Si sta svolgendo il primo sciopero della filiera italiana ed europea di Amazon. Un evento senza precedenti nella logistica, tanto quella nostrana quanto in quella europea. Le lavoratrici e i lavoratori hanno incrociato le braccia per chiedere diritti, tutele e garanzie. I confederali, seguiti anche da alcune sigle autonome, hanno concretizzato oggi, uno sciopero generale unitario di 24 ore delle categorie nazionali dei trasporti che riguarderà gli addetti hub e consegne della filiera Amazon.
lo sciopero si ricollega ad una “piattaforma rivendicativa” del patronato, nella quale viene manifestata l’esplicita volontà di cancellare buona parte delle conquiste che sono state il frutto delle lotte degli ultimi dieci anni. Il mondo della logistica vuole rinnegare gli accordi sottoscritti, con le seguenti richieste che vanno dalla riduzione dei diritti sindacali, al taglio delle integrazioni per malattia, dall’ aumento della flessibilità’ attraverso lo “staff leasing” ad ulteriore regolamentazione del diritto di sciopero e alla tanto agognata mano libera nella disdetta di accordi di secondo livello.
Tra le rivendicazioni sindacali alla base dello sciopero, spiegano Cgil e Filt, “La verifica dei carichi e dei ritmi di lavoro imposti, la verifica e la contrattazione dei turni di lavoro, la riduzione dell’orario di lavoro dei driver, la clausola sociale e la continuità occupazionale per tutti in caso di cambio appalto o cambio fornitore, la stabilizzazione dei tempi determinati e dei lavoratori interinali ed il rispetto delle normative sulla salute e la sicurezza”.
“Al gigante dell’e-commerce americano chiediamo di dare in tempi rapidi risposte alle questioni poste, perché – concludono Cgil e Filt – alle lavoratrici e ai lavoratori vanno riconosciuti subito diritti e tutele”.
Nel frattempo la pandemia ha regalato a livello mondiale una vertiginosa crescita nei ricavi delle economie di piattaforma che per Amazon si è concretizzata nell’assunzione di 437.000 nuovi addetti. Negli ultimi mesi del 2020 i ricavi per il colosso dell’e-commerce sono cresciuti del 197% e il fondatore, Jeff Bezos, ha visto il suo patrimonio aumentare da 113 a 192 miliardi di dollari tra marzo e ottobre.
Di contro, secondo il “Corriere”, negli ultimi 10 anni in Europa, solo nell’elettronica, tra negozi e punti vendita, sono scomparsi 200 mila posti, ha rilevato Eucer, l’associazione delle insegne di largo consumo tra cui Trony, Mediaworld, Unieuro ed Euronics (qui l’inchiesta del 2020 di Milena Gabanelli e Fabio Savelli). Più volte il presidente Hans Carpels ha affermato che “solo una parte di essi è stata riassorbita, e almeno 150mila sono rimasti disoccupati”.
In Italia l’intera filiera Amazon conta circa 40 mila lavoratori tra diretti e corrieri.
“I drivers che consegnano materialmente la merce − spiegano i sindacati − arrivano a fare anche 44 ore di lavoro settimanale e molto spesso per l’intero mese, inseguendo le indicazioni di un algoritmo che non conosce né le norme di regolazione dei tempi di vita e di lavoro, né tantomeno quelli del traffico delle nostre città. Si toccano punte di 180/200 pacchi consegnati al giorno. Dentro i magazzini si lavora 8 ore e mezza con una pausa pranzo di mezz’ora”.
In effetti, al di là del numero di ore, quello che è intollerabile è il ritmo di lavoro dettato dall’algoritmo. Tempi strettissimi per effettuare operazioni standardizzate e monotone che non prevedono molti spazi per tirare il fiato. In realtà, sempre più, il lavoratore è funzionale alla macchina, un pezzo di quel software che in un futuro prossimo potrebbe sostituire buona parte del contributo umano alla produzione di beni e servizi. D’altronde, è facile comprendere come sia ancora una volta sull’innovazione che il capitale tenti di vincere la battaglia.
La Redazione di Malanova