Altri contributi alla riflessione alla presentazione del libro di Marco Veruggio, “Conflitto di classe e sindacato in Amazon. Da New York a Passo Corese”.
Michele De Rose, Segretario Nazionale della Filt CGIL, ha ricordato come proprio in questo periodo il Sindacato ha dischiarato lo stato di agitazione per tutto il personale Amazon in Italia. Il motivo scatenante della protesta è stata la percezione dell’intenzione dell’azienda di non voler procedere, dal mese di gennaio 2025, all’erogazione di quanto previsto dal rinnovo del Contratto Nazionale Logistica, Trasporto Merci e Spedizione. Il dato particolare, sottolineato dal sindacalista, è che in Italia, unico caso al mondo, si è riusciti ad imporre all’azienda la firma di un accordo che prevede un sistema di relazioni sindacali e l’individuazione di temi su cui articolare il confronto tra le Parti, alcuni dei quali a livello nazionale, altri a livello territoriale. Si è ampliata la sindacalizzazione dei lavoratori ed Amazon ha dovuto accettare il sistema italiano regolato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Amazon, spiega De Rose, in una prima fase definiva autonomamente le politiche retributive, ritenendo essere suo appannaggio esclusivo il rapporto con il dipendente, non assoggettato a mediazione alcuna. Con l’accordo sulle relazioni industriali del 2021, dopo uno storico sciopero contro l’azienda, il tema dello stipendio del personale è diventato elemento di negoziazione tra sindacato e azienda. La contrattazione del 2024 è slittata proprio a causa della ridefinizione del CCNL del comparto che è stato rinnovato solo lo scorso 6 dicembre 2024. A questo punto “è emerso che “Amazon ha messo in previsione che le retribuzioni del 2025 non modifichino quelle del 2024 e quindi non applicherebbe di fatto la parte economica del nuovo contratto. Le motivazioni addotte dall’azienda sarebbero relative alla necessità di rifare la previsione dei costi e la definizione del budget; a ciò si aggiungerebbe che esiste già per i dipendenti un trattamento economico superiore alla retribuzione prevista dal rinnovo del CCNL”. I lavoratori hanno evidenziato la scorrettezza dell’azienda americana che non vorrebbe riconoscere alcun incremento retributivo dal rinnovo del CCNL e hanno dichiarato lo stato di agitazione. La mobilitazione si trasformerà in sciopero se Amazon non adeguerà le retribuzioni riconoscendo gli incrementi economici previsti dal nuovo Contratto Nazionale. È interessante, comunque, evidenziare come, mentre nel mondo Amazon stabilisce in autonomia i livelli di retribuzione senza minimamente pensare a forme di contrattazione, in Italia la piattaforma rivendicativa del sindacato é riuscita a creare forme di contrattazione e a sottoporre il rapporto lavorativo al contratto nazionale di lavoro. Proprio lo sciopero dei lavoratori italiani del marzo 2021, che ha messo insieme i lavoratori degli appalti con quelli dell’azienda in un’unica piattaforma rivendicativa, è da considerarsi il primo esempio mondiale di protesta organizzata contro il colosso del commercio on line. Il Contratto Nazionale Logistica, Trasporto Merci e Spedizione si applica a circa 1 milione di lavoratori e lavoratrici in Italia. Il settore della logistica, è giusto ricordare, vale oramai circa il 10% del PIL del nostro Paese. Non è tutto rose e fiori, ha proseguito il segretario Filt, ma il sindacato in Italia sta facendo tutto il possibile per portare un colosso economicamente e politicamente così potente ad accettare un ruolo di mediazione, per altro inscritto nella nostra Costituzione. Al di là della vertenza sulla della retribuzione, rimane forte anche la questione del turnover molto accentuato, nei magazzini e tra i driver, soprattutto riconducibile agli onerosi carichi di lavoro.
Maite Tapia (1), professoressa di relazioni industriali in Michigan, ha ricordato la sua personale esperienza lavorativa in un magazzino di Amazon dalla quale è scaturita la sua ricerca degli ultimi due anni. Da questa posizione “privilegiata” è riuscita a cogliere il grado di sorveglianza di Amazon sui dipendenti e soprattutto sui dipendenti razializzati. Innanzitutto, la ricercatrice ha affermato che le condizioni dei magazzinieri di Amazon negli Stati Uniti, partendo dalle sue interviste in Alabama principalmente ma anche in tutti gli States, possono definirsi militarizzate. Pratiche che si ripercuotono come controllo sui corpi dei lavoratori e, in particolare modo, sulla forza di lavoro ‘nera’. I dipendenti sono sottoposti ad un’obbedienza quasi carceraria. Il controllo è fortissimo. La sorveglianza intensiva, incessante, per monitorare la produttività e anche l’attività sindacale. Questa pervasività del controllo è visibilente percepita, ad esempio, dalla quantità di telecamere installate in magazzino e nei parcheggi. C’è una sorveglianza informatica attuata attraverso le azioni, lo scanner, il software di magazzino etc… L’algoritmo testa il ritmo di lavoro e avverte l’operatore quando è troppo lento e lo invita a velocizzare l’azione. Anche il tempo trascorso in bagno viene monitorato. Persino la polizia pubblica e la sicurezza privata sono utilizzate da Amazon per sorvegliare i lavoratori. I poliziotti pubblici vengono retribuiti, fuori dell’orario di lavoro, per sorvegliare i dipendenti Amazon che hanno quindi la viva sensazione di essere come in carcere, sorvegliati dalla polizia della loro stessa città. All’interno dei magazzini Amazon lo stile di lavoro e tipo quello di una piantagione. Siamo ad un livello di tipo schiavistico. Sono i lavoratori stessi, così come si evince dalle interviste, a definirsi schiavi moderni, prosegue la ricercatrice. In Italia è abbastanza diverso che negli States. In America, i padroni hanno meno lacci e possono utilizzare più liberamente la forza lavoro. I sindacati sono molto più deboli. Il lavoro di magazzino comunque è molto standardizzato e quindi è sostanzialmente uguale a New York come a Passo Corese. Le interviste ai lavoratori in Italia come in Alabama restituiscono elementi comuni come la sorveglianza, i tempi di lavoro: l’algoritmo che detta i tempi di questa modalità schiavistica di organizzazione del lavoro che anche in Italia è definito disumano. Tutto è finalizzato alla produttività. In Italia, Amazon utilizza abbondantemente per il reclutamento agenzie private per avvantaggiarsi al meglio dei buchi nelle maglie della legge. Mentre in America non ci sono molte differenze tra i lavoratori perché sono tutti ugualmente e facilmente licenziabili, in Italia è diverso l’uso che si fa del lavoro a tempo determinato. Innanzitutto sono lavoratori più performanti, soprattutto agli inizi del rapporto lavorativo, perché hanno ancora il sogno della sistemazione definitiva. Attendono con ansia i messaggi dal sistema Amazon che li richiama al lavoro e che non gli consentento tanta libertà di organizzare la propria vita. Un lavoratore ha riferito di non essere potuto andare in vacanza d’estate perché era in costante attesa di essere chiamato anche nei week end. Ovviamente, è chiaro che Amazon osteggia frontalmente il sindacato e la sindacalizzazione negli Stati Uniti. Al momento solo un magazzino a New York é riuscito a sindacalizzarsi ma ad oggi non c’è’ stata alcuna contrattazione con l’azienda. In Italia, invece, esiste un accordo di settore nazionale, esiste un protocollo, diversi magazzini hanno l’RSU e l’RSA o anche l’RLS, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e la prevenzione dei rischi alla salute. In Italia si è anche iniziato a contrattare nel merito dell’algoritmo utilizzato per l’organizzazione del lavoro mentre negli States ancora non ci siamo arrivati e quindi è interessante per noi in America studiare il cammino del sindacato italiano.
Marco Veruggio (2), continuando il giro di approfondimento, spiega che il tema Amazon non riguarda solo l’azienda Amazon ma è interessante perché incarna un paradigma dell’organizzazione del lavoro futura. Ecco perché alle nostre presentazioni ci sono molti giovani che percepiscono questa attualità e pervasività, praticamente militare, del modello Amazon. Anche l’ingresso di Amazon in Italia è avvenuta seondo una strategia che ha seguito la logica di una occupazione militare di un paese: oggi è onnipresente dal Nord al Sud. A dire di più, la stessa logistica è una disciplina che nasce in ambiente militare per escogitare metodologie razionali per rifornire di beni i soldati al fronte. I magazzini Amazon si sono moltiplicati con il passare del tempo rendendo sempre più fitta la sua rete logistica. Se riprendiamo nella mente l’immagine dei miliardari presenti alla cerimonia di insediamento di Trump, possiamo vedere chiaramente i padroni del potere negli USA. La sola Amazon è presente in cinque continenti e lo è in maniera capillare. In Africa è presente solo in Egitto ma è capillarmente presente in Europa e nei principali centri asiatici e del Sud America. I lavoratori sono oltre 1 milone e mezzo in tutto il mondo. 200 milioni sono gli abbonati ad Amazon Prime. Possiede un fatturato di irca 600 miliardi di dollari, superiore al PIL dell’Austria. Questi i dati della potenza economica e politica di questa azienda.La sua corsa inizia dalla vendita dei libri per poi allargarsi a quasi tutte le categorie merciologiche. Amazon arriva fino a fornire il servizio cloud alle forze armate americane e israeliane. Il Washington Post è di Bezos. L’intero catalogo della Metro Goldwyn Mayer è stato comprato da Bezos. Amazon utilizza le nuovissime tecnologie applicate alle antiche organizzazioni scientifiche del lavoro: fordismo e taylorismo. Il lavoratore che svolge azioni sempre più semplici è ancora più alienato rispetto al lavoratore descritto dall’analisi marxista ottocentesca. Gli articoli vengono messi sugli scaffali alla rinfusa per essere meglio individuati e per evitare affollamento di operatori intorno ad uno stesso scaffale. Una Bibbia tra un Big Jim ed una lampada è più visibile che in mezzo ad una pila di libri. Il ritrovamento dell’oggetto cercato avviene grazie ad uno scanner che è fondamentale per il magazziniere. Il lavoratori non sono che un’appendice del software gestionale, considerati alla stregua di una commodities, una materia prima indistinta: non importa l’età, la razza, li sesso ma interessa solo il ivello di produttività che spesso non può essere garantito che per brevi periodi, spesso un anno o due. Molti lavoratori vanno via molto prima: da qui l’utilizzo di molta manodopera interinale. I lavoratori che passano da tempo determinato a tempo indeterminato sono solo il 30,3%. Addirittura i lavoratori impiegati da molti anni sono incentivati, pagati per lasciare il lavoro. La militarizzazione è molto forte. I sindacalisti che provano a parlare con i lavoratori sono dissuasi anche attraverso le forze di polizia pubblica che, come sottolineato su da Maite, vengono pagati da Amazon per fare dei turni fuori dal loro proprio orario di lavoro. Ovviamente, nei magazzini è vietato parlare tra i lavoratori. La disciplina è fortissima e necessaria per garantire il metodo di produzione specifico dei magazzini. Molto spesso Amazon, proprio per questo motivi, si rivolge nel suo reclutamento a ex soldati che hanno un alto livello di disciplina dovuto all’addestramento militare. Bezos li ha soprannominati Amazon’s Warriors. Anche in Italia ci sono due stabilimenti, uno in Puglia e l’altro in Lombardia, che sono diretti da due ex ufficiali, uno dell’esercito e uno della marina. In un nostro studio, in uno dei primi colloqui con Charmaine Chua coautrice del libro, è uscito fuori che l’organizzazione della rete lavorativa di Amazon segue l’organizzazione della rete internet che come sappiamo viene fuori da esigenze militari. Internet, organizzata in nodi, permette di bypassare un nodo al momento non funzionante o irraggiungibile. Dall’altro lato internet ha bisogno di nodi più importanti chiamati hub che creano forti disagi e disfunzionalità in caso di malfunzionamento. Amazon è vulnerabile proprio a causa del suo tipo di organizzazione ed è particolarmente sensibile al consenso pubblico. L’immagine dell’azienda è fondamentale. Per questo, ad esempio, Amazon non pubblicizza i suoi prodotti ma i suoi lavoratori. Vediamo pubblicità con lavoratori di ogni razza e genere che lavorano sorridenti. I mega magazzini Amazon, inoltre, sono molto seducenti anche per i sindaci: l’azienda riesce così a lucrare dai comuni condizioni favorevoli per la costruzione di un hub logistico nel loro territorio mettendo sul banco tanti soldi e soprattutto molte assunzioni. La costruzione di un Hub significa anche gestione di appalti per strade, sottoservizi, indotto etc.. etc..Amazon, comunque, ha investito tutto sul tempo. Se i pacchi non arrivano per come preventivato questo diventa un grosso danno all’immagine dell’azienda. Ritornando a volo sulla sindacalizzazione, la prima RSU in Amazon fu aperta a Piacenza ma solo dopo il Covid e le problematiche relative alla sicurezza sollevate dai dipendenti. Successivamente, dopo lo sciopero del 2021, il sindacato sempre più ha preso piede in molti magazzini arrivando al primo protocollo e poi al contratto.Quindi, ha concluso Veruggio, dalle esperienze narrate pare che sia possibile trovare dei vulnus nel gigante Amazon, è possibile una qualche forma di sindacalizzazione dei lavoratori, ma come diceva una dipendente polacca, Amazon pensa globale, anche i lavoratori ed i sindacati devono pensare globalmente. L’obiettivo per cui è nato questo libro, non è quello di fare dei voli intellettuali ma quello di mettere a disposizione alcuni dati e degli elementi di riflessione colti dalla vicinanza con i lavoratori per arrivare a fare capire che anche Amazon può essere contenuta se non anche battuta.
NOTE:
(1) docente associata di Sistemi occupazionali comparati e autrice di numerosi studi su Amazon tra cui
“La militarizzazione dei rapporti di lavoro: sorveglianza razzializzata e controllo dei lavoratori nei centri di distribuzione Amazon”
(2) scrittore e giornalista di puntocritico.info
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