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“Enotria”: Impatto visivo e colonizzazione energetica in Calabria (II)

Una volta analizzate nel precedente articolo (link) le specifiche tecniche del Parco eolico flottante “Enotria” – che dovrebbe sorgere nel Golfo di Squillace – e confrontate le analisi progettuali con altri studi provenienti da associazioni ambientaliste e dalla Corte dei Conti Europea, è quasi inutile sottolineare che l’impatto visivo, nel caso degli impianti eolici, è quello maggiormente problematico.

Su questo punto insistono le maggiori critiche agli impianti eolici (di terra o marini) da parte dei movimenti ambientalisti o da critici d’arte come Sgarbi che ha condotto e conduce una campagna personale contro i “mulini eolici”. L’impatto sul paesaggio è sicuramente molto forte ed invasivo e tale da provocare gravi ferite in aree particolarmente belle dal punto di vista naturalistico e di interesse turistico.

Seguendo, però, le analisi corredate al progetto, tutto questo non si evince o è quantomeno contraddittorio. L’impatto visivo risulterebbe basso nel tratto di costa più prossimo al parco eolico; dagli arenili più vicini all’opera, situati tra i comuni di Sant’Andrea dello Jonio a nord e Roccella Jonica a sud, la percezione delle turbine eoliche sarebbe tale da non incidere sul paesaggio mentre nella restante parte del litorale ionico calabrese l’impatto visivo sarebbe trascurabile o nullo. L’unico problema sollevato è che l’intero Parco Eolico si situa in un’area geografica particolarmente apprezzata per le sue bellezze paesaggistiche. Molti sono gli scorci collinari che permettono una visuale mozzafiato del contesto rurale e marittimo.

Nel tratto di costa considerato, come precedentemente descritto, si alternano promontori rocciosi e tratti di costa più bassa e lineare. I punti di maggior interesse panoramico sono quindi rappresentati dai promontori, che a partire da nord si individuano in Capo Rizzuto, Le Castella, Copanello, e Caminia. In corrispondenza di questi elementi sono presenti numerosi punti panoramici, che offrono scorci caratteristici del mare e della costa nel suo complesso, creando delle relazioni visive tra un promontorio e l’altro. […] Spostandosi nell’entroterra, nel tratto tra Squillace e Caulonia il sistema collinare e poi montuoso a ridosso dà luogo a un territorio ricco di punti di visuale, costellato di vere e proprie balconate panoramiche che guardano verso il mare e verso la costa. In alcuni borghi dell’entroterra, quali Riace, Monasterace, Santa Caterina dello Ionio, Badolato, e Monasterolo (per citarne alcuni) sono presenti scorci caratteristici che creano relazioni visive interessanti tra il mare, la costa, il sistema collinare e gli agglomerati urbani. […] Allo stesso modo le strade che perpendicolarmente alla costa collegano i borghi dell’entroterra con la SS 106 generano dei percorsi viari con chiare caratteristiche panoramiche […]. Assume caratteristiche panoramiche di interesse l’area archeologica di Kaulon ed il vicino faro di Punta Stilo presso Monasterace, grazie alla loro posizione leggermente rialzata e al valore storico – culturale di entrambi i siti”.[1]

L’analisi progettuale continua affermando che il Parco Eolico nella sua parte marittima determinerà impatti a livello paesaggistico durante la fase di esercizio in quanto produrrà interazioni con lo skyline marino (sostanzialmente piatto e privo di isole o altri elementi naturalistici) generando visuali inedite tra il paesaggio costiero e marino. “Il Progetto non determinerà impatti diretti sulla costa o su aree sottoposte a vincolo paesaggistico, ma modificherà la relazione visiva tra queste e il paesaggio marino. Terraferma e mare sono infatti un ambito paesaggistico con una forte interrelazione e modifiche al contesto marino, possono determinare modifiche alla percezione che si ha del mare dalla costa”.[2]

Una grande incongruenza si nota, però, tra il paragrafo 4.4.3 del progetto dove alle voci “Interesse storico-artistico”, “Panoramicità”, “Fruizione paesistico ambientale” vengono assegnati valori di sensibilità paesaggistica alti o medio-alti con il paragrafo 5.2.1 che nega particolari impatti paesaggistici sia a livello di arenile che dall’entroterra e dai punti panoramici situati presso i centri storici dei borghi collinari.

“L’impatto visivo è essenzialmente basso nel tratto di costa tra Sant’Andrea dello Jonio a nord e Roccella Jonica a sud […] per un tratto di costa di circa 40 km. Nelle restanti porzioni di costa l’impatto risulta trascurabile, circa 111 km. Allontanandosi dalla costa verso l’entroterra, l’impatto risulta basso fino a circa 25 km di distanza dagli aerogeneratori, mentre […] oltre i 25 km di distanza dagli aerogeneratori più prossimi alla costa l’impatto risulta trascurabile”.[3]

Ancora di più risalta l’incongruenza analizzando la chiusura del paragrafo dove in sintesi si afferma che il paesaggio è stato sempre modificato dall’azione umana e dagli eventi naturali e che il Parco Eolico non farà che aggiungere una nuova stratificazione moderna alla lunga evoluzione del paesaggio:

“Si ritiene quindi che il Progetto si inserisca in un contesto paesaggistico in continua evoluzione, inserendosi all’interno di dinamiche di trasformazione avvenute in epoche storiche passate e che ne hanno determinato le caratteristiche paesaggistiche attuali. Il Progetto potrà quindi stabilire delle nuove relazioni visive, di linguaggio e di funzione con gli elementi che attualmente compongono il paesaggio, andando ad aggiungere una nuova stratificazione che rappresenta la sfida del vivere contemporaneo”.[4]

Non si capisce, dunque, come sia possibile prospettare in un paragrafo un impatto visivo del Parco eolico etichettato con termini che vanno da “basso” a “trascurabile”, e passare poi nel paragrafo successivo all’asserzione di come l’impianto eolico potrebbe creare una nuova stratificazione paesaggistica generando un’evoluzione dello skyline attraverso nuove relazioni visive. La forbice, come ammesso nello stesso elaborato progettuale, in realtà si genera nelle valutazioni soggettive e nelle priorità politiche del mondo attuale. Il dilemma sta nel pesare le varie sensibilità ed i vari impatti. In buona sostanza: quanto siamo disposti a cedere rispetto all’impatto ambientale e paesaggistico e alla perdita dell’ambiente marino naturale con l’evidente disturbo per la flora e la fauna marina per favorire un impatto energetico positivo sulla produzione di CO2 e sui cambiamenti climatici globali? Integrità paesaggistica, benessere animale o integrità climatica?

Questo è l’enigma che la grande mole della documentazione progettuale, e gli stessi proponenti l’opera, lasciano ai cittadini e alle istituzioni affinché possa essere da loro risolto.

E’ bene ricordare, a questo punto, come “su scala nazionale, la Calabria, con 440 impianti eolici – il 70% è nelle province di Crotone e Catanzaro – contribuisce per il 7% alla produzione di energie rinnovabili (il 10% in termini di potenza installata) e di fatto potrebbe raggiungere l’autosufficienza energetica”[5]. La Calabria produce più energia di quella che consuma (Malanova 2022), ma non riceve alcuna compensazione per ridurre i costi energetici dei cittadini. Come vedevamo nell’articolo precedente dalla relazione della Corte dei Conti Europea a riguardo degli investimenti sull’eolico offshore, anche il settore energetico e rinnovabile calabrese è sostanzialmente nelle mani dell’industria e degli interessi privati. I cittadini residenti subiscono l’impatto ambientale e a volte anche odorifero di alcuni impianti “rinnovabili” come le Centrali a biomasse, gli agricoltori sono penalizzati dalla gestione degli invasi idrici da parte di società private ma nessuna ricaduta positiva sui residenti è data dal fatto di vivere in una Regione tutto sommato con un alto grado di sostenibilità rispetto alla media e comunque autonoma dal punto di vista della produzione energetica. La bolletta, anzi, è per i singoli cittadini più pesante che nei territori del Nord Italia.

“Piero Polimeni, ingegnere di Net – Polo di innovazione Ambiente e Rischi naturali della Calabria e già docente nelle università di Messina e Reggio Calabria, nello spiegare i nodi che persistono sull’energia pulita e rinnovabile, punta su un fondamentale dato di partenza: «Il consumo della Calabria non richiede tutta l’energia che viene prodotta. Eppure, nel crotonese e nel lametino possiamo dire che ormai c’è un “paesaggio di ferro”, perché abbiamo una quantità considerevole di impianti eolici che producono energia che viene esportata sia in Italia che fuori. Per poter fare un bilancio energetico dobbiamo considerare che quello che consumiamo è molto inferiore rispetto all’energia che produciamo con tutti i tipi di impianti, da quelli a gas a quelli delle fonti rinnovabili. Con l’eolico e il fotovoltaico arriviamo a esportare i due terzi dell’energia che produciamo, si parla di miliardi di Kwh, 9 Gigawatt ne vengono prodotti e circa 6 ne vengono esportati ogni anno»”.[6]

Nonostante questo, risultano in costante aumento le richieste di concessioni (157 in corso di valutazione, anche per impianti offshore, 12 quelle approvate). Eolico, fotovoltaico, idroelettrico e termoelettrico. “L’obiettivo del 2030, fissato dall’Unione Europea nel Fit for 55 (il piano per ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55%), nella regione appare concretamente raggiungibile”.[7]

Siamo di fronte, dunque, ad una vera e propria colonizzazione, uno sfruttamento del territorio calabrese al fine della produzione energetica. Al di là degli impatti ambientali e paesaggistici, è questo il punto della questione che dovrebbe essere maggiormente sottolineato dai movimenti ambientalisti e salvaguardato dagli amministratori. Parallelamente alla massiccia produzione energetica e alla relativa colonizzazione e sfruttamento del paesaggio e delle risorse naturali non emergono dati positivi per la popolazione: i profitti scorrono tranquilli nelle tasche delle società quotate in borsa così come l’energia pacificamente si tuffa nella rete per essere venduta ed utilizzata su altri territori.  

È ancora peggio – chiarisce Polimeni – “perché non solo non si è mai generata ricchezza attraverso questa produzione in eccesso, ma oggi il costo che paghiamo è quello del consumo di suolo con gli enormi impianti eolici e fotovoltaici. Impianti costruiti da imprese multinazionali che hanno portato fuori anche tutti i benefici”.[8]

Le comunità non hanno alcun controllo di questa produzione e dei relativi proventi ad essa associata. Tutto il settore energetico è saldamente nelle mani di soggetti privati che fanno il buono ed il cattivo tempo sui territori e dispongono a loro piacimento dei beni comuni calabresi.

La richiesta e l’accelerazione degli investimenti, per come Europa comanda, è così pressante che un analogo progetto, che analizzeremo in un prossimo articolo, è previsto nei mari antistanti l’importante città di Corigliano Rossano nella fascia Jonica cosentina.


NOTE:

[1] Progetto del Parco Eolico flottante Offshore, p. 134-135. https://www.corrieredellacalabria.it/wp-content/uploads/2024/08/Progetto-Enotria-Parco-Eolico-Offshore.pdf

[2] Ibidem, p. 147, p. 147

[3] Ibidem, p. 151

[4] Ibidem, p. 152

[5] https://www.ilsole24ore.com/art/eolico-calabria-fa-pieno-440-impianti-attivi-e-157-progetti-AF6jQlLB

[6] https://www.quotidianodelsud.it/calabria/economia/territorio-e-ambiente/2024/04/29/saccheggiata-lenergia-pulita-della-calabria

[7] https://www.ilsole24ore.com/art/eolico-calabria-fa-pieno-440-impianti-attivi-e-157-progetti-AF6jQlLB

[8] Vedi nota 15

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