In un recente intervento ponevamo l’accento sulla necessità − ineluttabile visti gli effetti della crisi pandemica – di un orientamento complessivo verso una «società della cura» come possibilità sostanziale di rottura del paradigma della messa a valore imposto dal dogma produttivista. Affinché questo sia possibile devono innanzitutto saltare quei vincoli finanziari e di bilancio che non permettono agli enti locali di garantire pari opportunità e pari diritti a tutti.
Ma la recente soluzione, proposta dal Governo e attuata da Cassa Depositi e Prestiti (CDP), di rinegoziazione dei mutui ha soltanto traslato il peso del problema debitorio sulle future generazioni. Un’operazione semplice quanto pericolosa: Il debito non è scomparso, ma è stato semplicemente spalmato su più anni con un meccanismo che non farà altro che accrescere il valore complessivo degli interessi sul mutuo. È vero: la rinegoziazione ha prodotto della liquidità immediata che le amministrazioni locali potranno utilizzare, ma è il classico cane che si morde la coda perché il fardello finanziario legato alla rimodulazione degli interessi colpirà inesorabilmente la futura capacità di spesa delle amministrazioni facendo gravare il tutto, ancora una volta, sulle spalle delle comunità.
Nonostante sia evidente la trappola del debito, questa operazione è stata salutata positivamente da migliaia di amministratori locali, tant’è che proprio ieri Fabrizio Palermo, amministratore delegato di CDP, ha dichiarato che «circa un ente su due ha rinegoziato le proprie posizioni: un dato che testimonia il successo dell’iniziaitiva». Regioni ed enti locali hanno rinegoziato il 60% dei loro mutui rivedendo 80mila contratti con Cassa Depositi e Prestiti (su un totale di 135mila) per un debito residuo che si attesta sui 20 miliardi di euro.
Questa operazione, che ha interessato 3100 amministrazioni locali, per l’anno corrente ha liberato risorse per 800 milioni di euro. Il dato regionale è decisamente sopra la media nazionale con moltissimi enti che hanno aderito all’iniziaitiva di CDP: 292 enti locali calabresi hanno rinegoziato oltre 8300 mutui per un debito residuo complessivo di 1,5 miliardi liberando risorse per oltre 55 milioni di euro per interessi non pagati nell’immediato ma che, come si accennava sopra, verranno restituiti a caro prezzo perché semplicemente posticipati con il meccanismo finanziario della distribuzione degli interessi sugli anni residui di vita del mutuo contratto.
Spingere il problema più in là negli anni non è certamente la soluzione migliore perché vuol dire trasferire i problemi economico-finanziari alle future generazioni. Avrebbe avuto molto più senso una richiesta allo Stato di poter accendere, per tutto il prossimo biennio, mutui a tasso zero, sulla falsariga di quelli concessi alle imprese private.
In soli due giorni, e per giunta con la garanzia dello Stato, il Governo ha dato il via libera all’erogazione di un prestito del valore di 6,3 miliardi a FCA (che ha sede fiscale all’estero), ma non si capisce perché – con altrettanta solerzia − non si riescano a reperire analoghe risorse per i Comuni, al fine di farli uscire dall’emergenza con una possibilità concreta di spesa ordinaria e straordinaria.
Sono proposte che ogni Sindaco dovrebbe considerare come prioritarie per la propria azione di governo senza ipotecare il futuro di una intera comunità territoriale ai meccanismi perversi del debito.
Redazione di Malanova