Solo rassegnazione! Così è se vi pare, non ci sono medici, mancano infermieri, le barelle sono rotte, attendete nel corridoio. Queste le parole che si odono tra le stanze del Pronto Soccorso del nosocomio cosentino. Di domenica quando tutto il mondo della salute è chiuso, tre medici per un servizio rivolto, praticamente, a tutta la Provincia di Cosenza. Un medico per i casi Covid e due per il mare magnum che arriva dalla porta principale spesso trasportato in ambulanza. Casi rossi e casi bianchi, salette piene con pazienti doloranti che aspettano per ore su una seggiola, attaccati l’un l’altro, in attesa di una parola di conforto che tarda a venire.
Entrato alle 12,30 con un fortissimo e intollerabile dolore allo stomaco, con la preoccupazione che fosse un infarto, presa la pressione e fatto un primo elettrocardiogramma sono stato invitato ad accomodarmi in saletta. Sarei stato chiamato dai medici. Nel frattempo via vai di ambulanze, due o tre ogni 15-20 minuti. Molte non possono ripartire perché mancano le barelle per ricevere i degenti. Nella saletta poche persone che sarebbero diventate presto molte. Incidenti, traumi agli arti e persino una persona anziana che perdeva copiosamente sangue dal naso, emorragia aggravata dall’assunzione del ‘Cumadin’. Tre ore di attesa con la figlia che chiedeva disperatamente fazzoletti per tamponare il sangue. Alla fine, non calcolate da nessuno, sono dovute andare via per cercare altrove qualcuno che fermasse l’emorragia copiosa; una guardia medica, una farmacia.
Nel frattempo passano le ore e il mio dolore è costante, non cessa di tormentarmi, ormai anche il cervello si era disattivato, non c’era modo di placare la sofferenza. Solo dopo le 17, dopo cinque ore di sala d’aspetto, si aprono le porte del medico che in cinque minuti mi pone le domande di rito, mi fa un prelievo per controllare gli ‘enzimi’ e finalmente una puntura che gradualmente fa scemare il dolore (forse poteva essere fatta cinque ore prima?). Poi di nuovo in salette. Ancora le stesse persone, alle quali se ne erano nel frattempo aggiunte altre, nessuno se ne era andato via se non un ragazzo che aveva un forte dolore al piede a causa di un trauma e portato via dalla madre per imbottirlo a casa di antidolorifico sperando che l’indomani mattina il dolore fosse passato oppure per ritentare la fortuna il lunedì.
La saletta è piena e continuano ad arrivare, irrefrenabili, le ondate di ambulanze. Codice rosso, Codice rosso. La media di attesa era ormai arrivata a sette/otto ore che diventeranno dieci per me quando finalmente si riapriranno le porte del medico. Dalla mattina ne erano già cambiati tre seguendo la consueta turnazione. Bisogna ricapitolare al nuovo medico il motivo per cui ti sei presentato e senza effettuare altri esami diagnostici vengo spedito a casa, meno dolorante ma senza capire il motivo per cui mi ero trovato, di domenica, al Pronto Soccorso. “Qui non facciamo gastroscopie se non nei casi di emorragia”, la sentenza. Visto quello che hai avuto, prendi questa pillola, in caso di dolori aggiungi un antispastico e poi prenota un esame da un privato. Dieci ore di attesa di cui cinque con dolori atroci per avere il verdetto: qui non possiamo fare nulla (ricordo che siamo in Ospedale non al cinema) prenotate una visita da un privato.
Questa mia disavventura personale è solo un esempio di quello che passano i cosentini e tutte le persone della provincia di Cosenza (vista la chiusura indiscriminata di tanti ospedali e Pronto Soccorso) e molti in situazioni ben più drammatiche della mia. Poco tempo fa toccò a mia madre aspettare due giorni su una panca perché non cerano posti nella terapia intensiva; aveva un infarto in corso! Per fortuna la sorte anche per lei ha voluto che resistesse. Di fatto il tempo e la fortuna sono i farmaci più utili quando si entra all’Annunziata. Pochi anni fa toccò a mio padre emigrare per un intervento al cuore che altrove facevano meglio che alle nostre latitudini. E tante esperienze, testimonianze e disavventure abbiamo raccolto e raccogliamo con le associazioni rendesi, di tempi interminabili per fare un esame urgente, alla chiusura di interi servizi… altro che PNRR, altro che resilienza. Qui si continua a smantellare la sanità pubblica per favorire il privato. Da tempo stiamo andando verso un’americanizzazione della salute, dovremmo presto ricorrere alle assicurazioni private.
Fatti salvi i medici e gli operatori di Pronto Soccorso che non hanno gli strumenti e i numeri per meglio operare, la rabbia sale verso le “istituzioni” che dovrebbero salvaguardare la salute della collettività e invece hanno solo sfruttato l’Ospedale per le proprie assunzioni clientelari e le proprie mazzette sulle forniture di macchinari, sulle attrezzature e sui farmaci. Attendiamo le mirabolanti novità da parte del governatore Occhiuto che al momento non si vedono in concreto: rimangono delle slide belle da vedere, ma ancora purtroppo irrealizzate. Ci auguriamo tutti che tra l’idea e la realizzazione non passi molto tempo perché nel frattempo la gente semplicemente muore! Nessun medico, mi dicevano al Pronto Soccorso, era stato sentito dal Governatore che, pare, abbia preferito la consulenza di un’azienda specializzata della Lombardia, la stessa che, pare, abbia fatto parecchi danni sia in quella regione sia in Sicilia. Caro Governatore, ora sei anche commissario, non c’è più tempo. I medici e gli operatori sanitari sono al collasso e la gente muore, non è uno scherzo!
Nel quadro dato, l’unica cosa che non si nota è la rabbia. Ci sarebbe da spaccare tutto, chiedere conto ai mascalzoni politici che hanno permesso tutto questo, ai grandi ‘manager’ della sanità pubblica, ai commissari che si sono susseguiti, ma le persone sono ormai abituate, scoraggiate, e pochi singoli indignados non servono a cambiare le carte in tavola. Alziamo la voce, ma siamo isolati e facciamo sempre la figura di ciotariaddhri della situazione. Tanto alle elezioni emergono sempre loro, tanto le denunce si cancellano, tanto è inutile, a loro non fanno mai nulla! Questi i commenti. E allora si continua ad arrivare al Pronto Soccorso, ad aspettare dieci ore, a tornarsene a casa senza avere una diagnosi e a prenotarsi per un consulto privato. Perché se prenoti nel pubblico passerebbe un anno!
VERGOGNA a voi che fate quello che vi pare, ladri e assassini, e VERGOGNA a noi che permettiamo che tutto ciò avvenga in maniera inesorabilmente ripetitiva!
Stefano Ammirato