Appunti sulla Teologia Politica (I)
Avverte Macario l’egiziano nelle sue Omelie spirituali: «Quelli dunque che tengono discorsi spirituali senza aver gustato ciò che dicono assomigliano a un uomo che attraversa una pianura deserta sotto un cielo afoso e, tormentato dalla sete, raffigura una sorgente d’acqua e ritrae se stesso nell’atto di bere, e intanto le sue labbra e la sua lingua sono riarse dalla sete; oppure a uno che parlando del miele sostiene che è dolce sebbene, non avendolo gustato, non ne sappia valutare la dolcezza».
Trasponendo il testo teologico all’agire politico, verrebbe da dire che tutti oggi parlano di politica senza averne gustato l’amarezza. Se ne parla nei bar, se ne discute nelle nuove piazze virtuali del web, si pratica, in mancanza d’altro, alla “vecchia maniera” tra uno slogan e uno striscione sulla base del “si è sempre fatto così”. Ma non si fa politica, non la si vive, semplicemente se ne discute distrattamente e spesso astrattamente.
«La mia idea di politica – avverto – pensa per capire, ma capisce per cambiare» (M. Tronti, Il nano e il manichino. La teologia come lingua della politica, Roma, Castelvecchi, 2015, p. 8).
Oggi la politica – ma forse è sempre stato così con coloriture e pesi diversi – è un mero strumento, uno come tanti, che si usa per l’accumulazione. Ci sono finti governi che la usano per favorire l’accumulazione del capitale nelle mani dei grandi gruppi finanziari fingendo interesse per gli emarginati. Ci sono finti collettivi che la usano per accumulare like sui social. Ci sono finti leader che la usano per accumulare notorietà e seguito fino ad approdare alla tanto agognata e ben pagata poltrona. Ma, più che il salario, è la vanità a prevalere attraverso la montagna di selfie concessi dall’attuale tecnologia digitale. Tutto esiste se si comunica, se appare, e ciò che è comunicato piace, e piace se non lede lo status quo, se non disturba la coscienza personale.
«La politica è per sua natura – per la sua natura moderna – un comportamento di pensiero e di azione scorretto rispetto alla Storia: perché si contrappone ad essa, non accetta il suo corso e si propone di deviarlo» (M. Tronti, Il nano e il manichino cit., p. 8).
«Il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Matteo 11,12).
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra: sono venuto a portare non pace, ma spada!» (Matteo 10,34).
La politica, dunque, è un’arte difficile e non una semplice tecnica. Non basta l’euroburocrate onesto e laureato alla Bocconi per “pilotare” la macchina collettiva in favore dei molti. La secolarizzazione delle idee teologiche, che passano dall’impresa razionalistico-illuminista a quella materialistico-storica di Marx, avviene: «sotto l’enorme suggestione di sempre nuove, sconvolgenti scoperte e conquiste, sorge una religione del progresso tecnico. Per le grandi masse dei paesi industrializzati la fede nel miracolo e nell’aldilà si trasformò in una religione del miracolo tecnico. “In tal modo una religiosità magica trapassa in un tecnicismo altrettanto magico. Il XX secolo appare così, fin dall’inizio, come il secolo non solo della tecnica, ma anche di una fede religiosa nella tecnica”» (M. Tronti, Il nano e il manichino cit., p. 11).
«Oggi non c’è nulla di più moderno della lotta contro la politica. Finanzieri americani, tecnici industriali, socialisti marxisti e rivoluzionari anarco-sindacalisti si uniscono nel chiedere che venga messo da parte il dominio non obiettivo della politica sulla obiettività della vita economica. Oramai devono esistere solo compiti tecnico-organizzativi e sociologico-economici, ma non problemi politici. Il tipo oggi dominante di pensiero tecnico-economico non consente nemmeno più di percepire un’idea politica. Lo Stato moderno sembra essere diventato ciò che Max Weber vide in esso: una grande fabbrica» (Carl Schmitt, Le categorie del “politico”, pp. 84-85, citato in M. Tronti, Il nano e il manichino cit., pp. 15-16).
Questo è oggi, agli occhi dei contemporanei, il ruolo sacerdotale di Mario Draghi: mediare tra il popolo e la Troika iperuranica per placare la collera di questa nuova deità anche sopportando qualche sacrificio umano. La politica come flusso di idee antagonistiche allo scorrere della storia non esiste più. È stata soppiantata dalla tecnica, obiettiva e neutrale, capace di analizzare asetticamente i fatti per orientarli al meglio (non si dice a favore di chi ovviamente!). Il filosofo odierno ritorna a essere colui che, accettando il mondo così com’è, lo analizza semplicemente e vi si conforma. Ritorna qui prepotentemente il Marx della critica a Feuerbach attraverso la filosofia della prassi, come la definì Gramsci, da sancire solo nella pratica rivoluzionaria.
Questo il flusso da invertire. Non basta il sacerdote-burocrate, non basta la tecnica con la promessa di un continuo e lineare progresso verso la perfetta città dell’uomo, ma non basta neanche la metafisica di una rivoluzione repentina e violenta che faccia il reset di tutte le questioni per generare in un attimo e automaticamente il sistema perfetto. Il sol dell’avvenire non si accende attraverso un interruttore. Occorre ancora prima una rivoluzione spirituale, la trasformazione dell’abc delle idee oggi egemoniche, che trasformi l’uomo nel suo intimo e lo renda cosciente delle sue possibilità e del suo veritiero posto nel mondo e nella polis dopo le violenze secolari, le offese razionali e i peccati tecnocratici. In primis bisogna pensare, dice Tronti, per capire e capire per cambiare. Questa è la politica. Tutto il resto è noia massmediale inconsistente e fumosa.
E allora iniziamo a conoscere per capire e per cambiare. «La terza parte – quella che porta il titolo specifico di Teologia politica (di Carl Schmitt, n.d.r.) – si apre con la decisiva, fondativa, definizione già richiamata: “Tutti i concetti più pregnanti della moderna teoria dello Stato sono concetti teologici secolarizzati”. Il moderno ha considerato come l’essenziale superamento del passato il trasferimento concettuale dal teologico al politico. Il Dio onnipotente diventa l’onnipotente legislatore. Lo stato d’eccezione acquista per la giurisprudenza un significato analogo al miracolo» (M. Tronti, Il nano e il manichino cit., pp. 11-12).
Basta pensare alla mistica della legalità per comprendere fino a che punto questi concetti sono diventati “pane quotidiano”, carne delle masse. Il mondo è ormai disincantato dal Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, ma si è sottoposto a un nuovo incanto mistico-religioso che questa volta passa da un’erronea e sovrabbondante stima per le capacità salvifiche di una certa razionalità tecnica pilotata da un élite umana formata da informatici, medici, economisti e manager: i sommi sacerdoti, gli unici abilitati a entrare nel Santo dei Santi del nuovo tempio mondiale. La soteriologia è passata, nel pensiero contemporaneo, da una salvezza etero-gestita a una autogestita e fai da te; dal Paradiso generato eternamente nei cieli a quello creato momentaneamente e ipoteticamente sulla terra (e solo per pochissimi). Dalla morale ascetica a quella iper-edonistica. Dalle estasi divine a quelle farmaceutiche o da realtà aumentata. Chi ci disincanterà ancora una volta da questa legatura magica magari per reincantarci in una nuova visione del politico? Chi ci libererà dalle sirene incantatrici che ci promettono i nostri 15 minuti di celebrità o di godimento per ritornare a un anonimato dignitoso e collettivo capace di redistribuire le responsabilità della polis e abbattere la finzione della delega ai tecnici?
«L’effetto naturale [della società moderna] è di fare in modo che ogni individuo sia il suo proprio centro. Ma quando ciascuno è il centro di se stesso tutti sono isolati. Quando tutti sono isolati, non c’è che polvere. Quando arriva la tempesta la polvere diventa fango» (Benjamin Constant, De la religion, citato in M. Tronti, Dello spirito libero, Milano, il Saggiatore, 2015).
La redazione di Malanova