Riprendiamo il nostro lavoro di approfondimento sull’inchiesta e la conricerca proponendo ai nostri lettori alcuni spunti di riflessione intorno a L’inchiesta operaia (1880) scritta da Karl Marx circa tre anni prima della sua morte. Proprio perché non è certamente un’opera che indaga eventi storico-sociali ben specifici, L’inchiesta è rimasta ai margini degli studi marxisti. Per molti rimane un semplice tentativo di redigere un questionario sulle condizioni di lavoro e di vita degli operai francesi alla fine dell’Ottocento, ma in realtà Marx dà a questo strumento un’importanza specifica che va ben oltre la contingenza e il valore puramente descrittivo attribuito da una certa scienza sociale di natura positivistica. L’approccio marxiano all’inchiesta non scinde l’esistente empirico dal suo carattere critico, il cui ordine è soggetto tanto a rapporti di forza quanto al loro rovesciamento (R. M. Chesta, Sul campo. L’inchiesta operaia di Marx: comprendere il mondo per cambiarlo, 2018, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli). Di conseguenza è una metodologia che non separa teoria e prassi, ma le considera parti di un unico movimento dialettico che agisce nella storia.
L’inchiesta assume, pertanto, un valore strettamente scientifico e critico avendo come orizzonte d’azione un programma radicale di trasformazione dell’esistente a partire dallo svelamento dell’ordine non naturale del mondo sociale, ben sintetizzato nell’Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, già nel 1844: «Essere radicali significa cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso».
Nelle istruzioni, scritte da Marx nel 1867 e rivolte ai delegati del Consiglio Centrale Provvisorio dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, si avanza l’idea della necessità di un lavoro di inchiesta sulla condizione della classe operaia: “Un’inchiesta statistica sulla situazione delle classi lavoratrici di tutti paesi, condotta da parte dei lavoratori stessi” utile per elaborare un lavoro scientifico e soprattutto per divulgare la condizione operaia a livello internazionale al fine di “reagire agli intrighi dei capitalisti sempre pronti, in caso di scioperi e serrate, all’uso perverso dei lavoratori stranieri come strumento contro quelli locali”, “far agire come fratelli e compagni i lavoratori di diversi paesi nell’esercito dell’emancipazione”.
Il lavoro d’inchiesta, in realtà, non partì nonostante la riproposizione in diversi congressi dell’A.I.L., ma si realizzò successivamente quando nel 1880 un gruppo di militanti, che poi costituirà il nucleo fondativo del Parti ouvrier francese, promossero un questionario sulla condizione operaia in Francia che fu redatto dal Moro e divulgato attraverso la Revue socialist.
Successivamente, Jules Guesde, leader del movimento proletario francese, insieme a Paul Lafargue, che sposò Laura, la seconda figlia di Marx, chiesero all’autore del Manifesto di stendere il programma politico elettorale dello stesso Parti ouvrier.
Da una lettera di Marx indirizzata a Friedrich Albert Sorge possiamo cogliere alcune sfumature interessanti sul pensiero politico marxiano e l’utilizzo di strumenti come l’inchiesta operaia. Ritorniamo al testo dell’inchiesta.
Nessun governo (monarchico o repubblicano borghese) ha osato intraprendere una inchiesta seria sulla situazione della classe operaia francese. Ma, in cambio quante inchieste sulle crisi agricole, finanziarie, industriali, commerciali, politiche! Le infamie dello sfruttamento capitalistico rivelate dall’inchiesta ufficiale del governo inglese, e le conseguenze legali che queste rivelazioni hanno prodotto (limitazione della giornata legale di lavoro a dieci ore, legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli, ecc.), hanno reso la borghesia francese ancora più timorosa dei pericoli che potrebbe presentare un’inchiesta imparziale e sistematica. In attesa di poter portare il governo repubblicano a imitare il governo monarchico dell’Inghilterra, ad aprire una vasta inchiesta sui fatti e misfatti dello sfruttamento capitalistico, noi tenteremo, con i deboli mezzi di cui disponiamo, di cominciarne una. Speriamo di essere sostenuti, nella nostra opera, da tutti i lavoratori delle città e delle campagne, i quali comprendono che essi soli possono descrivere con piena cognizione di causa, i mali che li colpiscono; che essi soli, e non dei salvatori provvidenziali, possono applicare energicamente rimedi alle miserie sociali di cui soffrono; contiamo anche sui socialisti di tutte le scuole che, volendo una riforma sociale, devono volere una conoscenza esatta e positiva delle condizioni in cui lavora e si muove la classe operaia, la classe a cui appartiene l’avvenire. Questi Quaderni del lavoro sono la prima opera che s’impone alla democrazia socialista per preparare il rinnovamento sociale.
Dunque, per Marx, l’inchiesta non è una mera raccolta scientifica di dati e opinioni della e sulla classe operaia. Non è inchiesta fatta in laboratorio da scienziati e sociologi, ma direttamente “condotta da parte dei lavoratori stessi”. L’inchiesta, come aveva dimostrato quella condotta dal governo inglese, genera conoscenza e consapevolezza da una parte, ma soprattutto lotta per l’emancipazione, dall’altra. In effetti, l’inchiesta da condurre in Francia in maniera “artigianale”, attraverso il lavoro dei militanti socialisti e degli operai, mirava a essere uno strumento capace di alzare la temperatura sociale fino al punto di ebollizione, così come Marx aveva potuto annotare nel caso inglese dove l’inchiesta governativa aveva acceso la conflittualità sociale sfociata poi nel miglioramento delle condizioni della classe lavoratrice.
Bisogna partire dall’inchiesta, allora, per capire lo stato di avanzamento della coscienza della classe operaia, anche per evitare di prendere abbagli e di metterle in bocca parole d’ordine posticce. E proprio qui è utile riprendere il testo della lettera a Friedrich Albert Sorge sempre del 1880. All’amico e corrispondente, Marx illustra le sue ultime fatiche. Parla certo del questionario, ma si sofferma soprattutto sul programma politico redatto per il Parti ouvrier francese:
Poco dopo è venuto Guesde a Londra per scrivere qui con noi (Engels, Lafargue e me) un programma elettorale per i lavoratori per le prossime elezioni generali. Nonostante la nostra protesta, Guesde ritenne necessario imporre alcune inezie ai lavoratori francesi, come il salario minimo stabilito per legge, ecc. (Gli ho detto: se il proletariato francese è ancora così infantile da aver bisogno di tali lusinghe, non vale neppure la pena di formulare un qualsiasi programma). Salvo ciò, questo brevissimo documento, oltre a poche righe introduttive nelle quali viene definito il fine comunista, è composto nella sua parte economica soltanto di rivendicazioni che sono nate realmente in modo spontaneo dallo stesso movimento dei lavoratori. È stato un colpo, riportare i lavoratori francesi dalle nubi della loro retorica sul terreno della realtà, perciò ha provocato anche molto scandalo tra tutti gli impostori francesi, che vivono delle “vendite di fumo”. Il programma è stato approvato, dopo una opposizione fortissima degli anarchici, soprattutto nella regione centrale, cioè Parigi e dintorni, più tardi in molte altre sedi di lavoratori.
Inutile, pare dire Marx, mettere in bocca al popolo lavoratore slogan e programmi che non hanno nessuna radice nel pensiero intimo della classe che magari si trova, nella realtà, in uno stato di infantilismo politico. Questo atteggiamento è proprio:
delle sette, le quali ricevevano naturalmente la loro parola d’ordine dal fondatore della setta, mentre la massa del proletariato seguiva i borghesi radicali, o che facevano i radicali, e nel giorno della decisione combatteva per loro, per essere poi massacrata, deportata, ecc. il giorno dopo da quelli che essa aveva fatto giungere al potere.
Questa, allora, l’importanza del lavoro di inchiesta: non imporre un programma politico utopistico dall’alto, ma scavare nella materialità, nella carne del vissuto popolare.
Fare inchiesta, come Marx aveva intuito all’epoca, significa porre con lucidità e rigore lo sguardo dentro le condizioni materiali della classe per svelarne la natura socialmente complessa e mutevole e per scardinare, al contempo, il carattere di apparente necessità che si cela dietro le lusinghe della società capitalista, perché, per dirla con il Marx del Capitale, man mano che la produzione capitalistica procede, si sviluppa una classe operaia che per educazione, tradizione, abitudine, riconosce come leggi naturali ovvie le esigenze di quel modo di produzione. Allora il lavorio militante dell’inchiesta diventa necessario per saggiare se il “movimento operaio” esista nella realtà e non solo nelle fantasie settarie, perché se il “movimento” esiste, esiste ma, se non esiste, si può lavorare per una sua maturazione, anche se, di certo, non lo si può inventare!
Redazione di Malanova