Presentiamo “Schiavi della Vendetta”, un dossier scaricabile gratuitamente su ergastolo ostativo, carcere e 41bis, scritto da Luna Casarotti dell’Associazione Yarahia che si occupa da decenni di tale tematica dentro e fuori dalle carceri.
Il regime del 41-bis infligge una tortura silenziosa con effetti devastanti sia sul piano psicologico che fisico.
Tra le conseguenze più gravi vi sono i disturbi mentali, che colpiscono in particolare gli individui più vulnerabili, privandoli della dignità e della possibilità di interagire con l’esterno. Un esempio di questo deterioramento è rappresentato dalla sindrome di Ganser, un raro disturbo psichico che si manifesta con risposte a semplici domande che vengono definite “approssimative”. I detenuti che ne soffrono possono mostrare comportamenti incoerenti e soffrire di amnesie dissociative, aggravate dallo stress estremo e dalle condizioni inumane di detenzione. Ricerche scientifiche hanno confermato che la privazione sensoriale prolungata può dar luogo a disturbi cognitivi e psicotici, tra cui allucinazioni, paranoia e dissociazione. La carenza di stimoli esterni, come luce naturale e interazioni umane, compromette le normali funzioni cognitive. Ricercatori dell’American Journal of Public Health hanno documentato che l’isolamento prolungato può portare a depressione, ansia, istinti suicidari e, in casi gravi, disturbi psicotici come la psicosi carceraria.
Un riferimento significativo per comprendere la logica del regime del 41-bis è il Manuale Kubark, redatto dalla CIA negli anni Sessanta per definire e organizzare le varie tecniche di interrogatorio psicologico. Questo documento, considerato una guida operativa per ottenere informazioni da soggetti “resistenti”, descrive in dettaglio una serie di tecniche basate sull’isolamento sensoriale, la privazione delle necessità fondamentali e la manipolazione del prigioniero, al fine di disgregarne la stabilità mentale e indurlo a cooperare. Tra queste tecniche vi sono la privazione del sonno, l’uso del silenzio e dell’isolamento, il confinamento in spazi angusti, considerate particolarmente efficaci per abbattere la resistenza psicologica. L’obiettivo non è tanto quello di infliggere dolore fisico, quanto piuttosto destabilizzare il prigioniero, portandolo a una condizione di totale vulnera-bilità emotiva e mentale. Il detenuto, privato della possibilità di interagire con l’ambiente esterno, inizia a perdere il contatto con la realtà, a soffrire di allucinazioni, ansia e paranoia, riducendo la capacità di razionalizzare la propria volontà. Queste tecniche, pur non ricorrendo alla violenza fisica, vengono generalmente considerate una forma di tortura psicologica e possono produrre danni irreversibili alla salute mentale.
Un viaggio infernale tra 41-bis, ergastolo e tortura psicologica.
ASSOCIAZIONE YARAHIA
Il regime del 41-bis, caratterizzato da severe misure di isolamento, si traduce in un costante e preoccupante esempio di abuso di potere all’interno del sistema penitenziario, disumanizzando i detenuti e riducendoli a meri strumenti da controllare. Questa modalità di detenzione, concepita per raccogliere informazioni e mantenere il predominio su prigionieri considerati pericolosi, infligge una tortura silenziosa con effetti devastanti sia sul piano psicologico che fisico.