Dopo cinque giorni passati a Caracas, posso dire che ciò che si racconta nel nostro emisfero “democratico” è completamente falso. Siamo partiti con la bufala dell’arresto della leader dell’opposizione, rivelatosi un falso clamoroso. Poi siamo passati a raccontare di contestazioni che io personalmente non ho visto, ma semmai posso dire di aver visto 30mila persone assiepate ad ascoltare e festeggiare il Presidente legittimo, con numerose delegazioni internazionali.
Non ricordo episodi – in stati cosiddetti democratici – dove tante persone festeggiano un’ elezione, ma semmai vuoti elettorali in termini di partecipazione che, da soli, dovrebbero delegittimare gli eletti presentati col 30% del 40% come leader popolari.
Io ho visto polizia e militari cantare insieme al popolo, salutare noi ospiti per le strade di Caracas. Ho letto che Maduro avrebbe detto che è pronto ad attaccare alcuni stati, ma ha detto ben altro, ovvero che il Venezuela persegue la pace, ma che non accetterà ingerenze, ed in tal caso insieme agli amici è pronto a difendersi (e vorrei vedere!). La grande bufala che il Venezuela si regge su di un potere che non tiene conto del popolo è una favola che si sgretola andando per le strade e vedendo come la gente sente certi eventi come il giuramento del 10 gennaio, dove ho visto un popolo partecipare, parlando con chi vive in case che prima non esistevano. Certo che ci sono problemi, ma dovuti alle sanzioni. Prima di parlare di elezioni truccate qualcuno dovrebbe conoscere il sistema elettorale, elettronico con riscontro cartaceo. Chi si sogna di mettere in dubbio le nostre o quelle USA?
Sono anni che, sistematicamente, qualcuno si inventa un presunto oppositore che avrebbe diritto di essere eletto si, ma dagli stati esteri.
Posso dire che prima di fare questo viaggio avevo delle idee, oggi ho delle certezze.
Maduro, come Chavez, ha un solo problema: combatte per la sovranità e l’indipendenza del suo paese, come ha detto, dagli imperialismi USA e UE.
Spegnete la TV, accendete il cervello, il mondo non vuole paesi ribelli, se ricchi di risorse anche meno. È una guerra culturale che stanno facendo per omologare il mondo al mercato del dollaro.