Appunti di Teologia Politica (X)
“Chi ha rinnegato la propria terra natale ha rinnegato anche il proprio Dio”, disse un mercante, un vecchio credente, al principe Lev Nikolàevič Myškin, l’idiota dell’omonimo romanzo di Dostoevskij.
La frase è estrapolata da uno dei tanti monologhi del principe disseminati nel racconto. In realtà mostra le convinzioni più intime del suo autore, il suo patriottismo ‘progressista’ che non indulge alle credenze estreme degli slavofili. Il romanzo L’idiota è certamente una testimonianza delle variegate posizioni maggioritarie nella seconda metà del 1800 in Russia e che addirittura straripano nella profezia quando preannunciano la vittoria del socialismo e della ‘fede’ atea destinata a rimpiazzare quella ortodossa. Tra le righe del romanzo lo scrittore russo abbozza certamente un’analisi importante dal punto di vista teologico-politico, religioso e sociale di quel frangente della storia patria che non rimane relegata al periodo pre-rivoluzionario ma che troviamo utile anche per capire il cuore russo e la sua interpretazione dell’attualità. La Russia come civiltà alternativa all’Occidente, né europea né asiatica, un mix tra oriente e occidente, tra contaminazioni illuministiche dell’élite e tradizione ortodossa del popolo, tra progressismo radicale e conservatorismo spinto.
L’attuale autocomprensione russa passa, evidentemente, dalla sua storia particolarissima, pur sempre imperiale, che si rinnova dai tempi dell’autoproclamazione come ‘terza Roma’ del regno ortodosso dei ‘Cesari’ russi dopo l’implosione di Roma e Costantinopoli, traboccando, dopo il passaggio rivoluzionario, nell’impero sovietico ateo fino alla caduta del socialismo reale, l’umiliazione da ‘fine della storia’ e l’avvento della democrazia in salsa neo-zarista di Putin che pure, nell’attuale conflitto ucraino, mette assieme l’identità culturale ortodossa alla bandiera rossa con falce e martello sventolante sui municipi riconquistati al Donbass filorusso e indicante la massima espansione geografica della Russia imperial-sovietica.
Questa idea imperial-patriottica è il filo conduttore delle varie rivoluzioni, in senso etimologico, della storia russa, un ingrediente onnipresente, un elemento quasi cromosomico, iscritto nel DNA del popolo, germinante dalla terra della ‘Santa Russia’. Questo almeno professa lo stesso Dostoevskij in una lettera in risposta ad Apollon Nikolaevic Majkov:
“Ho letto la Sua lettera e non ho capito l’essenziale. Io parlo del patriottismo, dell’idea russa, del senso del dovere, dell’onore nazionale, di tutto ciò di cui Lei parla con tanto entusiasmo. […] La Russia, il dovere, l’onore? Ma si, io sono sempre stato autenticamente russo, Glielo dico francamente. Che c’è di nuovo in quel movimento che sta sorgendo intorno a Lei e di cui Lei scrive come di un indirizzo nuovo? Le confesso che io non l’ho capito. […] Si, io condivido la Sua idea che sarà la Russia a condurre a conclusione l’Europa e la sua missione. […] Forse lei è stato turbato – e questo in epoca ancora recente – dall’invasione di idee francesi in quella parte della società russa che pensa, sente e studia? Questa è effettivamente un’eccezione, è vero. Ma ogni eccezione, per la sua stessa natura, provoca una contrapposizione. E Lei converrà che tutti coloro che sono dotati di un sano modo di pensare hanno considerato le idee francesi dal punto di vista scientifico e niente di più, e che, anche se hanno condiviso quelle idee, sono rimasti sempre russi” (F. Dostoevskij, Lettera ad Apollon Nikolaevic Majkov, 18 gennaio 1856, in Lettere sulla creatività, Feltrinelli, Milano 1991, edizione digitale).
Nel seguito della lettera Dostoevskij parlerà della sua propria esperienza, del suo cuore rimasto russo nonostante l’interpolazione di idee esterofile che di fatto lo condussero ad avere una condanna a morte che poi, solo davanti il plotone di esecuzione, fu commutata negli arresti in Siberia. Nella carne dello scrittore russo si ritrovano tutte le sfumature polivalenti di questo periodo storico senza radici, senza idee forti e definitive.
“Di me le dirò che io sono figlio del mio secolo, figlio della miscredenza e del dubbio, e non solo fino ad oggi, ma tale resterò (lo so con certezza) fino alla tomba. Quali terribili sofferenze mi è costata – e mi costa tuttora – questa sete di credere, che tanto più fortemente si fa sentire nella mia anima quanto più forti mi appaiono gli argomenti ad essa contrari! […] io ho concepito un simbolo della fede, un Credo, in cui tutto per me è chiaro e santo. Questo Credo è molto semplice, e suona così: credere che non c’è nulla di più bello, di più profondo, più simpatico, più ragionevole, più virile e più perfetto di Cristo […]. Non solo, ma arrivo a dire che se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori della verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che nella verità” (F. Dostoevskij, Lettera a Natalija Dmitrievna Fonvizina, fine gennaio – 20 febbraio 1854, in Lettere sulla creatività, Feltrinelli, Milano 1991, edizione digitale).
La necessità, parafrasando Tertulliano, di credere proprio perché incredibile, mostra in pieno la congerie spirituale e ideologica di quel periodo dove ogni tradizione e convinzione era da poco stata sconquassata dalla rivoluzione francese, dai suoi lumi e dal suo razionalismo che tutto poneva sotto la lente del dubbio. Quelle ‘idee francesi’, della lettera citata precedentemente, infiltratesi tra le élite russe che magari avevano studiato in Europa, quelle stesse idee che avevano conquistato il giovane Fëdor e a cui poi si era ribellato ed aveva sconfessato in età adulta considerandole la vera causa dell’attuale e della futura possibile e ancor più grave débâcle della civiltà squisitamente russa. La seconda metà dell’800 vede la contrapposizione aspra tra le idee slavofile tradizionaliste e conservatrici della ‘civiltà russa’ contro quelle filo europee e occidentaliste propugnatrice delle idee progressiste e liberali partorite dalla rivoluzione francese prima e che continueranno nelle influenze socialiste. Già Gogol e Turgenev, nelle loro opere, si cimentarono nella descrizione di un tale scontro che si evidenzia puntualmente in tanti romanzi di Dostoevskij con il tratteggio di figure di ‘liberali’ e ‘nichilisti’. Idee conservatrici e rivoluzionarie che spesso instauravano un corpo a corpo nelle medesime membra di uno stesso individuo come nel caso del giovane Fëdor. Affascinato intorno ai vent’anni dalle idee socialiste si iscrisse ad un circolo d’ispirazione fourierista frequentato da scrittori e studenti che discutevano le nuove idee economiche e sociali. Tendenzialmente anti-zaristi furono fautori di una repubblica federale russa e per questo messi fuori legge. In una delle retate della polizia Dostoevskij fu arrestato con altri sovversivi e, come dicevamo, condannato a morte e graziato solo pochi minuti prima della fucilazione. L’esperienza della successiva prigionia, la conoscenza di prima mano dell’anima popolare russa conosciuta in Siberia nella quotidianità con i briganti ed i piccoli delinquenti con lui reclusi, lo portarono man mano a cambiare idea e avvicinarsi verso posizioni più conservatrici e vicine alla chiesa ortodossa e allo zarismo. Proprio questo arco ideologico teso fra slavofilia e progressismo analizza il principe Myškin in una di quelle uscite fiume, in realtà l’ultima prima del nuovo internamento in una clinica, che caratterizzano il suo personaggio – l’idiota – all’interno del romanzo. L’analisi parte dalla secolarizzazione della fede ad opera del cattolicesimo che doveva in tal senso aprire la strada al protestantesimo prima e successivamente a filoni veramente mondani quali l’illuminismo e l’ateismo passando dal socialismo che rappresenterebbe un’altra sorta di eresia cristiana:
“Il cattolicesimo è la stessa cosa che una fede non cristiana!” aggiunse con foga, guardando davanti a sé con gli occhi scintillanti, come se volesse abbracciare con lo sguardo tutti i presenti. […] “Questo in primo luogo, e in secondo luogo il cattolicesimo di Roma è ancora peggio dell’ateismo stesso, ecco qual è la mia opinione! L’ateismo si limita a predicare il nulla, ma il cattolicesimo va oltre: predica un Cristo travisato, un Cristo calunniato e oltraggiato, un Cristo interpretato addirittura a rovescio! […] Il cattolicesimo romano crede che la chiesa non possa esistere su questa terra senza fondarsi sul dominio temporale universale e proclama: ‘Non possumus!’. Secondo me, il cattolicesimo romano non è neppure una fede religiosa, bensì semplicemente l’erede e il continuatore dell’Impero romano d’Occidente, e in esso tutto è subordinato a questa idea, a cominciare dalla fede. Il papa si è impossessato della Terra, si è assiso su un trono terreno e ha impugnato la spada […]. L’ateismo ha preso origine da loro, dallo stesso cattolicesimo romano! L’ateismo è derivato in primo luogo proprio da loro, giacché come potevano loro credere a sé stessi? E poi ha preso sempre più piede per l’avversione da essi destata; esso è una creazione della loro menzogna e impotenza spirituale! L’ateismo! Da noi, in Russia, sono ancora soltanto le classi privilegiate che hanno perso la fede e cioè le classi che hanno perduto le loro radici; ma laggiù, in Europa, hanno cominciato a non credere masse sempre più vaste del semplice popolo, dapprima a causa dell’ignoranza e della menzogna, ma ormai anche per fanatismo, per odio verso la chiesa e il cristianesimo!” (F. Dostoevskij, L’idiota, Parte quarta, Feltrinelli, Milano 1998, edizione digitale).
Qui, secondo Dostoevskij, sta la genesi del conflitto Oriente-Occidente. La secolarizzazione della fede cattolica ha smarrito la matrice spirituale, mistica e metafisica del cristianesimo, l’ha depotenziata fino a divenire un credo puramente sociale. Dal rifiuto del mondo dei primi cristiani alla trasformazione del mondo sulle coordinate del bene comune e dei diritti umani. Deprivata della sua componente metafisica e misterica, secolarizzata la teologia in politica, il cattolicesimo non serviva più per dare le risposte ultime all’umanità. Queste considerazioni trovano eco nelle recenti analisi del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill sulla guerra in Ucraina come battaglia metafisica tra un Oriente mistico e un Occidente secolarizzato, tra la famiglia tradizionale e i gay pride, manifestazioni spot usate come simbolo dell’idee del progresso che soffiano da ponente a levante. Proprio a causa di questo depotenziamento metafisico di una teologia che si fa politica, sociale, ritornando a Dostoevskij, questa dottrina puramente temporale che è diventata il cattolicesimo romano, sorpassata poi dal protestantesimo, ha partorito ed è stata soppiantata dalle idee illuministiche prima e poi dal socialismo utopistico e scientifico:
“In questo sta appunto il nostro errore, nel fatto che noi non siamo ancora capaci di capire che non si tratta soltanto di una questione teologica! Infatti anche il socialismo è una creazione del cattolicesimo e della sua essenza! Anch’esso, come del resto l’ateismo che gli è fratello, ha avuto origine dalla disperazione e in contrapposizione al cattolicesimo come rivendicazione della morale, per subentrare nel ruolo di potere morale, ruolo che la religione ha perduto, per appagare la sete spirituale dell’umanità assetata e salvarla non per mezzo di Cristo, bensì anch’esso per mezzo della forza! Anch’esso vuole instaurare la libertà mediante la violenza, e realizzare l’unione dei popoli per mezzo della spada e del sangue! ‘Non devi credere in Dio, non devi possedere proprietà alcuna, non devi avere una tua personalità, fraternité ou la mort, bisogna tagliare due milioni di teste!’ E non pensate che tutto ciò sia qualcosa di innocuo e privo di pericolo per noi […]” (F. Dostoevskij, L’idiota, Parte quarta, Feltrinelli, Milano 1998, edizione digitale).
Più oltre il principe, ricordiamo che il romanzo fu iniziato a Ginevra nel 1867 e fu concluso a Firenze nel 1869, approfondirà il tema con un argomento che, con il senno del poi, risulta persino profetico:
“mi scusi, ma bisogna essere capaci di presentire ciò che può accadere! Noialtri russi siamo fatti in tal modo che, non appena tocchiamo la riva giusta, ce ne rallegriamo talmente che dobbiamo subito arrivare ai limiti estremi […] è la nostra passionalità russa che stupisce in tali casi non soltanto noi stessi, ma tutta l’Europa; se uno di noi abbraccia il cattolicesimo, diventerà subito un gesuita, e anche uno dei più oscurantisti; se invece diventa ateo, comincerà immancabilmente a pretendere di sradicare la fede in Dio con la violenza, e quindi con la spada […] perché è lì che ha trovato quella patria che qui non ha saputo vedere, e ne è tutto felice; ha toccato terra, e si precipita a baciarla! L’ateismo russo e il gesuitismo russo non hanno infatti origine soltanto da vanagloria, da un basso sentimento di vanità, bensì dall’angoscia spirituale, dalla nostalgia appassionata per un elevato ideale, per una riva sicura, per una patria in cui essi hanno smesso di credere, perché non l’hanno mai conosciuta! Per un russo è così facile diventare ateo, più facile che per chiunque altro al mondo! E noialtri russi non soltanto diventiamo atei, ma senz’altro dobbiamo credere nell’ateismo come se fosse una nuova fede, senza nemmeno accorgerci che crediamo nel nulla” (F. Dostoevskij, L’idiota, Parte quarta, Feltrinelli, Milano 1998, edizione digitale).
Riscontriamo in questo passaggio l’idea di fondo che stiamo trattando analizzando il filone della teologia politica così come iniziata da Carl Schmitt. Sono le idee forti, le fedi, le metafisiche a rivoluzionare il mondo. Dostoevskij sembra cogliere in pieno lo spaesamento che lui stesso vive nel suo intimo e che vede fremere nella carne dei russi. Uno spaesamento che fa perdere la bussola – Chi ha rinnegato la propria terra natale ha rinnegato anche il proprio Dio – e che fa viaggiare verso nuove terre e nuove patrie. Non basta più ai russi di fine ottocento il radicamento nella storia della Santa Madre Russia, la tormenta delle idee illuministiche occidentali li spinge a trovare radicamento in altre ideologie, in nuove tradizioni e novelle fedi. Questo spaesamento, questo secolo, figlio della miscredenza e del dubbio, conduce lo spirito passionale russo, non solo ad abbracciare per moda nuove cause ma ne diventa protagonista, le assume radicalmente. Da terra ortodossa, “Terza Roma”, capitale della fede dei padri, diventerà in un batter d’occhio la terra del socialismo e dell’ateismo. Con quale verve e convinzione lo sappiamo dalla storia; storia che non poteva essere nota a Dostoevskij in quel lontano auto-esilio fiorentino del 1869. Così è stato: un’idea forte, un’eresia cristiana, una fede che prometteva di instaurare il sol dell’avvenire, il paradiso in terra, fu capace di saziare lo spirito russo e generare quella rivoluzione che informerà di sé tutta la storia successiva, almeno fino alla caduta del muro di Berlino e alla Perestrojka; fine della storia!
Da qui si riparte oggi, da qui si raccolgono gli indizi per comprendere qualcosa di queste ultime vicende della nostra storia, di questi nuovi conflitti Oriente-Occidente. Alla lotta di classe sembra essersi sovrapposta la lotta tra le civiltà. Da una parte l’Occidente post-moderno, tecno-democratico, liquido, dal pensiero debole. Dall’altra l’Oriente mistico e autocratico, ancora molto ‘analogico’ e abitato da teologie e forti metafisiche. Gli ultimi colpi di coda del procedere storico ci narrano di questi scontri di civiltà che hanno visto in primis il confronto tra la libertà democratica occidentale e la civiltà islamica. L’Iraq, le torri gemelle, Al Qaeda, gli attentati dei cani sciolti alla Charlie Ebdo, l’Afghanistan, Bin Laden, la nascita del califfato dell’Islamic State. Un capitolo apparentemente vinto dagli eserciti occidentali che hanno bombardato tutto il bombardabile in medio oriente e in Asia con puntate sulla Libia e la Siria. Una esportazione di democrazia oggi rimessa in dubbio dalla fuga americana da Kabul ed il ritorno dopo vent’anni dei Talebani al potere. Un capitolo, questo del filone islamico, che è attualmente occultato dai potenti generatori di verità che sono i nuovi media e social network.
La pagina oggi aperta – fino a quando? – è nuovamente quello Russa. Nuovamente a contendersi la scena ci sono le idee slavofile e quelle filo europee che mascherano ovviamente pulsioni egemoniche delle grandi potenze che passano da condizionamenti geografici, politici, economici. Un’altra volta uno scontro di civiltà, quella democratica occidentale – i popoli liberi – da quelle autocratiche orientali come Russia e Cina – i popoli schiavi. La disfida si attua in terra ucraina tra due popoli fratelli, quello di Kiev e quello di Mosca, tra due tendenze, quelle occidentalizzanti delle élite ucraine, quelle slavofile e neo-imperiali della nomenklatura russa. Due sistemi politico-economici più o meno speculari che però vengono letti in occidente come il fronte democratico contro quello autocratico. D’altronde partner occidentale per la mediazione in questo conflitto è la ‘democratica’ Turchia di Erdogan che solo poco tempo fa veniva additato con disprezzo come “il sultano” al pari di Putin definito “il nuovo zar”. Cambiano, come sempre, i punti di vista ed i nomignoli ironici a seconda della convenienza contingente. Dicevamo, scontro tra Oriente e Occidente, tra la tradizione della Santa Madre Russia e la mancanza di radici post-moderne, tra l’autarca Putin e gli oligarchi democratici occidentalizzanti, tra la teologia del Patriarcato di Mosca e la secolarizzazione della Chiesa di Roma, tra la famiglia tradizionale ed il gay pride. Anche in questo caso troviamo illuminante un’analisi pungente del principe ‘idiota’ Myškin che detta la ricetta filorussa per avere la meglio in questo contenzioso ideologico:
“occorre un bastione di difesa, e al più presto, al più presto! Bisogna che il nostro Cristo risplenda in piena luce quale bastione contro l’Occidente, quel Cristo che noi abbiamo saputo conservare e che loro non hanno mai conosciuto! Noi dobbiamo adesso fronteggiarli, non lasciandoci prendere servilmente al laccio dai gesuiti (ndr Papa Francesco è un gesuita), bensì portando loro la nostra civiltà russa […]. Svelate agli assetati e appassionati compagni di Colombo le rive del Nuovo Mondo, svelate al russo, concedetegli di trovare quest’oro, questo tesoro, che la terra gli nasconde! Mostrategli la visione avvenire di un’umanità rinnovata e risorta, forse grazie soltanto all’idea russa, al Dio e al Cristo russo, e vedrete quale gigante giusto e possente, mite e saggio si leverà in piedi davanti al mondo sbalordito! Si, sbalordito e spaventato, giacché essi da noialtri si aspettano soltanto la spada, la spada e la violenza, giacché, giudicandoci in base a sé stessi, essi ci possono immaginare soltanto come barbari. E questo ancora oggi, e anzi tanto più sarà così con il passare del tempo! E…” (F. Dostoevskij, L’idiota, Parte quarta, Feltrinelli, Milano 1998, edizione digitale).
Da queste righe possiamo capire quando sia difficile comprendere l’attualità semplificando i discorsi, operando analisi da opposte tifoserie, senza conoscere le evoluzioni storiche dei pensieri, delle civiltà, dei principi radicati nei popoli. Il ‘gigante giusto e possente, mite e saggio si leverà in piedi davanti al mondo sbalordito’ e così è avvenuto. La storia non è ancora finita, l’unipolarità mondiale di marca statunitense comincia a scricchiolare verso una multipolarità che vede affacciarsi sull’orizzonte mondiale il gigante euroasiatico che manda in avanscoperta la Russia ma che conta, nelle retrovie, dell’appoggio della Cina e dell’India passando per l’Iran e il destabilizzato Afghanistan neo-talebano. L’inaugurazione della nuova via della seta, la questione delle energie fossili, l’utilizzo di una moneta alternativa al dollaro e la messa in discussione delle società di rating occidentali porteranno presto a girare ancora una volta pagina che imporrà certamente un nuovo ‘ordine mondiale’. Se questo avverrà pacificamente – difficilmente – o attraverso l’inaugurazione di una terza guerra mondiale solo il tempo potrà stabilirlo.
La redazione di Malanova
I precedenti contributi:
Appunti di Teologia Politica (I) – LA POLITICA COME PENSIERO SCORRETTO
Appunti di Teologia Politica (II) – SPAZZOLARE LA STORIA CONTROPELO
Appunti di Teologia Politica (III) – GLI ALBERI DEL BOSCO ANDARONO PER UNGERSI UN RE
Appunti di Teologia Politica (IV) – SOVRANO È CHI DECIDE SULLO STATO DI ECCEZIONE (I)
Appunti di Teologia Politica (V) – SOVRANO È CHI DECIDE SULLO STATO DI ECCEZIONE (II)
Appunti di Teologia Politica (VI) – LA PIETRA DEL VATICANO: POLITICIZZAZIONE DELLA TEOLOGIA
Appunti di Teologia Politica (VII) – PROFANARE LA RELIGIONE CAPITALISTICA
Appunti di Teologia Politica (VIII) – IL CAPITALISMO COME RELIGIONE
Appunti di Teologia Politica (IX) – L’ETICA PROTESTANTE-CAPITALISTICA NE “L’IDIOTA” DI DOSTOEVSKIJ