Lo sviluppo di un candidato vaccino richiede solitamente notevoli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) e richiede molti anni, la maggior parte dei quali trascorsi nelle tre fasi consecutive degli studi clinici. Considerata l’urgenza, sono state adottate una serie di scorciatoie, come l’esecuzione di test paralleli e l’utilizzo dell’autorizzazione all’uso di emergenza/autorizzazione all’immissione in commercio condizionata, aumentando al contempo la capacità di produzione già durante i test clinici. Sono stati effettuati investimenti finanziari pubblici e privati senza precedenti e sono state avviate collaborazioni scientifiche. (dallo studio commissionato dal Parlamento Europeo, “Managing public and private investments in COVID vaccines”, p. 13)
L’ideologia neo-liberista, un’ideologia para-religiosa, è stata sapientemente modellata dalle classi uscite vincitrici dalla guerra fredda come potente meccanismo di accumulazione delle risorse mondiali in pochissime e selezionate mani. La religione liberal-globalista ha anche la sua divinità ed il suo fato, entrambi irrazionali: la mano invisibile e l’equilibrio di mercato. Secondo questo mito, basterebbe lasciare libero il meccanismo della produzione e della vendita affinché la mano invisibile possa regolamentare ed equilibrare al meglio il mercato con pieno soddisfacimento di tutti. Laissez-faire. In realtà questa è una vera e propria favoletta per i popoli, il vero oppio. Nella realtà, il potere politico-economico che attiva le leve macroeconomiche è tutt’altro che invisibile e la mano della minoranza dei miliardari tiene strettamente e saldamente le redini del gioco stabilendone le regole e, quando serve, comprando consensi e voti, democraticamente. Le elezioni non sono che un ben congegnato e fittizio paravento democratico alla realtà dell’oligarchia reale che regge le nostre sorti.
Non si contano i casi, i pochi svelati, di borse piene di pacchi di euro destinate a euroburocrati per guadagnarne i servigi al fine di modellare le leggi a misura di multinazionale.
“Ammonta ad oltre un milione e mezzo di euro il totale delle banconote trovate dalla polizia belga nel corso delle perquisizioni alle abitazioni di Antonio Panzeri e dell’ex vicepresidente dell’Eurocamera Eva Kaili, entrambi agli arresti per il Qatargate”. (fonte Sole 24 Ore)
La vicenda si riferisce al giro di denari legati all’organizzazione della Coppa del Mondo del 2022. Il Qatar, che lottava per essere scelto come sede delle kermesse sportiva, avrebbe cercato di acquistare la benevolenza del Parlamento europeo per promuovere i propri interessi, tra cui quello di cercare di insabbiare le critiche sulla sua situazione interna relativa ai diritti dei lavoratori e alla condizione femminile. L’Europa dei diritti e della democrazia pare si sia genuflessa alla sacralità dei dollari.
“Il Qatargate ha squarciato un velo sull’influenza delle lobby a Bruxelles (grazie all’inchiesta belga, non interna alle istituzioni europee) […]. Lo scandalo di corruzione rivela molto del Qatar, ma anche delle pratiche delle lobby e della corruzione nella Ue. Già nel 1998, la Commissione guidata da Jacques Santer era stata obbligata a dimettersi in blocco per le accuse di corruzione”. (fonte Il Manifesto)
Molto diffuso, inoltre, il meccanismo delle “porte girevoli” che permette il riciclo delle cariche apicali delle multinazionali e degli enti governativi europei. Pensiamo, ad esempio, al nostrano Mario Draghi che è stato vicepresidente di Goldman Sachs per l’Europa dal 2002 al 2005 e successivamente, sempre nel 2005, venne nominato governatore della Banca d’Italia e quindi della Banca centrale europea per diventare successivamente Primo Ministro italiano. Sorte inversa per l’ex presidente della Commissione Europea José Barroso, passato dopo la scadenza del mandato a lavorare per Goldman Sachs.
Dopo Washington, in effetti, Bruxelles è la patria dei lobbisti. Nel registro ufficiale imposto per “trasparenza” si contano circa 12.500 lobbisti che gravitano attorno alle istituzioni europee perché retribuiti dalle grandi multinazionali o da gruppi di potere per esercitare pressioni sugli euroburocrati. Secondo Transparency International il numero verosimile di lobbisti in Europa è più vicino ai 40mila addetti.
SOMO, un centro di ricerca sulle società multinazionali attivo dal 1973, ha redatto uno studio nel 2023 relativo all’impatto che la pandemia ha avuto sul fatturato delle grandi aziende farmaceutiche e sul meccanismo che partendo dai fondi pubblici per la ricerca genera profitti privati (Pharma’s Pandemic Profits, febbraio 2023). Come si suol dire nel giornalismo investigativo…segui il denaro!
Il settore farmaceutico è uno dei settori commerciali globalmente più redditizi, quello che naviga più tranquillamente tra i marosi dei mercati anche perché gode del vento in poppa della paura delle persone che pur di guarire sono disposte a sottostare a qualunque condizione. Di fronte ad una malattia importante o solo alla paura di ammalarsi, chiunque è portato a non badare a spese per aver garantita la guarigione o l’immunità. Il farmaco è di fatto più costante e redditizio dell’energia e persino della speculazione finanziaria più audace.
Grafico tratto dallo studio SOMO
La ricerca SOMO, che ha avuto luogo tra il 2021 e il 2022, ha rilevato un fatturato di oltre 90 miliardi di dollari provenienti dalla ricerca e dalla commercializzazione dei vaccini e dei medicinali contro il COVID-19. Le aziende farmaceutiche private hanno potuto ottenere questi utili straordinari grazie a decenni di ricerca finanziata da investimenti pubblici e da sovvenzioni per lo sviluppo e la produzione oltre che a decine di miliardi in accordi di acquisto anticipati (APA). Investimenti pubblici per generare profitti che dalle multinazionali passano ai loro azionisti privati anziché andare a beneficio del popolo.
I contratti di acquisto anticipato (Advance Purchase Agreements – APA) sono accordi per l’acquisto di vaccini ancora in fase di ricerca e sperimentazione. I governi investono risorse provenienti dalle tasse e dalle imposte pagate dai contribuenti per sovvenzionare la ricerca: attenzione, non quella dei laboratori universitari e statali ma quella dei grandi gruppi farmaceutici privati. Prima ancora che i farmaci siano stati approvati, quando ancora sono in fase di ricerca e sperimentazione, gli Stati anticipano risorse promettendone l’acquisto ed eliminando in tal modo qualsiasi rischio associato allo sviluppo e alla produzione di farmaci e vaccini. Durante la pandemia si è fatto qualcosa in più: non solo finanziamenti e pre-acquisti ma anche clausole di manleva che ponevano le grandi aziende private al sicuro da eventuali effetti avversi e dai relativi risarcimenti. L’Europa ha detto in sostanza a queste aziende private: ricercate con soldi pubblici, realizzate il vaccino, vendetelo e tenetevi i proventi e se qualcosa va storto saremo noi a pagare eventuali risarcimenti per danni ai cittadini attingendo dai soldi dei cittadini!
I finanziamenti governativi sono arrivati a cascata nei conti correnti dei sette maggiori produttori di farmaci: Pfizer, BioNTech, Moderna, Sinovac, AstraZeneca, Johnson & Johnson e Novavax. Le risorse complessive anti-Covid, secondo il report di SOMO, ammontano ad un totale di almeno 5,8 miliardi di dollari, di cui 5 miliardi provenienti dagli Stati Uniti d’America.
Per lo sviluppo dei vaccini contro il coronavirus si sono utilizzati anche altri fondi precedentemente elargiti dai governi e i risultati di ricerche che per decenni si sono concentrate sullo sviluppo di tecnologie mRNA e vaccini contro l’HIV.
“Pfizer afferma di non aver accettato fondi governativi per sviluppare il suo vaccino, ma di aver beneficiato indirettamente di un finanziamento di 0,4 miliardi di dollari da parte del governo tedesco per sviluppare il vaccino Pfizer/BioNTech. Pfizer, in realtà, è stata anche pesantemente finanziata tramite APA, miliardi di anticipazioni sulle vendite future. Così, tutti i produttori di vaccini hanno tratto grandi profitti dagli APA. Secondo le fonti consultate dal report, l’importo totale che le aziende hanno ricevuto tramite gli APA ammontava a 86,5 miliardi di dollari, “una cifra difficile da definire e che potrebbe essere molto più alta perché aziende e governi non sono stati trasparenti. Per quanto è possibile stabilire, i contratti APA non imponevano alle aziende di restituire il denaro utilizzato per sviluppare e produrre vaccini, anche quando lo sviluppo falliva e il vaccino non veniva mai consegnato”. (Pharma’s Pandemic Profits, p. 5)
Solo nel 2021 le vendite dei vaccini anti Covid-19 hanno generato un fatturato di 86 miliardi di dollari per un utile netto di 50 miliardi di dollari. Il margine di profitto su queste vendite è dunque pauroso, attestandosi intorno al 57%. Nonostante molti “intenditori” ed “esperti” da social network portino come prova della mancata speculazione durante la pandemia il fatto che i vaccini non produrrebbero abbastanza utili e quindi non sarebbero al centro delle mire produttive e speculative delle multinazionali farmaceutiche, i report e le ricerche hanno appurato che i vaccini anti-COVID-19 hanno totalmente infranto i già alti ed usuali profitti che si generano nella redditizia industria farmaceutica. Lo studio del SOMO, considerando quattro delle sette società che hanno realizzato profitti straordinari, Pfizer, BionTech, Moderna e Sinovac, ha stimato che i margini di profitto netti per il 2021 sono addirittura compresi tra il 62% e il 76%.
Segnaliamo un altro meccanismo di “mercato” molto interessante. Nonostante i ricchi finanziamenti e pre-acquisti conferiti alle Big Pharma dagli enti statali, il prezzo dei vaccini è stato stabilito a livelli tutt’altro che popolari. Inoltre, in previsione della fine della pandemia e della diminuzione delle forniture, lo stesso prezzo è balzato repentinamente. Se tra luglio 2020 e luglio 2022, il prezzo del vaccino Pfizer/BioNTech è aumentato da 19,9-24,4 dollari a 30,5 dollari per dose e il prezzo di Moderna da 16,5 a 26,4 dollari, nel 2023 i listini sono stati enormemente ritoccati e “Pfizer, insieme alla tedesca BioNtech, venderà il suo vaccino a 120 dollari per dose. Moderna a 129 dollari, Novavax a 130 dollari. Cifre che sono dieci volte tanto rispetto ai primi vaccini immessi sul mercato. Certo, le nuove dosi includono una protezione per le nuove varianti, ma è difficile che questo giustifichi i super rincari. Il prezzo di produzione dei vaccini viene stimato in pochi dollari a dose. Sempre utile non dimenticare che questi medicinali sono stati sviluppati soprattutto grazie ad ingenti finanziamenti pubblici, erogati in varia forma, che hanno pagato la prima fase dello sviluppo, quella più rischiosa da un punto di vista imprenditoriale poiché le spese sono ingenti e i risultati molto incerti”. (fonte il Fatto Quotidiano)
Questo dato è utile per sottolineare ancora una volta il fatto che i privati non hanno tanto a cuore la salute dei malati ma il livello di profitti che si riescono ad ottenere da un prodotto farmaceutico. Altra ragione per lottare contro il processo della privatizzazione della salute che è oramai una solida realtà del sistema in cui viviamo.
Seguendo lo stesso criterio di massimizzazione dei profitti, il meccanismo di mercato ha generato anche una disparità nella diffusione geografica dei vaccini. Mentre le organizzazioni governative parlavano della necessità di una forte accessibilità dei vaccini a livello globale, in base alle esigenze e indipendentemente dallo status economico, in realtà le cose sono andate molto diversamente. A fine 2021 solo il 3% della popolazione nei paesi poveri era stata vaccinata con almeno una dose, mentre, nello stesso periodo, nei paesi ricchi la fetta di popolazione vaccinata si attestava intorno al 60%. A fine 2022 nel Sud economico del mondo ci si è fermati al 28%. Leggendo questi dati, quale umanità e filantropismo dimostrano multinazionali e burocrazia mondiale?
È evidente che le aziende farmaceutiche hanno destinato vaccini e farmaci ai paesi ad alto reddito visto che venivano anticipatamente e comunque velocemente pagati, mentre molto a rilento è andata la distribuzione di vaccini a ‘prezzo di costo’ nei paesi poveri dai quali ci si aspettava l’incapacità di onorare le forniture. Il principio, dunque, che ha prevalso nelle dinamiche di mercato a livello globale non è stato certamente quello della pubblica incolumità ma unicamente quello del mero profitto. Anche in questo caso la divina mano invisibile equilibratrice dei processi economici non si è palesata.
I dati dello studio del centro di ricerche SOMO sono sostanzialmente confermati da uno studio del 28/04/2023 e commissionato dal Parlamento Europeo e dalla ‘Commissione speciale sugli insegnamenti da trarre dalla pandemia’ (COVI) ai docenti di Scienze della Finanza dell’Università di Milano, Massimo Florio, Simona Gamba e a Chiara Pancotti del Center of Industrial Studies, Csil. Il documento si intitola “Mappatura degli investimenti pubblici e privati a lungo termine nello sviluppo di vaccini anti-COVID-19”.
“Anche se di solito ci vuole un decennio o più, i primi vaccini per le nuove malattie sono stati sviluppati in meno di 12 mesi: al 3 febbraio 2021, c’erano 289 vaccini sperimentali contro il COVID-19 in fase di sviluppo, di cui 20 nella fase 3 dei test clinici. (Wouters, 2021). A marzo 2021, meno di un anno dopo che la pandemia aveva colpito i paesi europei, nell’Unione europea erano state somministrate più di 34 milioni di dosi, numero che aumenterà rapidamente nelle settimane successive (all’inizio di aprile 2021, 74 milioni di dosi erano state somministrate nell’UE, e un anno dopo più di 844 milioni di dosi). Questi straordinari risultati sono stati raggiunti grazie a due fattori decisivi: a) più di due decenni di ricerca di base e, b) agli ingenti investimenti da parte di una serie di finanziatori nel periodo della pandemia. Per entrambi questi aspetti è stato fondamentale un forte coinvolgimento del settore pubblico. In effetti, la ricerca di base e lo sviluppo in fase iniziale sono spesso sostenuti dal settore pubblico (vedi, tra gli altri, Galkina et al., 2018)”. (op. cit., p. 9)
I dati resi disponibili dall’Europa ai professori milanesi portano a dire che dal 2020, inizio della pandemia, ai primi mesi del 2022, i fondi esterni utilizzati per la ricerca e sviluppo dei vaccini (fondi governativi, ma anche di enti filantropici, terzi privati, partenariati internazionali pubblico-privato e banche multilaterali di sviluppo) ammontavano a circa 9 miliardi di euro a cui si sommano circa 21 miliardi di euro di APA. Gli investimenti delle aziende private in ricerca e sviluppo, invece, si stimano intorno ai 4 o 5 miliardi di euro. Dunque, la parte pubblica ha messo a disposizione oltre l’80% del totale dei fondi utilizzati. La massa dei finanziamenti pubblici si suddivide in sovvenzioni a fondo perduto per il 27%, prestiti per lo 0,6% e APA per il 54% per un totale dell’81,6%. I restanti fondi (18,4%) sono stati forniti da enti filantropici, società private terze, partenariati pubblico-privati e dalla Banca europea per gli investimenti (BEI).
Anche lo studio europeo arriva alla conclusione che il finanziamento pubblico diretto e indiretto alla produzione dei vaccini “ha notevolmente ridotto i rischi degli investimenti aziendali […] e di conseguenza ha aumentato i rendimenti per gli investitori, in particolare per quelle aziende che non hanno affermato di fissare il prezzo della dose in base ai costi. Gli APA hanno svolto un importante ruolo di riduzione del rischio, spostando parte del rischio dalle aziende private al settore pubblico e […] hanno consentito alle aziende di pianificare meglio la propria capacità produttiva e logistica”. (op. cit. p. 10)
Marginale il ruolo dell’UE nel finanziamento della fase di Ricerca & Sviluppo dei vaccini dove gli Stati Uniti hanno pesato per un 78% delle risorse complessive. L’Europa invece è intervenuta, come abbiamo già visto, molto pesantemente con i contratti di acquisto anticipato (APA).
Oltre ai finanziamenti diretti e ai preacquisti degli enti pubblici e statali, l’industria farmaceutica privata da decenni si avvale delle acquisizioni scientifiche fatte grazie a finanziamenti pubblici e laboratori universitari e ospedalieri. Per lo sviluppo sia del vaccino Moderna che di quello Pfizer-BioNTech (vedi Lalani et al. 2021) si sono avvalsi di due decenni di ricerca da parte di enti pubblici e no-profit sulla tecnologia dell’mRNA. Anche per i vaccini basati su vettori virali, ad esempio AstraZeneca, l’industria ha utilizzato la precedente ricerca fatta presso l’Università di Oxford.
Analizzando il trend degli ultimi decenni, lo studio che stiamo esaminando afferma che solo con l’emergenza Covid l’industria farmaceutica ha invertito la scelta di un sostanziale disinvestimento nella ricerca sulle malattie infettive e sul relativo sviluppo di vaccini. Le Big Pharma si sono buttate nella lotta per lo sviluppo record del vaccino anti COVID-19 solo quando si sono decisi finanziamenti pubblici che hanno, come dicevamo, di fatto annullato gran parte del rischio d’impresa. Questa evidenza si accompagna negativamente al sistema dei brevetti per cui le industrie private del farmaco possono attingere gratuitamente alle acquisizioni scientifiche della ricerca finanziate principalmente con denaro pubblico per poi brevettarne il risultato finale condensato nel farmaco o nel vaccino. L’esempio portato dallo studio è quello del sequenziamento fatto in Cina del genoma del SARS-CoV-2 e subito reso pubblico; sequenziamento che poi è servito come base per arrivare alla nascita dei vaccini. Questa è la ricetta indigesta che pone nello stesso piatto la ricerca finanziata dal pubblico, i finanziamenti degli enti governativi a fondo perduto e i preacquisti alle aziende private che alla fine decidono di brevettare e vendere la pietanza così assemblata al prezzo che più gli aggrada senza alcun ritorno per le casse statali.
“È necessario un nuovo quadro politico per evitare che la futura scienza dei vaccini, sostenuta dai contribuenti, venga completamente privatizzata senza alcuna garanzia in materia di diritti di proprietà intellettuale (DPI), distribuzione equa e prezzi accessibili. Durante la pandemia i negoziati si sono svolti sotto pressione e in un contesto di asimmetria informativa. Il panorama attuale consentirebbe invece accordi più equi tra fornitori e beneficiari dei fondi, inclusa la possibilità che i diritti di proprietà intellettuale e il potere di concessione di licenze siano attribuiti, in tutto o in parte, alle istituzioni pubbliche che hanno sostenuto la ricerca e lo sviluppo. Gli accordi con le aziende dovrebbero essere stipulati in modo molto più trasparente, in un quadro giuridico più stabile, al fine di offrire linee guida chiare alle parti interessate e responsabilità nei confronti dei cittadini”. (op. cit. Mappatura degli investimenti pubblici e privati a lungo termine nello sviluppo di vaccini anti-COVID-19).
Secondo i ricercatori il COVID-19 non è stato vinto ma ci avremo ancora a che fare per molto tempo a causa delle sue mutazioni. Sono necessari altri studi e forti investimenti, capire le reali dinamiche e le cause delle pandemie per combatterle alla radice piuttosto che limitarsi a lenirne gli effetti. Non dovrebbe essere più possibile per le multinazionali, ma qui le lobby del farmaco non sarebbero d’accordo, accampare diritti di proprietà intellettuale senza tenere in debito conto dell’impatto dei fondi pubblici e dei preacquisti su tutto il processo. Anche sulle politiche dei prezzi e della distribuzione dei farmaci dovrebbero tener conto dei precedenti investimenti e sostegni pubblici in ricerca e sviluppo.
“Si dovrebbe elaborare un quadro normativo e normativo favorevole. Dovrebbe essere perseguito un ambiente infrastrutturale per le sperimentazioni cliniche condotte all’interno dell’UE. Nel breve termine, il disegno e il ruolo di HERA dovrebbero essere rivisti per garantire che possa diventare un ente autonomo con un proprio budget. Come suggerito da uno studio STOA (Florio et al ., 2021), nel lungo periodo, la creazione di un’infrastruttura paneuropea di ricerca e sviluppo e di un’organizzazione di fornitura incentrata sulle minacce e sulle aree di ricerca e sviluppo che sono sottoinvestite nell’attuale modello di business dovrebbe essere considerato. L’infrastruttura dovrebbe avere le dimensioni di bilancio e l’ambizione scientifica degli NIH statunitensi ed essere dotata di capacità di ricerca e sviluppo interne, con uno sforzo congiunto delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri”. (Ibidem)
Se non possiamo non essere d’accordo con l’istituzione di una struttura pubblica capace di monitorare l’intero processo e magari dar vita ad una ricerca autonoma intorno alla pandemie e alle malattie in generale; se non possiamo non essere d’accordo sul ritorno nelle mani pubbliche della salute dei cittadini europei e del mondo intero, sul primato della politica sul mercato, non possiamo essere d’accordo sulla individuazione della soluzione nel modello americano che genera queste conseguenze e non riesce a bloccare, anzi sta alla base dell’intero meccanismo di accumulazione di extraprofitti nelle tasche dei privati azionisti della multinazionali del farmaco. In questo senso non possiamo che sottolineare nuovamente l’unica soluzione sensata: finanziare la ricerca scientifica nel campo della salute e mantenere un forte controllo pubblico sulla produzione e distribuzione dei farmaci affinché sia assolutamente bandita la possibilità di fare profitti sulla vita stessa delle persone.
ALLEGATO
Visto il recente ritiro del vaccino Oxford/Astrazeneca, proponiamo una delle schede incluse nello studio commissionato dal Parlamento Europeo per avere una traccia che orienti il nostro approfondimento relativo alla relazione tra finanziamento pubblico e profitto privato.
SCHEDA RIASSUNTIVA
ASTRAZENECA
L’azienda ha preferito non commentare questa Fiche né informazioni di pubblico dominio
INFORMAZIONI CHIAVE
Nome | AstraZeneca plc |
Sede centrale | Cambridge, Inghilterra, Regno Unito |
Anno di fondazione | 1999 |
Tipo di azienda | Società per azioni |
Elencato | LSE: AZN |
PRODOTTI E FATTURATO (MILIONI £)
Portafoglio prodotti | Oncologia, biofarmaceutica, cardiovascolare, renale, metabolismo, respiratoria e immunologia, vaccini, malattie rare | Sito web |
Entrate (utile netto) 2019 | 19114 (+1046) | Relazione finanziaria |
Entrate (utile netto) 2020 | 21518 (+2492) | Relazione finanziaria |
Entrate (utile netto) 2021 | 27509 (+81) | Relazione finanziaria |
VACCINO CONTRO IL COVID-19
Nome | Vaxzevria o vaccino COVID-19 AstraZeneca |
Tipo | Vettore virale |
Stato dell’EMA | Approvato |
Data della richiesta di autorizzazione | 01/2021 |
Data dell’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata da parte dell’EMA | 29/01/2021 |
Data dell’autorizzazione all’immissione in commercio standard dell’EMA | 31/10/2022 |
Data dell’autorizzazione all’immissione in commercio da parte della FDA | / |
FONTI DI FINANZIAMENTO ESTERNE
FINANZIAMENTI PER R&S + CAPACITÀ PRODUTTIVA | ||||
Data | Finanziatore | Importo (milioni di dollari) | Tipologia | Fonte |
04/2020 | CEPI | 384 | Finanziamenti per ricerca e sviluppo | Portafoglio CEPI |
10/2020 | governo degli Stati Uniti | 1600 | Finanziamento diretto (R&S+produzione) | BARDA in espansionePortafoglio di contromisure mediche COVID-19 |
Nota: la tabella non comprende i finanziamenti erogati all’Università di Oxford dal governo del Regno Unito, per un totale di circa 77 milioni di euro.
CONTRATTI DI ACQUISTO ANTICIPATO (APA) | ||||||
Data | Finanziatore | Numero di dosi | Prezzo per dose | Importo (milioni) | Tipologia | Fonte |
08/2020 | governo degli Stati Uniti | mancante | Mancante | 1200 $ | APA | Guarascio, 2020, l’UE paga 336 milioni di euro per garantire il potenziale vaccino anti-COVID-19 di AstraZeneca |
08/2020 | Governo del Regno Unito | mancante | Mancante | 65,5£ | APA | Guarascio, 2020, l’UE paga 336 milioni di euro per garantire il potenziale vaccino anti-COVID-19 di AstraZeneca |
2020 | Unione Europea | 300milioni | 2,90 euro | 870 euro | APA | Contratti di acquisto anticipati per i vaccini anti-Covid-19 |