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APPUNTI TEOLOGICO-POLITICI SUL CONFLITTO UCRAINO (III)

“Regime e Church Change” in Ucraina

Nei due articoli precedenti (qui e qui per approfondire) abbiamo preso in esame alcune pagine storiche dove possono intravedersi le relazioni tra rivoluzione metafisico/teologica e rivoluzione politica. Un canovaccio analogo possiamo intravederlo nella contemporaneissima guerra in Ucraina. Mettendo le lenti geopolitiche, possiamo affermare che il conflitto più che tra Russia e Ucraina (sarebbe inspiegabile) è tra Oriente e Occidente. Le economie avanzate hanno creduto di poter appaltare al ‘Terzo Mondo’ quelle branche dell’economia particolarmente pesanti ed inquinanti per mantenere solo i pezzi più avanzati: rete, informatica, logistica, intelligenza artificiale. La Cina ed altri paesi, divenuti la manifattura del mondo, hanno nel frattempo accumulato enormi capitali (anche a danno dell’ambiente e dei lavoratori) che oggi gli consentono di spadroneggiare nei propri mercati di competenza ma anche di fare incursioni importanti verso l’informatizzazione. La Cina non è più quell’immenso continente agricolo del secolo scorso. 

“Il tempo della globalizzazione in cui la Cina aveva conquistato la centralità della catena del valore mondiale, accreditandosi come “fabbrica del mondo” grazie a massicci investimenti di stato, al lavoro a basso costo e ad una massima apertura alle esportazioni, deve considerarsi concluso. Il nuovo obiettivo, che si configura come una sfida tra le più ambiziose, appare quello di controbattere la potenza tecnologica consolidata degli Stati Uniti, mirando ad un riassetto mondiale che rispecchi meglio l’importanza del paese del Dragone nel mondo” (A. Lombardo, La Cina cambia la rotta della logistica mondiale, Logistica, 22 novembre 2022. Il testo è consultabile al seguente url: https://www.logisticanews.it/la-cina-cambia-la-rotta-della-logistica-mondiale/).

Basta “scorrere la lista dei 10 colossi mondiali digitali, per scoprire accanto a nomi noti come Apple, Amazon, Facebook e Google, quelli di colossi cinesi come Huawei, leader nella telefonia, il gigante dello shopping online Alibaba, l’azienda del motore di ricerca e dell’intelligenza artificiale Baidu e il gruppo tecnologico Tencent che possiede, tra l’altro, WeChat, la più diffusa app cinese. Persino TikTok, che è il social più amato dai ragazzi occidentali, è «made in China»” (G. Rancilio, I giganti digitali cinesi che pochi conoscono, Avvenire, 10 luglio 2020. Il testo è consultabile al seguente url: https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/i-giganti-digitali-cinesiche-pochi-conoscono).

Il programma politico “Orientale” che parte simbolicamente dal progetto dal nome esotico e storico, la nuova Via della Seta, vuole arrivare, a rapidi passi, alla creazione di una moneta di scambio internazionale che si sganci dal dollaro. Con il colosso Cinese sarebbero schierati anche la Russia, l’India e molti paesi BRICS e africani, ovverosia l’assoluta maggioranza della popolazione mondiale impoverita che prova ad alzare la testa contro la minoranza ricca e prepotente. Un Oriente che si abbarbica alla parola “multipolare” contro l’arroganza “unipolare” statunitense che vuole continuare ad essere a capo dell’Impero/mondo.

Per scongiurare questo evento, gli Stati Uniti d’America hanno pensato da lungo tempo, di erodere lo spazio ad est dell’Europa, allargando i confini della NATO e portando scompiglio interno alla Russia partendo dalle ex repubbliche socialiste che componevano l’area sovietica. Storicamente datate, ma ugualmente significative, invece, sono le incursioni yankee in Asia: Iraq, Siria e Afghanistan su tutte.

In questo articolo, però, prenderemo in esame il dato teologico-politico. Prima ancora del dato di fatto che è la guerra, dobbiamo analizzare il lungo lavorio culturale e religioso che costituisce la premessa al conflitto sul campo. Da una parte gli emissari culturali: associazioni, Ong e progetti caritativi che inoculano il verbo liberale occidentale. Dall’altra la creazione di scismi, rotture, nella fede ortodossa che è un ingrediente fondamentale dell’identità culturale russa. I dogmi liberisti e consumistici possono entrare in quelle terre solo a patto di cancellare,  stravolgere o alla peggio annacquare lo spirito dell’Ortodossia che fa dell’evangelico disprezzo del mondo un architrave insuperabile. Ci ha provato il comunismo con scarsi risultati visto il revival ortodosso degli ultimi decenni, ora ci prova l’Occidente che, sottomessa già ai tempi dei Franchi “la Prima Roma”, oggi prova a mettere zizzania tra l’Ortodossia greca, capitanata da quello che rimane della storica grandezza del Patriarcato di Costantinopoli, “la Seconda Roma”, oggi sotto i Turchi e l’Ortodossia slava guidata da Mosca, “la Terza Roma”, numericamente preponderante. 

Quindi, dicevamo, l’incursione economico-politica del polo Nato/Occidente in Oriente va in parallelo con la decostruzione dell’autonomia religiosa dell’Ortodossia storica. Il lavorio di decostruzione culturale parte con l’invenzione di una nuova Chiesa “autocefala” (OCU) tendente a soppiantare l’antica Chiesa Ortodossa Ucraina (UOC) legata spiritualmente al Patriarcato di Mosca. Per analizzare bene la vicenda basta passare dalla biografia delle Chiese e dei loro governanti:

La metropolia di Kiev, culla storica della Chiesa ortodossa russa, dipendeva canonicamente dal patriarca di Costantinopoli fino alla fine del XVII secolo, quando la situazione politica ne provocò il passaggio al patriarcato di Mosca (eretto nel 1589). Nel 2018, il patriarca ecumenico Bartolomeo ritenne di revocare il tomos patriarcale del 1686 che concedeva al patriarca di Mosca il privilegio di consacrare il metropolita di Kiev. I fedeli fino ad allora ritenuti scismatici della Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Kiev e della minoritaria Chiesa ortodossa autocefala ucraina furono accolti nella comunione con Costantinopoli e in un concilio, alla presenza di due esarchi nominati dal patriarca ecumenico, costituirono la Chiesa ortodossa d’Ucraina (A. Mainardi, LE CHIESE IN UCRAINA E LA SFIDA DELLA PACE, il Mulino, 12 marzo 2022. Il testo è consultabile al seguente url:https://www.rivistailmulino.it/a/le-chiese-in-ucraina-e-la-sfida-della-pace).

Quindi la storia dice che fino al 2018 era demandato al Patriarcato di Mosca la benedizione del Metropolita di Kiev che era eletto autonomamente dal clero nazionale. Il Metropolita era posto alla guida di una Chiesa indipendente, che cioè svolgeva le sue attività in completa autonomia nominando  i suoi vescovi e redigendo i suoi statuti. Nel 2018, Bartolomeo di Costantinopoli decide d’imperio di rievocare a se questa consacrazione ma a quel punto esisteva già un metropolita che ancora oggi è Onufrij per altro molto chiaro nel condannare la guerra ‘fratricida’ schierandosi con il suo popolo ucraino e prendendo le distanze dalla Chiesa di Mosca. A questo punto Costantinopoli su pressione americana e ucraina decide di creare (visto il legame del popolo con l’UOC) una nuova Chiesa autocefala eleggendo primate Epifanij (Dumenko). Andiamo alla genesi. Il 15 dicembre 2018 un ‘concilio di unificazione’ ha dato vita alla Chiesa ortodossa dell’Ucraina dalla fusione di due “Chiese” considerate da tutta l’Ortodossia mondiale scismatiche (un aggettivo molto gravoso per chi lo porta all’interno del cristianesimo orientale, secondo solo ad eretico): 

La cerimonia del Fanar (ndr. il centro spirituale del Patriarcato costantinopolitano) è stata l’epilogo di una tormentata vicenda iniziata nella stessa sede del Patriarcato ecumenico nella Pasqua del 2018, quando Porošenko (ndr. quindi il capo politico e non religioso dell’Ucraina) ha chiesto l’impegno di Bartolomeo per pervenire all’autocefalia. È poi proseguita nel mese di settembre con la nomina e l’invio di due esarchi di Costantinopoli a Kiev, ma soprattutto con l’annuncio da parte del Sinodo fanariota, l’11 ottobre, di concedere l’autocefalia, di aprire a Kiev una rappresentanza del Patriarcato di Costantinopoli, di riammettere alla comunione ecclesiale nel loro grado episcopale i capi delle due Chiese ucraine considerate fino ad allora scismatiche da tutto il mondo ortodosso – Filaret (Denisenko) della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev e Makarij (Maletyč) della Chiesa ortodossa autocefala ucraina – e i loro seguaci e, infine, di cancellare la validità del tomos conciliare con cui, nel 1686, Costantinopoli aveva trasferito la metropolia di Kiev sotto la giurisdizione del Patriarcato di Mosca. La risposta di Mosca a tale atto è stata la pressoché immediata interruzione della comunione eucaristica con Costantinopoli, decisa nella seduta del Santo Sinodo a Minsk il 15 ottobre 2018 (S. Merlo, L’ortodossia ucraina: verso l’unità o la frantumazione?, Edizioni Ca ‘Foscari, 2019. Il testo è consultabile al seguente url: https://edizionicafoscari.unive.it/media/pdf/books/978-88-6969-383-0/978-88-6969-383-0-ch-12.pdf).

Sul carattere scismatico e non canonico delle “Chiese” ucraine lontane da Mosca era d’accordo tutta l’Ortodossia mondiale. Alcuni gerarchi hanno dovuto fare propriamente un dietrofront perché nuove situazioni geopolitiche e di comodo comandavano questa giravolta. Ancora il 9 agosto 2022, il primate della Chiesa polacca, il metropolita Sawa, in un’intervista a Polityka, affermava una volta che sia Dumenko che tutta la sua “chiesa” sono dei laici senza consacrazioni canoniche. Epifanij infatti fu “ordinato” da Filaret quando era già stato deposto e non aveva il diritto di compiere ulteriori ordinazioni secondo i millenari canoni ecclesiastici. Lo stesso Primate polacco sottolineava che la sua Chiesa non poteva riconoscere le “ordinazioni” anti-canoniche di Filaret e ha ricordato che il patriarca Bartolomeo aveva sostenuto la stessa posizione non molto tempo fa: “Per 22 anni, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha riconosciuto la decisione del Patriarcato di Mosca di destituire il metropolita Filaret e deporlo allo stato di laico come scismatico della Chiesa. Ma sono intervenute varie forze: qualcuno ha cercato di convincere il patriarca Bartolomeo a concedere l’autocefalia alla Chiesa ucraina sotto la guida di Epifanij” (J. Nivkin, Dumenko è un laico? Cattivi segnali per la “Chiesa ortodossa dell’Ucraina” da Polonia, Grecia e Gerusalemme, 13 agosto 2022. Il testo è consultabile al seguente url: http://www.ortodossiatorino.net/DocumentiSezDoc.php?cat_id=32&id=10267).

Quindi, parallelamente all’Euromaidan con cui, nonostante le edulcorazioni dei media occidentali, ci siamo trovati di fronte ad un colpo di Stato grazie a cui un governo eletto filorusso è stato sostituito con un governo filooccidentale, si è portato avanti un processo di colpo di Chiesa per rompere i legami culturali e spirituali ucraino-russi e crearne di nuovi ucraino-occidentali. Non per niente in tutto il percorso “genetico” i nuovi “presuli” ucraini non hanno mancato di evidenziare le relazioni più che ottimali con la Chiesa greco-cattolica d’Ucraina legata a Roma e chiamata invece sprezzantemente “Uniata” dall’Ortodossia mondiale. In effetti, quest’ultima, non è stata storicamente altro che la creazione di una Chiesa romana sotto il governo Pontificio travestita con i paramenti e le liturgie ortodosse a scopo di proselitismo. L’azione di allontanamento dell’Ucraina dalla Russia operata dal governo filo-Nato ripercorre al contrario la stessa genesi della Rus’. Storicamente infatti è Mosca ad esser figlia di Kiev e non viceversa. Oggi ci vogliono insegnare che la capitale ucraina ha più in comune con Londra o Washington che con Mosca:

Occorre sottolineare come il presidente Porošenko abbia posto la questione ecclesiastica e la costituzione della Chiesa nazionale indipendente dal Patriarcato di Mosca al centro della sua campagna elettorale, il cui slogan principale era significativamente «armija, mova, vira» [esercito, lingua, fede], i tre pilastri del processo di nation building promosso dalla leadership di Kiev (S. Merlo, L’ortodossia ucraina: verso l’unità o la frantumazione?, Edizioni Ca ‘Foscari, 2019. Il testo è consultabile al seguente url: https://edizionicafoscari.unive.it/media/pdf/books/978-88-6969-383-0/978-88-6969-383-0-ch-12.pdf).

Anche in questo, nell’ambito della decostruzione culturale, teologica e metafisica, ricordiamo dei tanti tentativi e delle nuove leggi che impediscono nelle scuole l’insegnamento della lingua russa e l’utilizzo nelle istituzioni e nella documentazione della sola lingua ucraina, quando un’importante percentuale di cittadini sono di madrelingua russa. 

Il processo di propaganda a favore della pseudo “Chiesa Ortodossa d’Ucraina” continua ancora oggi in maniera molto violenta. In patria le forze dell’ordine direttamente o lasciando fare “distrattamente” a bande di nazionalisti, sgomberano con la forza i fedeli tenacemente legati al Metropolita Onufrij dalle Chiese, arrestano il clero solo per accusandolo di possedere qualche rivista religiosa in lingua russa e ultimamente si procede a tappe forzate all’esproprio del Monastero delle Grotte di Kiev per trasferirlo dall’UOC alla OCU di Epifanij. Un trasferimento per altro non corroborato dal numero dei monaci e dei fedeli praticanti visto che la nuova “Chiesa” non sarebbe in grado di popolare questa immensa struttura. Tanti i monaci, i teologi ed i fedeli obbligati a fare le valigie. Tante le manifestazioni di protesta contro una tale imposizione che va di pari passo con i tanti decreti che si portano per l’approvazione e che hanno come centro il rendere illegale la millenaria istituzione della Chiesa Ucraina (UOC). Incurante delle bastonature, degli arresti e dei gas lanciati nelle Chiese, in questi giorni è stato in Italia il Patriarca di Costantinopoli a parlare di unione, pace ed ecumenismo con una folta presenza di prelati cattolici. Al suo seguito sono apparsi “chierici” ucraini che organizzano concelebrazioni anticanoniche con sacerdoti del Patriarcato di Costantinopoli in Italia per mostrare compattezza tra vertici e base dell’Ortodossia Italiana. Spesso molti sacerdoti e ieromonaci riluttanti si prestano alla farsa perché altrimenti sottoposti a sanzioni disciplinari e alla revoca dello stipendio. Stessa cosa accadde tempo fa nella patria monastica dell’Ortodossia, il Monte Athos, per chiedere l’accettazione di Epifanij e la sua “Chiesa” inedita. Anche su Sacro Monte si è raggiunto un risultato analogo rispetto a tutta l’Ortodossia mondiale per cui alcuni monasteri hanno riconosciuto la nuova realtà ecclesiale mentre la maggior parte degli igumeni si è totalmente rifiutata di accogliere e di concelebrare con i chierici ucraini di fatto considerati anticanonici e quindi semplicemente laici.

Questo immane lavorio politico, più che religioso, queste scomuniche che si trasformano poi in tomos per l’autocefalia, questa comunicazione invasiva ed invadente, fanno capire l’immensa importanza che l’establishment ucraino e occidentale, religioso e politico, danno ad un cambio teologico-spirituale accanto a quello politico-economico. Molto probabilmente, ancora una volta, schittianamente dobbiamo inferire l’importanza della narrazione culturale e metafisica su quella politico-economica. Non basterebbe a Zelensky e soci un cambio geopolitico, gliene occorre uno teologico-spirituale per dare fondamenta solide e durature a questa rivoluzione filo-occidentale necessaria per puntellare quell’egemonia statunitense che vede inesorabilmente tramontare la sua fase imperiale a favore di economie sempre meno emergenti e sempre più consolidate come quella della Cina, della Russia, dell’India, del Brasile e dai tanti stati africani e arabi sempre più vicine alle posizioni “orientali”. 

Il tragitto che pare delinearsi nel prossimo futuro sarà un allineamento tra Vaticano e Fanar verso una possibile unione di queste Chiese o quanto meno sulla decisione di concelebrare la Pasqua in una data fissa e uguale per tutti senza passare da un Concilio Ecumenico come vorrebbe la prassi ecclesiale antica di due millenni. Lo stesso Epifanij ha incontrato più volte gli esponenti della Chiesa greco-cattolica ucraina per aderire al nuovo calendario (l’Ucraina come tutte le Chiese Ortodosse slave e non solo mantengono per le liturgie l’antico calendario giuliano). La data ultima sarebbe quella del 2025 quando, per pura coincidenza astronomica, le celebrazioni pasquali cattoliche ed ortodosse si sovrapporranno. Si celebreranno anche i 1700 anni dal Concilio di Nicea, il Concilio Ecumenico che stabilì la data di Pasqua per tutta la Chiesa mantenuto oggi inalterato solo dall’Ortodossia. Una data simbolica ed utile per Costantinopoli per attuare e forse finalizzare questo esodo spirituale, ma più che altro geopolitico, dall’Oriente ad Occidente.

I precedenti contributi:

APPUNTI TEOLOGICO-POLITICI SUL CONFLITTO UCRAINO (I)

APPUNTI TEOLOGICO-POLITICI SUL CONFLITTO UCRAINO (II)

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