiliti.
I ritmi incalzanti del lavoro, governato dall’algoritmo, hanno come unico fine la produttività e il profitto. Per questo motivo è richiesta al dipendente una disciplina militare capace di una obbedienza cieca agli step lavorativi cui sono formati. Oltre la disciplina il controllo proveniente dagli stessi strumenti digitali utilizzati che raccolgono una montagna di dati, big data, utili all’efficientamento dell’attività lavorativa. Robot umani, dicevamo, che operano in assoluto isolamento, un isolamento programmato in maniera scientifica. L’organizzazione del lavoro in Amazon è scientificamente programmata in maniera tale da disincentivare ogni forma di comunicazione, socialità e quindi di coesione tra i lavoratori.
Disciplina – Controllo – Obbedienza
Un altro elemento è ben sottolineato nel libro intorno a cui stiamo ragionando: l’ansia. Il lavoro in Amazon è caratterizzato da un alto grado di turn over. Il lavoratore non regge molto a questi ritmi e se lo fa’ è solo per quest’ansia che gli proviene dalla precarietà del contratto lavorativo che lo lega all’azienda. Ogni dipendente neo assunto è portato a credere che se lavorerà bene avrà la possibilità di veder prorogato il suo contratto a termine per un’altra settimana, un altro mese o per sei mesi – nn ci sono criteri stabili – fino a raggiungere dopo l’anno ad un contratto a tempo indeterminato. Ma questa narrazione meritocratica in realtà è solo un espediente per trarre il massimo da ogni dipendente che, come Amazon sa’, prima o poi lascerà perché impossibilitato a reggere un carico di lavoro così estenuante. Robot, appunto, ma ancora troppo umani. Il rinnovo del contratto a termine non è effettivamente fondato su elementi oggettivamente valutabili: è possibile che venga rinnovato un lavoratore che ha un rendimento minore di un altro. La temporaneità del rapporto lavorativo è proprio un elemento fondativo dell’organizzazione del lavoro in Amazon. La temporaneità genera scientificamente una condizione psicologica nel dipendente che lo isola dagli altri nella competizione a raggiungere l’obiettivo di una stabilizzazione che è già programmato che non arriverà mai e la medesima condizione che lo spinge, nel breve lasso di tempo del turn over fisiologico, a concentrarsi solo sull’obbedienza agli step lavorativi prestabiliti dal software gestionale che gli parla attraverso il monitor in dotazione nella sua postazione.
Questi elementi hanno delle implicazioni di carattere generale. Se è vero quello che dicevamo in premessa e cioè che il potere economico diventa direttamente anche potere politico e se il lavoratore del domani viene addestrato all’obbedienza, possiamo vedere un collegamento sociale drammaticamente importante.
I manganelli sugli studenti dei nostri giorni sono correlati alla gestione dei lavoratori in Amazon?
C’è un collegamento tra la gestione militare del lavoro in Amazon con quello che di recente il professore Tommaso Montanari ha chiamato “l’occupazione militare delle coscienze” parlando dei provvedimenti del ministro Valditara sulla scuola?
C’è un collegamento tra la criminalizzazione del dissenso proveniente dal DL Sicurezza ed un modello scientifico di organizzazione del lavoro che fa’ del controllo del dipendente una sua priorità?
Anche lo stesso concetto di legalità può venire distorto in tal senso. Da un concetto che ci vede tutti subordinati a delle regole condivise ad un concetto che impone le regole solo ai subordinati e non anche a chi la regola la emana. In tal senso la legge diventa un ordine verso i governati funzionale ai governanti per la gestione del loro poter economico-politico. Un potere economico-politico che si sgancia sempre di più da un’organizzazione democratica. Non assisteremo, molto probabilmente, in un prossimo futuro ad un conflitto tra destra e sinistra, tra neoliberismo e giustizia sociale, ma ad una opposizione tra democrazia e tecnocrazia oligarchica. Questo perché, se il potere economico ha delle ambizioni politiche, se Musk vuole andare su Marte, capite che lo strumento democratico è troppo obsoleto e lento per raggiungere immediatamente tali obiettivi. Serve un potere decisionale rapido e veloce in funzione del potere economico.
Se il modello è questo non si parlerà più di lavoro stabile, a tempo indeterminato; se il modello è questo non ci porremo più il problema della sicurezza su lavoro. Anche su questo tema Amazon ha la capacità di adattarsi al territorio su cui si insedia. In America, ad esempio, negli stabilimenti di Amazon si registra un 20% in più di infortuni sul lavoro rispetto all’Italia. Questo è dovuto al fatto che la legislazione sulla sicurezza è molto più blanda rispetta alla legislazione presente nel nostro paese. Per questo motivo, in Italia, Amazon è molto scrupoloso nell’osservare le misure di sicurezza sul lavoro per i propri dipendenti ma tende a bypassare le stesse norme scaricando l’onere sulle ditte facenti parte della sua galassia di appalti esterni.
Nel libro di Marco, che nasce da un lavoro di inchiesta con tante interviste dirette ai lavoratori, molti dipendenti delle aziende appaltatrici di Amazon denunciano un trattamento diverso rispetto ai dipendenti veri e propri ed una mancanza di sicurezza abbastanza evidente.
Con Amazon ed il suo modo di produzione, purtroppo, dobbiamo convivere ma il sindacato deve comprendere bene come rappresentare i diritti dei lavoratori in contesti così nuovi. L’azione paternalistica di Amazon che prova ad escludere ogni tipo di mediazione sindacale nella contrattazione tra azienda e dipendente deve essere erosa affinché il lavoratore non sia isolato rispetto al capitale ma possa collettivamente ed in maniera organizzata rivendicare i propri diritti. Il sindacato stesso, trattando con un’azienda globale, deve strutturarsi, unirsi almeno a livello europeo. Proprio nel lavoro di Veruggio, è riportata la storia dello sciopero in Germania del 2014 dei lavoratori Amazon che non ebbe alcuna efficacia perché l’azienda si rivolse ai magazzini in Polonia per bypassare il momentaneo stop dei magazzini tedeschi. Bisogna, dunque, trovare nuove forme di lotta, e nel frattempo consolidare la presenza attuale del sindacato che c’è negli Stati Uniti ma ancora di più proprio nel nostro paese, penso allo stabilimento di Colleferro o dello sciopero riuscito del 2021.
Amazon ci dice anche che esiste una nuova classa operaia, quella che diventerà la classe operaia del futuro, caratterizzata da un numero vastissimo di lavoratori con basse qualifiche, senza specializzazione ma dotati di tanta obbedienza e disciplina, con grande flessibilità tra lavoro e non lavoro. Questa flessibilità, magari, renderà necessaria una forma di reddito sussidiato come il reddito universale o di cittadinanza pensato proprio a misura delle esigenze aziendali.
Bisogna, allora, intercettare i nuovi bisogni di questi lavoratori, inserirsi nel discorso di un turn over molto veloce che, se da una parte blocca la cristallizzazione di forme organizzate e sindacalizzate tra i lavoratori, d’altra parte rende il lavoratore precario più propenso alla lotta visto che non ha nulla da perdere, proprio perché sa che alla fine dei tre mesi o dei sei o al massimo dell’anno andrà a casa. Bisogna lavorare anche alla rappresentanza e all’organizzazione politica di tali gruppi sociali e die loro bisogni, altrimenti si rende insipido quel sale della democrazia che consiste nel conflitto fra esigenze diverse tra capitale e lavoro.
PARTE SECONDA