Come ogni anno, l’8 aprile si celebra la Giornata internazionale dei rom, sinti e camminanti. Una Giornata che dovrebbe servire a sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica contro il razzismo subìto ancora oggi da donne e da uomini anche in quanto gruppo culturale. Nell’Europa che ha ideato e sviluppato come sua struttura sociale il razzismo moderno, i diversi gruppi rom, a partire dal XV secolo, sono stati colpiti dal razzismo in diversi modi: le azioni di sterminio come quelle del nazi-fascismo e già attuate dal 1400 al 1700, la schiavitù negli stati rumeni per circa 500 anni, le azioni di durissima persecuzione ed emarginazione e l’ odierna esclusione sociale con la negazione dei diritti fondamentali. Le dinamiche del razzismo moderno sono state applicate nel corso dei secoli in modo esemplare sui diversi gruppi rom attraverso efficaci azioni di “inferiorizzazione” e “disumanizzazione” che ancora oggi, come in passato, servono per “giustificare” ogni tipo di azione contro di loro: lo sterminio e la schiavitù ieri, ogni tipo di persecuzione, di emarginazione e negazione dei diritti fondamentali oggi.
Le azioni di “inferiorizzazione-disumanizzazione” nel caso dei rom sono state e sono ancora oggi tanto efficaci ed esemplari da far diventare queste persone agli occhi dell’opinione pubblica dei perfetti “stranieri” (anche quando sono presenti da secoli su un territorio), la cui cultura viene rappresentata come “completamente diversa ed incompatibile” con quella del resto della comunità. Con queste premesse, il processo di “inferiorizzazione” ha potuto rappresentare come “impossibile la convivenza” con loro, mentre questo non è vero, presentando la loro emarginazione non solo come un atto “giustificato”, ma anche come l’unico possibile o addirittura come una loro “scelta culturale”. La “disumanizzazione” di queste persone è stata ed è, purtroppo, anche un espediente che li ha trasformati anche in un perfetto “capro espiatorio”, tuttora utile a nascondere le colpe della politica e addebitarle alle persone di cultura rom.
Il razzismo moderno, nel corso dei secoli, ha sviluppato e sperimentato con i gruppi rom l’efficacia di una grande varietà di pratiche, consentendo di applicarle successivamente ad altri gruppi sociali subalterni. Difatti il vocabolario razzista mette in chiara evidenza la grande esperienza effettuata dal razzismo moderno sui rom. Essere indifferenti, come spesso succede, verso il razzismo subìto da queste persone è un’ingiustizia e non è conveniente, perché questo trattamento può riguardare tutti i gruppi subalterni, ai quali in molti siamo destinati a farne parte, oggi e nel prossimo futuro.
Ma nonostante la forza che ancora oggi esercita il razzismo, le iniziative di contrasto hanno riportato qualche risultato, producendo anche un effetto collettivo. A questo proposito vale la pena ricordare che negli ultimi 20 anni nel territorio della città Metropolitana di Reggio Calabria l’impegno di un gruppo di volontari e delle stesse persone rom ha consentito di superare una parte della grave emarginazione abitativa subita da queste persone. Tutto è partito dalla richiesta delle famiglie rom di inclusione nella società abitando equamente dislocate accanto alle famiglie non rom e non più concentrati. Questa attività ha consentito, dopo decenni di grave emarginazione nelle baraccopoli, di vedere riconosciuto il diritto, per una parte delle famiglie rom, all’assegnazione di alloggi popolari, in equa dislocazione accanto ad altre famiglie non rom, garantendo l’avvio di un processo di inclusione sociale negato per troppo tempo. Nella città di Reggio Calabria, oggi, circa 130 famiglie rom (circa il 40% di tutti i nuclei familiari rom) vivono in equa dislocazione abitativa e dopo una lunga storia di ghettizzazione hanno raggiunto discreti risultati di inclusione sociale. Nella cittadina di Melito di Porto Salvo, oggi, 33 famiglie (il 78% dei nuclei familiari rom) vivono in equa dislocazione anche loro con soddisfacenti risultati di inclusione sociale.
Queste parziali vittorie hanno contribuito a sviluppare la consapevolezza dell’emarginazione abitativa subita dalle “classi subalterne” con il loro concentramento in quartieri ghetto e del superamento di questa condizione attraverso l’equa dislocazione abitativa che favorisce l’inclusione sociale. Da queste consapevolezze, dall’esperienza maturata con le famiglie rom e dalle loro richieste di equa dislocazione si è sviluppata nella città di Reggio Calabria un’azione per il diritto alla casa rivolta a tutte le famiglie in disagio abitativo con il diretto coinvolgimento delle persone interessate.
*Un Mondo Di Mondi (RC)