Attraverso una recente delibera (la n. 188 del 21 marzo 2022), la Giunta regionale della Calabria presenterà in Consiglio un disegno di legge avente come oggetto l’”Organizzazione dei servizi pubblici locali dell’ambiente”. La ratio della proposta, in linea con l’attuale assetto imposto, con la sua creazione nel 2017, all’Autorità idrica della Calabria, è quella di rendere unitaria la gestione dei servizi locali ambientali attraverso l’inclusione del settore rifiuti nell’Ambito Territoriale Ottimale unico già in essere per il servizio idrico. A presiedere l’ATO sarà un’unica autorità partecipata dai Comuni calabresi.
Il comma 2 del Disegno di legge ci istruisce sui principi fondamentali alla base del provvedimento:
- Riconoscimento dell’acqua come bene naturale e diritto umano universale, essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani. La disponibilità e l’accesso individuale e collettivo all’acqua potabile devono essere garantiti in quanto diritti inalienabili e inviolabili della persona;
- tutela pubblica del patrimonio idrico e dell’ambiente naturale;
- tutela della qualità della vita dell’uomo nell’ambito di politiche di sviluppo sostenibile e solidale;
- salvaguardia delle aspettative delle generazioni future;
- pubblicità, indisponibilità e inalienabilità di tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo.
Sono i classici valori fondamentali che vengono inseriti in ogni preambolo di legge ma, di fondo, del tutto inoffensivi perché, semplicemente, riprendono alcune dichiarazioni “universali” come, ad esempio, quelle dell’ONU. Nulla viene detto sull’aspetto più importante in questo settore e cioè sulla forma di gestione ipotizzata che, ad ogni modo, spetterà all’assemblea dei comuni, decidere e ratificare. Non mancano nel testo i soliti vaghi riferimenti alla promozione delle forme di partecipazione dei cittadini agli atti fondamentali di pianificazione, programmazione, gestione e controllo del servizio.
Per quanto attiene ai rifiuti, si privilegia certo la raccolta differenziata – e non poteva essere diversamente vista l’obbligatorietà imposta per legge – ma ponendola sullo stesso piano del cosiddetto recupero energetico attraverso l’incenerimento, ammettendo con una certa leggerezza, persino che ogni residuo indifferenziato deve essere piuttosto inviato al termovalorizzatore che alla discarica. Un principio errato perché, in un sistema in cui si afferma di voler far prevalere la raccolta differenziata, bruciare il residuo, oltre a non essere economicamente vantaggioso per il privato, risulterebbe ecologicamente più problematico mentre, di contro, più facilmente gestibile con piccolissime discariche di prossimità. Quest’ultime, in una gestione veramente virtuosa, progressivamente sarebbero destinate a scomparire quasi del tutto.
Gli inceneritori entrano in conflitto con la pratica della raccolta differenziata perché i più alti rendimenti si raggiungono bruciando materie “pregiate” che invece dovrebbero trovare la via del riciclo/riuso. Esiste poi un aspetto non trascurabile, il problema irrisolto della gestione delle ceneri derivanti dalla combustione che necessariamente vanno smaltite in discariche di rifiuti pericolosi.
Maggiore è la differenziata, minore l’utilizzo degli inceneritori. Per essere ancora più chiari: se il sistema proposto si prefigge veramente alti livelli di raccolta differenziata, resterà ben poco da bruciare negli inceneritori. Di contro se la proposta è l’upgrade del termovalorizzatore di Gioia Tauro, risulta evidente una scarsa fiducia nella possibilità di aumentare la percentuale della differenziata.
È notizia recente che il presidente della Giunta regionale, Roberto Occhiuto, punti molto sull’attivazione di nuove linee del termovalorizzatore di Gioia Tauro: “Se a Gioia venisse attivata la seconda linea e resa efficiente la prima, si potrebbero smaltire i rifiuti prodotti da 1,8 milioni di abitanti scarsi”, afferma in un articolo sulla Gazzetta del Sud. Per questo “la giunta, il 21 marzo scorso, ha approvato la delibera n° 93 “Documento tecnico di indirizzo gestione rifiuti urbani” in cui si dà mandato al direttore generale del Dipartimento Ambiente di avviare le relative indagini di mercato per l’efficientamento e la gestione dell’impianto di Gioia Tauro. In pratica di avviare una gara di project financing per l’impianto”. Lo stesso articolo sostiene che a fiutare l’affare ci sia già la A2A, nota multiutility bresciana, che in Calabria gestisce già diversi invasi per la produzione di energia idroelettrica con una quantità di acqua immagazzinata vicina ai 200 milioni di metri cubi e con un potenziale produttivo di circa 500 MW (a questo link un articolo di approfondimento). Acqua quindi insieme ai rifiuti. A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina, diceva qualcuno.
Proseguiamo. Autocompostaggio, recupero degli ingombranti ancora utili ma soprattutto la famigerata “tariffa puntuale” che si affaccia nuovamente tra le righe ma purtroppo più citata che praticata. Ancora oggi la tariffa viene calcolata sui metri quadrati delle abitazioni o dei locali e nessun sgravio è previsto in funzione della quantità di rifiuto prodotto. Oggi a guadagnarci sono solo i gestori degli impianti e questo vale per i rifiuti come per l’acqua. Non ci risulta, ad esempio, che gli abitanti dei paesi nei pressi delle centrali idroelettriche abbiano qualche agevolazione sulla bolletta elettrica o un cittadino virtuoso dei cosiddetti comuni “ricicloni” paghi tariffe della Tari più basse o, ancora, che con il biogas prodotto dal trattamento della frazione umida si riscaldino gli studenti delle scuole o i ricoverati negli ospedali.
Stendiamo un velo pietoso invece sui comma che affrontano le questioni della ricerca, cooperazione dei cittadini e sensibilizzazione: cose stra-abusate anche in passato.
Nel concreto al posto dell’AIC, capace di perdere milioni di euro per deficienze burocratiche, e degli ATO rifiuti, che sono passati alla storia per la loro inutilità e per la richiesta continua di commissariamenti (soprattutto nel nord Calabria), prenderebbe vita una “Autorità Rifiuti e Risorse Idriche Calabria” che vedrebbe ancora una volta consorziati tutti i comuni. Il Consiglio Direttivo è composto dai rappresentanti di 40 comuni tra i quali è eletto il Presidente dell’Autorità. I comuni capoluogo delle Province e la città Metropolitana di Reggio Calabria fanno parte di diritto del CdA. Gli altri comuni sono eletti dai sindaci in base ad una lista che divide le comunità per fasce di residenti. Espletate queste operazioni non poteva mancare l’ovvio Direttore Generale di nomina politica (Presidenza della Giunta Regionale). Il Consiglio Direttivo, una volta insediato, stabilisce il Piano d’Ambito per le risorse idriche e la gestione dei rifiuti. Il meccanismo, come dicevamo nell’introduzione, è del tutto sovrapponibile a quello messo in piedi per l’AIC.
L’art. 15 del Disegno di Legge esplora l’ambito della “partecipazione”. Il Comitato Consultivo degli Utenti e dei Portatori d’interesse, acronimo CCUP (quasi un soviet ambientalista), ha ampie deleghe consultive ma nessuna decisionale. È un vecchio vezzo della politica quello di stabilire un’ampia partecipazione consultiva salvo poi, sentiti tutti, mantenere le mani libere per decidere autocraticamente. E questo ci sta. D’altronde da una democrazia basata costituzionalmente sulla delega, non si può pretendere l’autogoverno. Quest’ultimo semmai si dovrebbe conquistare.
Gli articoli successivi parlano dell’acquisizione delle azioni di minoranza della SORICAL, in quota Veolia, al costo di 1€/cad. Anche questa, è una vecchia questione mai risolta e che ciclicamente viene riproposta esclusivamente per il ruolo strategico che ricopre questa Spa che gestisce, ormai da quasi un ventennio, l’accumulo, alcuni invasi, le grandi adduzioni e, dunque, la vendita all’ingrosso dell’acqua ai comuni. In ultima analisi, in Calabria, ci potremmo trovare nel breve tempo di fronte a una riacquisizione pubblica delle quote private con un gestore unico rappresentato da una Società per Azioni come la SORICAL riacquisita integralmente dalla Regione. In un territorio con meno di due milioni di abitanti forse potrebbe avere un senso pensare ad un Ambito Territoriale Ottimale unico ma si dovrebbe analizzare con più serietà l’orografia regionale, quindi i suoi bacini idrografici e valutare attentamente la necessità di impostare il servizio partendo dal concetto di prossimità nella gestione dei rifiuti implementando una logistica gestionale all’altezza dei principi espressi sulla carta. Produrre un piano industriale con un semplice copia e incolla, come ha fatto l’AIC nei scorsi mesi, è un’operazione completamente inutile oltreché dispendiosa in termini di denaro pubblico.
Certamente non possiamo che rimanere attenti sui prossimi sviluppi della faccenda ma già si intravedono le linee di completamento del progetto complessivo. Un tempo era noto il famoso gioco da Settimana enigmistica dove unendo i puntini si riusciva a intravedere il disegno nel suo complesso. L’accentramento amministrativo in un unico ente può essere spacciato per una presa di posizione forte contro i disservizi atavici della Regione Calabria ma a noi puzza tanto di allineamento alle logiche del mercato che vede nelle cosiddette multiutilities l’unica possibilità ammessa per la gestione dei servizi a rete. I poteri pubblici continueranno ad essere i facilitatori degli interessi del capitale. Giusto il tempo di ristrutturare le reti ridotte un colabrodo e costruire nuovi impianti di trattamento dei rifiuti – con soldi pubblici naturalmente – per poi consegnare tutto nelle mani di qualche multinazionale per i tanto agognati utili.
La redazione di Malanova