Il 15 settembre 2020 è stato sottoscritto un contratto collettivo di lavoro, da alcuni definito pirata, tra l’Assodelivery e l’Organizzazione Sindacale UGL, per regolare il lavoro dei riders. Il mondo sindacale è in subbuglio vista la rappresentatività dell’UGL, un piccolo sindacato e per di più destrorso.
Il primo tentativo di inquadrare legalmente il lavoro dei riders è stato compiuto nel capo V-bis aggiunto al D. Lgs 81/2015 “TUTELA DEL LAVORO TRAMITE PIATTAFORME DIGITALI” che comincia a dare una certa formalità a questo tipo di rapporto di lavoro tramite App. Secondo le prescrizioni legislative, i contratti devono essere in forma scritta e, in mancanza di contratti collettivi, i lavoratori “non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate e ai medesimi lavoratori deve essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini”. Si sancisce anche la necessità di un’indennità integrativa non inferiore al 10 per cento per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli.
La firma di questo contratto di lavoro, come dicevamo, ha messo sul piede di guerra i sindacati confederali che affermano:
“Un atteggiamento inaccettabile e incomprensibile di Assodelivery ha portato alla sottoscrizione di un contratto per i riders con la UGL, pur in presenza di una interlocuzione ed un tavolo sindacale aperto a luglio presso il Ministero del lavoro ed aggiornato a settembre. cegliere un interlocutore di comodo è un errore che pregiudica un percorso negoziale che, a prescindere dalle reciproche posizioni, avrebbe potuto portare a maggiori garanzie per i riders con l’obiettivo di consolidare l’occupazione, la qualità del lavoro e il rafforzamento del quadro dei diritti e delle tutele. L’operazione UGL – Assodelivery è una finta operazione di miglioramento delle condizioni di lavoro dei rider. Se questa è la forma utilizzata ancora meno accettabile è il merito dell’intesa. In sfregio alla legge e al comune sentire ci troviamo di fronte a un testo che riconduce al cottimo l’attività di queste lavoratrici e lavoratori, anche riguardo la fornitura dei dispositivi di protezione individuale. Lo scambio del contratto sottoscritto tra Assodelivery e UGL è che questi lavoratori rimangano autonomi ossia collaboratori occasionali e partite iva senza nessuna possibilità di avere una occupazione stabile: in altri termini, si tratta di un’operazione che prevede un basso salario in cambio di maggiore precarietà!. Ciò consentirà alle varie Glovo, Just Eat, Uber Eat di continuare a disporre di una manodopera potenzialmente infinita, facilmente sostituibile, e scaricando sui lavoratori il proprio vantaggio fiscale e contributivo. A questi lavoratori non verranno retribuite malattia, tredicesima, ferie e la maternità; potranno essere licenziati e quando avranno raggiunto il tetto retributivo massimo per le collaborazioni occasionali (5000 euro annui) potranno riconsegnare i loro nuovi dispositivi di lavoro generosamente concessi in virtù di questo accordo”.
Lo stesso Ministero del Lavoro, in una nota del 17 settembre, esclude che l’UGL e Assodelivery, vista la loro rappresentatività sul piano nazionale, possano derogare ai dettami del Dlgs 81/2015 sopra riportato, soprattutto nel determinare una retribuzione che tenga conto del numero di consegne (cottimo) e non di un minimo orario come previsto dalla legge.
“Appena insediatosi come ministro, nel giugno del 2018, Luigi Di Maio aveva annunciato che le possibili strade per garantire diritti e tutele ai riders erano due: inserire norme ad hoc nel decreto Dignità, le cui bozze prevedevano che i riders fossero inquadrati come lavoratori subordinati o avviare un tavolo con le aziende del settore con l’obiettivo di arrivare a un contratto collettivo nazionale. Le negoziazioni promosse dal Ministero tra aziende di food delivery, associazioni dei riders e parti sociali non portarono, però, ai risultati desiderati, cosicché, con il cambio di governo e di ministro, nell’autunno dello scorso anno il Governo decise di intraprendere la seconda delle strade. Il 3 settembre 2019 con il Decreto-legge n. 101, pubblicato su Gazzetta Ufficiale del 4 settembre 2019, n. 207, recante “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali”, convertito con modifiche dalla Legge n. 128 del 2 novembre 2019, il legislatore interviene direttamente sul settore del food delivery via app”[1].
In effetti la Legge 128/2019 non fa che rimaneggiare il Dlgs 81/2015 aggiungendo il capo V-bis “TUTELA DEL LAVORO TRAMITE PIATTAFORME DIGITALI” – già richiamato – e aggiungendo all’art. 2 la dicitura: «Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali».
Arriviamo al focus del contratto nazionale sottoscritto mentre la contrattazione delle parti al tavolo ministeriale era formalmente aperta.
La prima parte del contratto, richiamandosi a tutta la nuova legislazione in materia appena analizzata, definisce le soggettività in gioco. Piattaforme sono “le aziende che mettono a disposizione i programmi e le procedure informatiche che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono strumentali alle attività di consegna di beni; Riders, i lavoratori autonomi che decidono di svolgere attività di consegna di beni per conto altrui, sulla base di un contratto con una o più Piattaforme”.
Ai riders non è richesta l’esclusività di rapporto di lavoro; qualora ne avessero il tempo, potrebbero lavorare per più piattaforme anche concorrenti. Possono decidere quando e come connettersi all’applicazione e decidere se rifiutare o meno la consegna. D’altro canto anche la piattaforma ha la discrezionalità di non inviare nulla al rider connesso. Spesso quest’ultima opzione è utilizzata per punire gli addetti meno “simpatici” premiando gli stacanovisti grazie allo sviluppo di appositi sistemi di ranking per classificare gli operatori secondo gradi di affidabilità ed efficienza.
All’art. 3 il contratto nazionale fa un passo indietro, ritornando a segnalare la natura autonoma del rapporto di lavoro quando la legislazione l’aveva iscritta nell’ambito del lavoro subordinato e, per tale motivo, esclude la maturazione a favore del Rider di compensi straordinari, mensilità aggiuntive, ferie, indennità di fine rapporto o altri istituti riconducibili al rapporto di lavoro subordinato.
“Nell’ambito del rapporto è escluso l’assoggettamento del Rider al potere gerarchico e disciplinare dalla Piattaforma, in quanto risulta assente qualsivoglia vincolo di subordinazione.” (Art.7)
Maggiore interesse suscita l’art. 10 che riguarda i compensi. Mentre la legislazione nazionale, equiparando il lavoro dei riders a lavoro subordinato, prescrive un salario minimo svincolato dalle reali prestazioni, il contratto nazionale siglato da Assodelivery e UGL ritorna all’antico proponendo che “il Rider riceverà compensi in base alle consegne effettuate, ferma la possibilità per le Parti di determinare compensi in base a parametri ulteriori”.
Così, continua l’art. 11, le “Parti concordano che al Rider sia riconosciuto un compenso minimo per una o più consegne, determinato sulla base del tempo stimato per l’effettuazione delle stesse. Tale compenso è equivalente a euro 10,00 (dieci/00) lordi l’ora. Nel caso in cui il tempo stimato dalla Piattaforma per le consegne risultasse inferiore ad un’ora l’importo dovuto verrà riparametrato proporzionalmente ai minuti stimati per le consegne effettuate”.
Dieci euro e per giunta lordi!
Potrebbe quindi accadere che, seduto sulla tua bella panchina in compagnia della tua bicicletta o motorino, ti arriva solo una comanda e ci metti 10 minuti per consegnarla, in quell’ora ti toccheranno ben 1,60 euro lordi!
Però – perché c’è sempre un però – in particolari condizioni ti becchi un “cospicuo” aumento. Per il lavoro svolto di notte, per quello svolto durante le festività e/o in condizioni meteorologiche sfavorevoli, l’indennità integrativa sarà pari al 10% in caso di presenza di una sola circostanza, il 15% in caso di concomitanza di due delle circostanze e il 20% in caso di concomitanza di tutte e tre le circostanze.
Cioè se in ora fai una sola consegna di 10 minuti ma è notte, piove ed è un giorno festivo ti becchi ben 1,92 euro lordi; grasso che cola!
Se poi sei uno costante, che riesce a fare 2000 consegne annue (5 al giorno per 365 giorni) ti tocca un ulteriore incentivo una tantum di 600€ ma per la tua sicurezza questo bonus non può superare i 1.500€.
Un po’ meglio va per i rappresentanti sindacali dell’UGL. Innanzi tutto il contratto prevede che il Rider potrà rilasciare delega finalizzata alla trattenuta del contributo associativo sindacale a favore dell’Organizzazione Sindacale firmataria del contratto. Inoltre Assodelivery riconoscerà ai 5 componenti di nomina sindacale, che saranno individuati per la Commissione Nazionale un corrispettivo giornaliero di euro 70,00 (settanta/00) a componente per ogni giornata di attività, nonché il rimborso delle spese di spostamento per coloro che interverranno da fuori del comune di propria residenza.
Inoltre per i “lavoratori Rider che assumeranno il ruolo di dirigenti sindacali, designati dall’Organizzazione Sindacale sottoscrittrice del presente Contratto, Assodelivery riconoscerà un numero massimo complessivo annuo di 1.500 ore, da calcolarsi in maniera forfettaria in euro 12,00 (dodici/00), per l’esercizio del ruolo e delle prerogative sindacali”. (art. 29)
Niente male!
Nel pensiero delle parti questo nuovo contratto collettivo dovrà avere una validità di tre anni salvo proroghe successive. Si attende ovviamente il risultato delle denunce dei sindacati confederali e l’azione del Ministero che ha già dichiarato contro legge le prescrizioni riguardanti il compenso a cottimo contenuto nel contratto.
Alla fine però, visto che nel frattempo i riders continuano a percorrere le nostre città e a portarci a casa i nostri ordini, almeno siamo consapevoli di quali siano le condizioni salariali di questa componente del mondo del lavoro, sempre più flessibile e precaria.
Certo il lavorio sindacale potrà in futuro far guadagnare a questi lavoratori condizioni migliori ma rimane intatto il problema teorico e sfocata la fotografia della realtà. Siamo di fronte quasi sempre a società di capitali, le cui società madri sono quotate in borsa con fatturati miliardari, capaci di agire come intermediario tra il ristoratore e i clienti tramite un efficiente quanto banale servizio in rete di ordinazione e consegna pasti.
Dicevamo in un recente nostro articolo che “le applicazioni – cuore pulssante dell’economia di piattaforma – sono presentate come una mediazione quasi asettica ed efficiente, ma hanno dimostrato di essere una fonte di sfruttamento e disciplinamento sulle migliaia di giovani che li utilizzano come mezzo di occupazione. Essi hanno inoltre un impatto significativo sui processi di gentrificazione e speculazione immobiliare, sull’aumento dei problemi strutturali di transito e sull’uso di beni e luoghi pubblici”[2].
Queste nuove frontiere del lavoro sembrano insopprimibili perché legate a doppio filo all’uso capitalistico della tecnologia. Ad ogni modo, ci chiediamo: e se l’app fosse direttamente nelle mani dei lavoratori? Se questi, invece di accontentarsi di 10 euro lordi all’ora pensassero alla creazione di piattaforme cooperative pubbliche e popolari che spezzino la messa a valore dell’intelligenza collettiva e il ricatto occupazionale?
Forse avremmo qualche ricco capitalista in meno e qualche rider soddisfatto in più.
MALANOVA VOSTRA!
[1] Paolo Dammacco, CCNL Assodelivery-UGL: un quadro di sintesi, http://www.bollettinoadapt.it/ccnl-assodelivery-ugl-un-quadro-di-sintesi/
[2] Malanova.info, Perché non un’economia di piattaforma popolare?, http://www.malanova.info/2020/05/23/perche-non-uneconomia-di-piattaforma-popolare/