È morto Serafino, ma non tutti si sono immedesimati, non tutti hanno pianto per la sua storia che di sfortunato non ha proprio nulla. No, non è stato il fato cinico e baro ma un’assurda incapacità amministrativa che ha ridotto la sanità calabrese ad un’entità ectoplasmatica al contrario: si vede ma non esiste!
La morte di Serafino non è una fatalità ma il prodotto di tanti anni di speculazione economica e politica: i governanti calabresi hanno “sapientemente” prosciugato le casse della sanità, il capitolo più importante del bilancio regionale, attraverso i loro interventi per favorire ditte amiche e clienti elettorali da sistemare come ausiliari, OSS o infermieri.
È morto Serafino, anche se era giunto vivo, verso le 15, a quel che rimane del Pronto soccorso di San Giovanni in Fiore dove si vive da tempo la cronica mancanza di medici, tanto che su una pianta organica di 6 dottori, già insufficienti per la popolazione che dovrebbero servire, ne sono attivi appena 2 che non possono coprire, in tutta evidenza, ogni turno ricompreso nelle 24h che compongono un giorno. Devi sperare, dunque, di sentirti male quando uno dei medici è in servizio.
Subito la città è insorta a causa di questo immenso dolore che ha visto soccombere una giovane vita e, provando quella solidarietà semplicemente umana nei confronti della famiglia di un concittadino, ha dato vita a manifestazioni spontanee di dolore e di protesta che poi sono confluite nel Comitato “Si-La Salute Bene Comune”. Tutti i cittadini si sono mobilitati, dicevamo, ma non tutta la città: la parte istituzionale pare ancora non voler capire il dramma accaduto alla comunità amministrata e gioca facendosi clamorosamente scudo della burocrazia istituzionale.
Il Comitato “Si-La salute Bene Comune” è composto da 2 organizzazioni sindacali (CGIL e CISL), da 13 associazioni che operano sul territorio di San Giovanni in Fiore e da 5 cittadini liberi. Ha partecipato, con una propria delegazione, alla riunione del 5 febbraio 2025 che avrebbe dovuto essere preliminare al consiglio comunale aperto richiesto e previsto per il 7 febbraio 2025. È in momenti come questi, infatti, di dolore, che la comunità si stringe e prova a reagire alle problematiche comuni. È in momenti come questi che chi governa dovrebbe agevolare il più possibile la partecipazione, partecipando anch’egli al dolore collettivo. Anche questa volta, non è andata così.

“Il Comitato aveva chiesto la convocazione di un consiglio comunale aperto da tenersi prima del tavolo tecnico con l’Asp di Cosenza e in un luogo che avrebbe potuto offrire alla cittadinanza la possibilità di partecipare, assistere e ascoltare. Nonostante queste proposte non siano state tenute in considerazione, il comitato ha comunque inteso partecipare alla riunione del 5 febbraio vista l’importanza della tematica. In quella sede il comitato ha chiesto che l’orario della seduta del consiglio comunale aperto venisse posticipato poiché alle ore 9.15 del mattino l’eventuale pubblico ed anche i delegati delle associazioni e dei sindacati sarebbero stati impegnati nelle attività lavorative e famigliari. Il comitato ha chiesto anche che il tema della sanità diventasse il punto prioritario all’ordine del giorno poiché quest’ultimo prevedeva la discussione della sanità come terzo punto dopo l’approvazione di un progetto di fattibilità tecnico-economica. Rispetto a queste due richieste non c’è stata apertura. Inoltre, durante la riunione si è appreso che vi erano già 16 associazioni prenotate che non erano presenti e delle quali non era possibile conoscere la loro identità per motivi di privacy. Il comitato ritiene che un consiglio comunale aperto sulla sanità non possa tenersi al mattino in un giorno lavorativo. La decisione di stabilire questo orario non testimonierebbe la dovuta apertura verso la partecipazione dei corpi sociali. Il comitato ‘Si-La salute bene comune’ immaginava il consiglio comunale aperto come un momento di partecipazione democratica retto dal senso di responsabilità inerente al contesto. A maggior ragione vista la delicatezza e l’importanza del tema trattato. La riunione del 5 febbraio è rimasta incompiuta e non è giunta ad un accordo sulle modalità di svolgimento della seduta a causa di una disfatta di intenti alimentata da una discussione politica che non ci appartiene e che sarebbe dovuta eventualmente tenersi in altra occasione”.
Queste le motivazioni per cui il Comitato ha deciso di non prendere parte al consiglio comunale aperto del 7 febbraio. Ancora una volta il Re e la Regina si sono arroccati, come nella famosa mossa degli scacchi, per proteggersi da una cittadinanza che chiedeva solo di partecipare alla risoluzione di un problema che dovrebbe toccare il cuore di tutti, per evitare altri drammi futuri. No, a parte proclami di maniera non si è notata alcuna discontinuità rispetto al passato. Serafino è morto, non tutti se ne sono accorti!
“Al consiglio comunale il comitato avrebbe chiesto di istituire un gruppo di lavoro con le parti sociali e con gli esperti della materia per elaborare una proposta programmatica per il rilancio della sanità pubblica sul nostro territorio. Inoltre avrebbe chiesto all’amministrazione comunale l’impegno ad aprire un’interlocuzione con il Commissario alla sanità Roberto Occhiuto. Il comitato crede, infatti, che per le funzioni conferitegli, solo il commissario potrebbe dare alla popolazione sangiovannese le risposte che oramai da troppo tempo aspetta. Il Comitato ricorda che a 32 giorni dalla morte di Serafino, nonostante si sia presa coscienza delle difficoltà che si incontrano a gestire le emergenze, ancora si sfugge alla discussione con i cittadini”.
Gli “eletti” si ricordano dei cittadini solo nel momento cruciale del voto, qualche mese prima che si aprano le urne. È quello il tempo dei programmi, della trasparenza, della risoluzione dei problemi, delle liti con le controparti chiamate a rispondere dei drammi amministrativi perpetrati nel recente passato. È quello il tempo dei salvatori, dei messia, dei tribuni del popolo. All’apertura delle urne, il Re e la Regina di nuova nomina si scordano totalmente della plebe che li ha votati e si chiudono nel loro castello comunale che nel frattempo da trasparente come il diamante – secondo il programma elettorale – è tornato ad essere opaco come un muro di cemento armato, seguendo in questo un’oramai consueta tradizione amministrativa. Si costruiscono i fossati, si allevano i coccodrilli, si alza il ponte levatoio.
Il popolo non va più incontrato, la plebe non ha più diritto alla parola avendo oramai delegato il suo potere di amministrare il bene comune: ci rivedremo tra cinque anni. Eppure, il comitato popolare non ha chiesto la luna, non ha domandato di rientrare nel paradiso perduto, ma ha semplicemente chiesto di essere incontrato, sentito, per stringersi comunitariamente intorno al dramma, piangere insieme e provare a migliorare la propria condizione di vita affinché non si verifichino più eventi così traumatici, che nessun altro, come Serafino, debba morire per un’incapacità gestionale.
Per tutti questi motivi, conclude amaramente il comitato “Si-La Salute Bene Comune”, pur volendo non parteciperemo ad una liturgia meramente burocratica e asfittica:
“Libertà, democrazia e verità si difendono con la libertà, con la democrazia e con la trasparenza. Non è tautologia; è realtà. Se non si è liberi e non si vive in un mondo libero non si può difendere la libertà. Se non si è democratici e non si vive in un mondo retto dalle regole della democrazia non si può difendere la democrazia. Se si concepisce la verità come esatta corrispondenza, e non si pratica la trasparenza, condizione dell’esatta corrispondenza, non si difende la verità”. (cit.)
Nel frattempo non si può smobilitare, tutta la gente di Calabria dovrebbe continuare ad unirsi in solidarietà a San Giovanni in Fiore, a lottare affinché non si ripeta ancora una, cento o mille volte una morte come quella di Serafino!
