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ACQUA. LA MUNICIPALIZZATA DI PARIGI, AD ESEMPIO

Coperta dalle risse elettorali, la questione della gestione dell’acqua calabrese continua il suo percorso accidentato tra le sponde della Regione da una parte, e quelle dell’Autorità Idrica della Calabria (AIC) e della Sorical, dall’altra. Il dato che appare scontato, proclamato da tutte le parti come certo, è la ripubblicizzazione della gestione del liquido blu. Lo scontro però, tra il movimento dell’acqua e i diversi enti, è tutto sulle forme di governo del servizio idrico integrato dunque riconducibile all’interpretazione giuridica del concetto di ripubblicizzazione. 

Nessun dubbio per l’Autorità Idrica: occorre una SpA a totale capitale pubblico (dunque un soggetto di diritto privato). Tocca solo stabilire se creare un nuovo carrozzone oppure restaurare quello vecchio della Sorical, ammesso che sia a buon punto la risoluzione dell’annoso contenzioso con il partner privato – la multinazionale francese Veolia – che intanto, diversi anni fa, ha deciso unilateralmente di abbandonare la Calabria prima che l’intera nave affondasse. I tecnici regionali, quelli dell’AIC e l’amministrazione della Sorical sono compatti nell’affermare che le regole europee non consentono la gestione dell’acqua attraverso, ad esempio, un’azienda speciale, quindi con un soggetto di diritto pubblico come vorrebbe il movimento dell’acqua. Ad ogni modo la debolezza di quest’ultimo e lo stato di caos che regna negli apparati del potere regionale, permettono alle lobby dei servizi a rete di spingere i decisori politici verso un soggetto industriale unico attraverso il quale provare a centrare il grande progetto delle cosiddette multiutilities.

Non è un caso che una richiesta di accelerazione in tale direzione viene direttamente dall’ARERA che vincola l’accesso alle risorse del PNRR se alcuni “fattori abilitanti” saranno messi al centro del processo di industrializzazione del servizio idrico: […] rispetto alla situazione peculiare che caratterizza il Sud Italia, che pone la necessità di un intervento centrale finalizzato a “rafforzare il processo di industrializzazione del settore (favorendo la costituzione di operatori integrati, pubblici o privati, con l’obiettivo di realizzare economie di scala e garantire una gestione efficiente degli investimenti e delle operazioni)” e alla risoluzione del problema del citato water service divide tra Centro-Nord e Mezzogiorno. In coerenza con tale obiettivo, la presenza di un ente di governo d’ambito pienamente operativo ed il completamento delle procedure di affidamento del servizio ad un gestore integrato nel proprio territorio costituiranno un fattore abilitante per l’allocazione delle risorse del PNRR e per l’efficace implementazione degli interventi selezionati[1].

In una recente nota del Ministero della transizione ecologica dal titolo “PNRR – Proposte di interventi da ammettere a finanziamento” vengono, inoltre, specificati i dati numerici dei fattori abilitanti rimarcando, a loro modo di vedere, l’ineluttabilità dei processi industriali: […] il PNRR prevede che il 70% delle risorse riguardanti l’investimento in parola siano assegnate ai singoli progetti per i quali l’affidamento del servizio idrico integrato interviene o sia intervenuto entro settembre 2021 mentre il restante 30% ai singoli progetti per i quali l’affidamento interviene entro giugno 2022 (scadenza quest’ultima inderogabile e indifferibile). […] Preme altresì evidenziare che nell’ambito del negoziato e del definitivo PNRR sono state introdotte ulteriori condizioni ritenute necessarie ai fini dell’allocazione delle risorse. Per gli interventi riguardanti il servizio idrico integrato è necessario che vi sia l’avvenuta costituzione degli Enti di Governo di Ambito e l’avvenuto affidamento del Servizio Idrico Integrato a soggetti industriali adeguatamente strutturati, efficienti e affidabili aventi adeguata capacità gestionale e in grado di conseguire le previsioni di spesa e di realizzazione degli interventi nei tempi e nei modi imposti dal PNRR.

Ritornando al documento dell’Arera, nel richiamare letteralmente il testo del PNNR, suggerisce un intervento commissariale da parte dello Stato, visto che “precedenti esperienze dimostrano che nel Mezzogiorno l’evoluzione autoctona del sistema non è percorribile senza un intervento centrale finalizzato alla sua risoluzione”. Il commissariamento del sistema idrico, come per il ciclo dei rifiuti o per la sanità, è una pratica di gestione della crisi strutturale di un sistema che, in affanno, cerca di ristrutturarsi attraverso la centralizzazione dei luoghi del potere e decisionali mettendo ulteriormente fuori gioco quel che resta delle forme di governo di prossimità come i consigli comunali e regionale.

Considerata la fretta di risolvere il problema dell’affidamento della gestione del sistema idrico integrato e l’incapacità sostanziale dei decisori politici, il nostro suggerimento alle parti in disputa è quello di guardare ad alcuni modelli esistenti da più di un decennio nella vicina Francia e più precisamente nella sua capitale.

In un articolo in cui si analizza il fallimento della privatizzazione del sistema idrico britannico si afferma che: “Parigi è un esempio di come funziona in pratica. Dopo anni di aumenti dei prezzi sotto un sistema idrico controllato dai giganti globali Suez e Veolia, il sindaco Bertrand Delanoë ha proposto la rimunicipalizzazione dell’acqua. Nel 2008, la città ha trasferito i servizi idrici da Suez e Veolia all’Eau de Paris di proprietà pubblica. Da allora, i prezzi dell’acqua a Parigi sono scesi al di sotto della media nazionale, risparmiando circa 76 milioni di euro in bolletta dell’acqua dal 2011-2015. Invece di pagare dividendi agli azionisti, Eau de Paris reinveste i profitti nel sistema. Ha aumentato l’accesso gratuito all’acqua e ai servizi igienico-sanitari oltre a mantenere le riserve idriche per coloro che vivono in alloggi occupati ”[2].

Il sistema idrico inglese è stato privatizzato nel 1989. L’ondata neoliberale che in quel periodo ha colpito i beni comuni un po’ ovunque ha creato danni enormi. Durante il primo decennio di privatizzazione a Londra le bollette dell’acqua delle famiglie sono aumentate del 147% dimostrando che privatizzare i monopoli naturali è una pessima idea anche dal punto di vista economico: “La Thames Water ha una storia dubbia di travasi di profitti scaricando acque reflue tossiche. Ogni anno, 39 milioni di tonnellate di acque reflue si fanno strada nel fiume di Londra. Dopo che il regolatore idrico britannico Ofwat ha colpito la società con una multa record di 20 milioni di sterline nel 2017, Thames Water ha promesso di cambiare direzione. Ha eletto un nuovo amministratore delegato e ha affermato che avrebbe smesso di scaricare rifiuti non trattati”[3].

Ritorniamo a Parigi. L’Eau de Paris, società municipalizzata, serve 3 milioni di utenti con un’erogazione di 184 milioni di mc d’acqua potabile nel 2019. Sottolineiamo come questa azienda pubblica gestisca il servizio per una popolazione molto superiore a quella dell’intera Calabria e con ottimi risultati. Eau de Paris si occupa di tutto il ciclo idrico: protezione dei bacini, produzione, trasporto, distribuzione, monitoraggio della qualità dell’acqua e relazione con utenti e iscritti.

“La città di Parigi ha così ripreso il pieno controllo pubblico dell’acqua al fine di garantire una gestione rigorosa, trasparente ed efficiente al servizio dei parigini. Eau de Paris è uno stabilimento industriale pubblico e commerciale (EPIC) con personalità giuridica e autonomia morale e finanziaria”[4].

La strutturazione della governance punta molto sulla partecipazione e sulla trasparenza attraverso la composizione dello stesso consiglio di amministrazione e con la creazione ad hoc di un osservatorio esterno. Il consiglio di amministrazione di Eau de Paris è composto da 18 persone: tredici consiglieri di Parigi, due rappresentanti del personale, due rappresentanti di associazioni, un membro dell’Osservatorio dell’acqua di Parigi e, in più, due consulenti senza diritto di voto (uno scienziato e uno specialista in questioni di democrazia locale). L’Osservatorio dell’acqua parigina (OPE) è un forum di partecipazione aperto ai portatori d’interesse dell’acqua. È uno strumento partecipativo di scambio e confronto di punti di vista di natura consultiva. L’OPE è un organismo extracomunale creato nel 2006 che assiste l’esecutivo parigino nella sua riflessione sui temi dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari a Parigi; emette pareri consultivi per informare sulla sua azione in questo settore, in particolare al fine di soddisfare le aspettative degli utenti. L’Osservatorio è composto da membri che hanno presentato domanda e diviso in quattro collegi di esperti: 1) rappresentanti eletti: rappresentanti dei municipi distrettuali e dei gruppi politici del Consiglio di Parigi; 2) rappresentanti degli utenti dell’acqua parigini: associazioni di consumatori, inquilini o protezione ambientale, organizzazioni di proprietari e gestori di proprietà, proprietari sociali, associazioni, grandi consumatori di acqua, organizzazioni professionali, sindacati dipartimentali; 3) soggetti parigini e istituzionali nei settori acqua, ambiente, salute e affari sociali, con un rappresentante per ciascuna delle seguenti organizzazioni (Eau de Paris, SIAAP, EPTB Seine Grands Lacs, Agence de l’Seine-Normandy water, DIREN, ecc.); 4) università o enti di ricerca specializzati in questioni idriche e igienico-sanitarie (CNRS, INRA, ecc.). Dal 2013, l’OPE è presieduta da una personalità esterna alla Città di Parigi e uno dei membri viene eletto come rappresentante per partecipare, come già detto sopra, al consiglio di amministrazione di Eau de Paris. Fin dalla sua creazione, l’Osservatorio ha partecipato a diverse azioni: consulenza, studio dei carichi idrici, sessioni plenarie sulle risorse idriche e sui nuovi paesaggi dell’acqua[5].

L’acqua a Parigi, capitale europea dove, crediamo, si applicheranno le norme comunitarie, è stata rimunicipalizzata con una governance trasparente e partecipata. In Francia hanno adottato il pensiero che informava l’italianissimo referendum per l’acqua vinto nel 2011 ma tutto ciò evidentemente i vertici della Regione, dell’AIC e della Sorical lo ignorano o, per lo meno, fingono di ignorarlo. D’altronde è bene anche ricordarlo, in assenza di una soggettività che riesca ad imporre, attraverso le lotte, una visione nuova di gestione del ciclo delle acque, dentro un quadro molto più ampio di controgestione del territorio e delle sue risorse, i concetti di trasparenza e partecipazione assumono una dimensione di compatibilità e il piano dello scontro non può che attestarsi su un timido confronto tra le parti che, in tutta evidenza, continua a non produrre nessun cambiamento reale.

La redazione di Malanova

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NOTE

[1] Autorità di Regolamentazione per Energia Reti e Ambiente, Segnalazione 331/2021/I/IDR, 27 luglio 2021. Il documento è consultabile al seguente URL: https://www.arera.it/allegati/docs/21/331-21.pdf

[2] H. O’Brien, Our privatised water system has failed – it’s time to look for alternatives, openDemocracy, 25 giugno 2018. L’articolo è consultabile al seguente URL: https://neweconomics.opendemocracy.net/privatised-water-system-failed-time-look-alternatives/ 

[3] Ibidem.

[4] Ville de Paris, RAPPORT ANNUEL 2019. Sur le prix et la qualité du service public d’eau potable et d’assainissement. Il documento è consultabile al seguente URL: https://cdn.paris.fr/paris/2020/12/01/b6218523fdadef60d2933b56803d2c95.pdf.

[5] Obserbatoire parisien de l’eau, Gouvernance, 2019. Il documento è consultabile al seguente URL: http://www.observatoireparisiendeleau.fr./articles/296.

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