Appunti di Teologia Politica (V)
La vita è oltre l’ordinamento giuridico. I casi “normabili” sono finiti mentre le situazioni vitali restano infinite. Il razionalismo tendente a inglobare tutto in un’immane enciclopedia che, sinotticamente, riuscisse a rinchiudere positivisticamente la vita tra una linea orizzontale e verticale, come in un quadro di Mondrian, deve per forza di cose sottacere la complessità dell’esistente, l’esistenza del caso estremo dello stato di necessità. Se la dottrina, però, può sottacere la questione, la realtà si trova a doverci fare i conti. Storicamente si dava il caso di un attacco improvviso di una potenza straniera, di una rivolta, di una carestia, oggi, dicevamo, l’attualità ci permette di analizzare questo capitolo di teoria con lo stato eccezionale dovuto alla pandemia.
Secondo l’art. 32 della Costituzione italiana: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Chi decide dell’obbligatorietà del trattamento sanitario allora? La disposizione di legge si dice. Chi è il sovrano in un periodo emergenziale così convulso? Il popolo? Il Presidente del Consiglio? Il Parlamento? Il comitato tecnico-scientifico?
In mancanza di una legislazione ad hoc “l’esistenza dello Stato dimostra qui un’indubbia superiorità sulla validità della norma giuridica. La decisione si rende libera da ogni vincolo normativo e diventa assoluta in senso proprio. Nel caso d’eccezione, lo stato sospende il diritto, in virtù, come si dice, di un diritto di autoconservazione. I due elementi del concetto «ordinamento-giuridico» vengono qui in contrapposizione e trovano la loro rispettiva autonomia concettuale” (C. Schmitt, Le categorie del politico, Il Mulino, p. 39).
Il “sovrano crea e garantisce la situazione come un tutto nella sua totalità. Egli ha il monopolio della decisione ultima. In ciò sta l’essenza della sovranità statale, che quindi propriamente non dev’essere definita giuridicamente come monopolio della sanzione o del potere, ma come monopolio della decisione, dove il termine decisione viene usato in un significato generale che dev’essere ancora sviluppato. Il caso d’eccezione rende palese nel modo più chiaro l’essenza dell’autorità statale. Qui la decisione si distingue dalla norma giuridica, e (per formulare un paradosso) l’autorità dimostra di non aver bisogno di diritto per creare diritto” (C. Schmitt, Le categorie del politico cit., p. 40).
“Sarebbe razionalismo conseguente dire che l’eccezione non dimostra nulla e che solo la normalità può essere oggetto di interesse scientifico. L’eccezione confonde l’unità e l’ordine dello schema razionalistico […] Solo una filosofia della vita concreta non può ritrarsi davanti all’eccezione e al caso estremo, anzi deve interessarsi ad esso al più alto grado. Per essa l’eccezione può essere più importante della regola, e non in base ad una ironia romantica per il paradosso, ma con tutta la serietà di un punto di vista che va più a fondo delle palesi generalizzazioni di ciò che comunemente si ripete. L’eccezione è più interessante del caso normale. Quest’ultimo non prova nulla, l’eccezione prova tutto; non solo essa conferma la regola: la regola stessa vive solo dell’eccezione. Nell’eccezione, la forza della vita reale rompe la crosta di una meccanica irrigidita nella ripetizione. Un teologo protestante che ha dimostrato di quale vitale intensità può essere capace la riflessione teologica anche nel XIX secolo, ha detto: «L’eccezione spiega il generale e sé stessa. E se si vuole studiare correttamente il generale, bisogna darsi da fare solo intorno ad una reale eccezione. Essa porta alla luce tutto molto più chiaramente del generale stesso. Alla lunga si rimarrà disgustati dell’eterno luogo comune del generale; vi sono eccezioni. Se non si possono spiegare, neppure il generale è possibile spiegarlo. Abitualmente non ci si accorge della difficoltà poiché si pensa al generale non con passione ma con tranquilla superficialità. L’eccezione al contrario pensa il generale con energica passionalità»” (C. Schmitt, Le categorie del politico cit., p. 41).
“Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”, ricordiamo, afferma Schmitt. Solo a titolo di provocazione, il sovrano in Italia, nella fase del primo lockdown, ha deciso che tutti dovevano vivere tappati in casa e che la circolazione individuale si limitava alla passeggiata intorno al caseggiato, per motivi di salute o per il benessere del proprio cane. Furono sospesi i mercati all’esterno per non creare assembramenti ma non i super e ipermercati al chiuso. Si sospesero le partite di volley dove 5+5 persone giocano senza neanche toccarsi, ma si ricominciò a giocare presto negli stadi da calcio – chiusi al pubblico ma non alle pay tv – 11 contro 11 e toccandosi un bel po’. Il top si è avuto con la decisione della chiusura delle scuole: i bambini non potevano andare a scuola, anche se allora si diceva che il virus non li aggredisse più di tanto, ma gli operai pendolari potevano, anzi dovevano, recarsi in fabbrica su treni stracolmi, stretti stretti, gomito a gomito, per non fermare l’economia. Certo muniti di mascherina! Non andate sulla spiaggia, intimavano, a fare una passeggiata (memorabili sono i video dei carabinieri che con i fuoristrada fermavano i fruitori ribelli ma isolati della battigia) ma potete tranquillamente affollare il Billionaire di Briatore. Un ritornello che continua ai nostri giorni: non si può fermare l’economia! Anche la decisione presa dai tecnici ed accolta dal sovrano non è mai e, in fondo non potrà mai essere, un tecnicismo super partes.
Chi è dunque il sovrano oggi che decide sullo stato di eccezione? Il popolo? La democrazia parlamentare? Draghi? Il Presidente della Repubblica?
“La tradizione degli oppressi ci insegna che lo ‘stato d’eccezione’ in cui viviamo è la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda a questo. Allora ci starà davanti, come nostro compito, di suscitare il vero stato d’eccezione, migliorando così la nostra posizione nella lotta contro il fascismo” (W. Benjamin, Sul concetto di storia, in Id., Opere complete, VII, Einaudi, p. 486).
Lo stato d’eccezione è in realtà la regola ed è in mano ai vincitori, afferma Benjamin. Nell’eccezione, la forza della vita reale rompe la crosta di una meccanica irrigidita nella ripetizione, risponde Schmitt. Questa meccanica è quella della nostra vita che scorre nella coazione a ripetere giorno dopo giorno il dramma dell’oppressione sperando in un futuro migliore che non si capisce da chi debba essere imposto. Nel frattempo il sovrano decide sullo stato d’eccezione e il sovrano non è certamente quel popolo che detiene costituzionalmente la sovranità!
La redazione di Malanova
I precedenti contributi:
Appunti di Teologia Politica (I) – LA POLITICA COME PENSIERO SCORRETTO
Appunti di Teologia Politica (II) – SPAZZOLARE LA STORIA CONTROPELO
Appunti di Teologia Politica (III) – GLI ALBERI DEL BOSCO ANDARONO PER UNGERSI UN RE
Appunti di Teologia Politica (IV) – SOVRANO È CHI DECIDE SULLO STATO DI ECCEZIONE (I)