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“Enotria”: confronti documentali sul parco eolico flottante calabrese (I)

Scadenza per la presentazione delle osservazioni: 18/09/2024.

Pochi giorni ci dividono dal “via libera” alla costruzione di un mega parco eolico offshore nel golfo di Squillace. Il parco, già ribattezzato “Enotria”, ha una potenza complessiva di 555 MW e verrà realizzato nello specchio marino del Golfo di Squillace a largo di Punta Stilo.

L’impianto eolico sarà composto da 37 aerogeneratori che galleggeranno nel Mar Ionio a circa 22 km dalla costa calabrese. Ciascun aerogeneratore, di potenza unitaria pari a 15 MW, ha un’altezza di 355 metri (compreso il diametro del rotore).

L’istanza per l’avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) è stato presentato nel mese di maggio scorso al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica dalla Società Parco Eolico Flottante Enotria S.r.l. con socio unico e sede legale in Roma che è subentrata nel progetto prima a capo della Società Acciona Energia Global Italia Srl, società facente parte del medesimo gruppo aziendale. Gli obiettivi che il progetto Enotria si propone spaziano dal cambiamento climatico (leggi green economy o capitalismo verde), alla produzione di energia rinnovabile, passando per la produzione di lavoro e il soddisfacimento degli obiettivi del Green Deal Europeo tanto sponsorizzato dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

L’energia eolica offshore è una delle fonti rinnovabili su cui si punta per la decarbonizzazione globale della produzione elettrica utile per il raggiungimento della neutralità climatica pensata come obiettivo per l’anno 2050. Attualmente, la capacità installata a livello globale supera i 62 GW, generando oltre 130 TWh di elettricità sostenibile ogni anno e si prevede una forte crescita che nel 2050, si stima, porterà la produzione dell’energia eolica offshore a rappresentare il 13% dell’elettricità prodotta nel mondo. Entro il 2030, invece, l’eolico nel suo insieme sarà una delle fonti di energia principali, in grado di soddisfare il 24% del fabbisogno energetico a livello globale. 

La capacità operativa complessiva italiana dell’eolico offshore galleggiante, attualmente in funzione e collegato alla rete, ammonta a 120 MW (ricordiamo che in Calabria sarà istallato un impianto di 555 MW). Un esempio è quello di Taranto, che ha richiesto quattordici anni di lavoro tra progettazione e istallazione e rappresenta il primo impianto offshore del Mediterraneo. Ha una potenza di trenta megawatt e si stima riesca a coprire il fabbisogno energetico annuo di circa sessantamila famiglie, eliminando settecentotrentamila tonnellate di anidride carbonica nei suoi venticinque anni di funzionamento. Nove sono attualmente gli impianti di questo tipo in Europa: Regno Unito, Portogallo, Norvegia, Francia e Spagna (112,97 MW) e due impianti in Asia – Giappone e Cina – (7,5 MW). Nel mondo, in questo momento, sono in fase di sviluppo 300 progetti eolici offshore galleggianti di cui 60 sono situati nelle acque italiane.

Il parco eolico del golfo di Squillace si basa tecnologicamente su una piattaforma galleggiante capace di fungere da fondazione per gli aerogeneratori, piattaforma che permette di installare le “eliche” in pieno mare e a grande distanza dalla costa. Questo, secondo i progettisti, porterebbe a ridurre il più possibile “interferenze con il paesaggio, la pesca, l’ambiente ed ogni altra attività costiera”.[1]

Un impatto ambientale certamente verificato è quello relativo, a livello del cantiere a terra, alla necessità di spostamento di alcuni ulivi per la realizzazione della Stazione Elettrica di Trasformazione. Gli ulivi espiantati, tengono a precisare i progettisti, saranno ripiantati in aree idonee. Il cavidotto interrato si sviluppa, inoltre, per una lunghezza complessiva pari a circa 46 km, interessando i comuni di Cropani, Botricello, Belcastro, Cutro, Roccabernarda, Crotone e Scandale. A partire dalla buca giunti terra – mare, punto di approdo dei cavi marini, il tracciato del cavidotto interrato si sviluppa principalmente lungo la rete stradale esistente e in parte sui terreni adiacenti alla stessa.

La costruzione del parco eolico interesserà sulla terraferma anche alcuni siti della Rete Natura 2000 e specificamente le aree naturali protette di:

1Marchesato e Fiume NetoZPS IT9320302
2Stagni sotto Timpone San FrancescoZSC IT9320046
3Foce del Crocchio – CropaniZSC IT9330105
4Steccato di Cutro e Costa del TurcheseZSC IT9320106

L’area marittima, invece, sempre secondo i progettisti, non è una rotta frequentata massivamente nelle migrazioni degli uccelli ed in più l’impianto non recherebbe danni alla pesca locale. Solo per l’impatto acustico, durante il cantiere e ad impianto funzionante, risulterebbero impatti reali anche se non pericolosi per la fauna marina ma che sarebbero “in grado di determinare un possibile disturbo comportamentale di alcune specie di cetacei”.

Questo dato così neutro non risulta in linea con gli studi ambientali specialistici prodotti, a titolo d’esempio, nel 2023 nei Paesi Bassi e relativi al Mare del Nord. La biologa marina Josien Steenbergen dell’Università di Wageningen ha compiuto una prima valutazione dell’impatto che avrà l’espansione della costruzione di centrali eoliche sulla fauna di quelle aree raccogliendo e sintetizzando le non poche ricerche già effettuate su questi temi e concludendo “che i danni che la generazione eolica può recare alla fauna non sono trascurabili”[2]. Certo, secondo la stessa studiosa, la ricerca sulle interazioni tra pale e fauna potrebbe migliorare di molto gli impatti ambientali. La nota di chiusura è in linea con l’entusiasmo di chi ha una fede assoluta nel progresso scientifico che sarà sempre capace di risolvere in una data futura gli eventuali squilibri prodotti nell’oggi.

Molto positiva anche l’opinione di Legambiente assolutamente a favore dell’eolico offshore, opinione che condensa in un recente e sintetico articolo dal titolo: “Smontiamo le fake news sull’eolico offshore!”.[3] Simile il parere del WWF nel suo report specialistico del 2022: “L’energia rinnovabile offshore costituisce una parte essenziale della transizione energetica verso un’economia resiliente e completamente decarbonizzata, ed è indispensabile per raggiungere un’Europa climaticamente neutrale. Lo sviluppo delle energie rinnovabili offshore raggiungerà il suo obiettivo […] se offrirà soluzioni per la crisi climatica che siano pienamente compatibili con la tutela della biodiversità marina, la resilienza degli oceani e una giusta transizione energetica”[4]. In entrambe le analisi, però, spicca la relativizzazione dell’impatto ambientale dei parchi eolici offshore dovuto all’altra faccia della medaglia rappresentata dal riscaldamento globale e dalle energie rinnovabili considerate l’unica medicina per curare il grande malato climatico. In effetti il condizionale è molto presente in questi studi che affermano la bontà e la necessità dell’offshore se…non ha impatti, se…rispetta la fauna, se…mitiga le problematiche della fase di installazione (secondo molti esperti la più impattante). Molti ‘se’, poche certezze.

Più cauta la relazione speciale della Corte dei Conti Europea del 2023 dal titolo: “Energie rinnovabili offshore nell’UE”[5] e sottotitolo: “Piani di crescita ambiziosi, ma rimane la sfida della sostenibilità”. L’energia proveniente da impianti offshore è stimata tra le più promettenti nella programmazione europea denominata Green Deal. Selezionando progetti finanziati tra il 2007 ed il 2022, la relazione ha provato a capire se la messa in produzione di questi impianti è davvero poi così sostenibile come si annunciava. La conclusione dell’analisi ha evidenziato come “le azioni dell’UE, compresi i finanziamenti erogati, hanno contribuito allo sviluppo delle energie rinnovabili offshore, in particolare dell’energia eolica offshore. Tuttavia, gli obiettivi sono ambiziosi e può risultare difficile raggiungerli; inoltre, permane la sfida di garantire la sostenibilità sociale e ambientale dello sviluppo delle energie rinnovabili offshore”.[6] Gli obiettivi per le energie rinnovabili offshore sono stati stabiliti in 61 GW di capacità installata entro il 2030 e di 340 GW entro il 2050. Obiettivi che, viste le difficoltà di
progettazione, burocratiche e di installazione, sembrano troppo ambiziosi.

Un altro tassello importante, nell’analisi che stiamo qui producendo, è quello relativo ai padroni dell’energia. Come sempre in uno spazio economico capitalistico e neo-liberista, “la maggior parte degli investimenti nelle tecnologie per le rinnovabili a basse emissioni di carbonio provengono dall’industria e dagli investitori privati”.[7] Questi industriali però non sono lasciati soli ma coccolati dal bilancio dell’UE che ha sostenuto le energie rinnovabili con una serie di sovvenzioni. La Corte dei Corte in questa relazione speciale ha individuato sovvenzioni relative alle fonti di energia offshore per un importo di 2,3 miliardi di euro tra il 2007 e il 2022. Tutto questo senza contare le ulteriori possibilità di finanziamento attraverso il PNRR. Anche la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha fatto il suo fornendo prestiti e investimenti in capitale azionario per un totale di 14,4 miliardi di euro dal 2007. “Gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi sono stati stimati a 800 miliardi di euro entro il 2050, provenienti per la maggior parte da investimenti privati”.[8]

Significativo anche l’impatto del settore sul mondo del lavoro. Il solo ambito dell’eolico offshore è passato dal 2009 al 2020 da 400 occupati (diretti ed indiretti) a 77 mila. Nel 2021 un terzo delle imprese energetiche ha avuto difficoltà a reperire personale qualificato. Di contro c’è da considerare l’impatto che l’installazione di questi Parchi eolici offshore possa limitare gli spazi per la pesca con una relativa contrazione dei posti di lavoro nel settore. In effetti tra le proteste e le resistenze a questo tipo di impiantistica molto presente è la voce dei pescatori che esprimono preoccupazione per gli sviluppi e le ricadute future di una presenza massiccia di impianti offshore nei mari europei.

Ritornando all’impatto ambientale, seguendo la programmazione europea, il raggiungimento delle percentuali di produzione di energia eolica offshore fissate richiederà meno del 3% dello spazio marittimo europeo che è compatibile con la strategia dell’UE sulla biodiversità. Quello che sembra mancare, però è una valutazione seria degli effetti cumulati sull’ambiente marino. Il mare europeo, infatti, non è sfruttato solo per la produzione di energia ma vede la concomitanza di altre attività economiche (pesca, trasporti, logistica,
turismo etc..) i cui impatti cumulativi sono sconosciuti.

“Vi sono dati empirici insufficienti e conoscenze limitate sulle specie e sugli ambienti marini non settentrionali, dal momento che la maggior parte degli studi esistenti si basa sugli impianti offshore del Mare del Nord. La Corte ritiene che, date le attività umane esistenti in mare e la portata del previsto dispiegamento delle ERO, dagli attuali 16 GW di capacità installata a 61 GW solo nel 2030, l’impronta ambientale sulla vita marina possa essere significativa e non sia stata presa sufficientemente in considerazione dalla Commissione e dagli Stati membri. […] La prevista crescita delle energie rinnovabili offshore pone sfide per la sostenibilità ambientale. Nel proporre la strategia dell’UE sulle energie rinnovabili offshore, la Commissione non ha stimato i potenziali effetti sull’ambiente”. [9]


NOTE:

[1] Avviso al pubblico del 19/08/2024

[2] https://www.qualenergia.it/articoli/contenere-impatto-eolico-offshore-su-specie-animali/

[3] https://golettaverde.legambiente.it/2024/08/01/fake-news-eolico-off-shore/

[4] https://www.wwf.it/uploads/WWF_Linee-Guida-Eolico-Offshore_04.11.22_AZ.pdf

[5] https://www.eca.europa.eu/ECAPublications/SR-2023-22/SR-2023-22_IT.pdf

[6] Ibidem, p. 5

[7] Ibidem, p.9

[8] Ibidem, p. 12

[9] Ibidem, p. 40-43

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