di Francesco Cirillo, scrittore e giornalista d’inchiesta, militante ambientalista
Continuiamo il nostro tour dei veleni in Calabria passando dall’alto tirreno cosentino allo Jonio. Un passaggio non facile con i mezzi pubblici e quindi conviene farlo in auto, rischiando incidenti fra strade dissestate. Dallo Jonio partiamo dal confine con la Basilicata e non possiamo non cominciare da Nova Siri, un piccolo paesino della Basilicata. Ci si ariva con la 106, triste e famosa statale ionica, soprannominata strada della morte, ma la morte si riferisce solo ai decessi autostradali, e non alle scorie nucleari nascoste dentro un impianto chiamato ITREC, ma che il cartello fuori l’ingresso lo denomina come ENEA. Il giudice Nicola Maria Pace negli anni 90 scoperchiò ciò che si nascondeva in questo centro Enea e ne vennero fuori storie incredibili che si intrecciavano con il traffico nucleare con l’Iran e altri paesi del medio oriente.
Nel 2012 Berlusconi ne voleva fare un centro nazionale di smaltimento di rifiuti nucleari, ma grazie ad una sollevazione popolare si impedì questo ennesimo scempio alla regione Basilicata ed alla Calabria.Negli anni Sessanta i rifiuti nucleari si cementavano e si mettevano sotto terra, in quelle che all’epoca venivano chiamate “fosse irreversibili”, proprio perché sarebbero rimaste lì per sempre. Una tecnica tutta italiana sviluppata da Sogin ha dimostrato, per la prima volta al mondo, che questo è tutto tranne che irreversibile. L’Enea ha semrpe negato la presenza di materiale nucleare al suo interno ma proprio un mese fa è stata data la notizia che in quel centro dei misteri era stata completata la rimozione del “monolite”, un prisma verticale di rifiuti nucleari di circa 130 tonnellate che si trovava a 6,5 metri di profondità.
Prima di avviare le operazioni di rimozione il monolite è stato ingabbiato anche con una struttura d’acciaio. Poi è stato effettuato il taglio orizzontale, perforando la base della struttura, e quello verticale, separando i quattro pozzi l’uno dall’altro. Per consentire la rimozione sono stati installati alcuni sistemi di sollevamento per un peso di 45 tonnellate. A fine 2018 il volume dei rifiuti radioattivi (solidi e liquidi) presenti nel sito di Rotondella è stato di 3.214 metri cubi.
Questo volume può variare di anno in anno con il progredire delle attività di mantenimento in sicurezza e di decommissioning e delle modalità di condizionamento dei rifiuti pregressi. Negli anni passati più volte sono stati scoperti canali di scolo che defluivano nel mare jonio provenienti proprio da quell’impianto. Notizie chiaramente subito nascoste, così come le inchieste subito affossate.
Scendendo verso sud, entriamo nella sibaritide. Culla della civiltà, con una piana stupenda, e coltivazioni di riso e agrumi unica in tutta Italia, e con un Museo ricco di reperti archeologici di immenso valore e bellezza. Purtroppo questo sito archeologico è soggetto spesso ad allagamenti e molta parte dei reperti esterni sono ancora sotto il fango. Questa area purtroppo negli anni 90, grazie ad una banda di delinquenti composta da un assessore regionale all’ambiente e da trafficanti di rifiuti speciali, è stata scelta come zona dove sotterrare tonnellate di ferriti di zinco provenienti dalla Pertusola di Crotone. Era materiale che doveva essere trasportato in Sardegna dove esiste un impianto per lo smaltimento di queste ferriti , ma in quell’impianto non sono mai arrivati e vennero seppelliti in questa zona.
Le ricerche dei Nas portarono allo scoperto nel cassanese di 35 tonnellate di queste ferriti e una parte dell’area venne bonificata, ma ne mancano all’appello centinaia di tonnellate che ancora oggi non si sa dove siano state sotterrate. Anche tutte le zone che dovevano essere bonificate non lo sono state. E andiamo all’origine di tutti imali, alla pertusola di crotone, un tempo la Stalingrado ddel sud. Qui tutto è stato smantellato e restano solo le macerie di ciò che fu questa grande fabbrica. Al suo interno vi sono ancora tonnellate di materiale da smaltire e bonificare. Così come vanno bonificati interi quartieri costruiti con materiale proveniente da questa fabbrica, come il quartiere Lampanaro di Crotone.
Signor assessore faccia una visita in questi quartieri di Crotone e incontri i tanti malati di tumore abbandonati dallo stato. Da Crotone scendiamo verso sud e andiamo a Siderno, qui esiste una bomba ecologica , una è la SidernoIl, della ex-BP, chiusa da molti anni, per finire alla SIKA ancora attiva. La BP ha lasciato un ricordo indelebile nella storia, “la fabbrica della puzza” e, ancor peggio, dei rifiuti abbandonati, pericolosi, in bidoni aperti e con materiali cancerogeni o teratogeni, ecotossici, se non esplosivi. Si è in attesa di comprendere l’origine delle sostanze pericolose, anche queste cancerogene trovate sia nei piezometri della SIKA, come risultato dei controlli obbligatori effettuati dalla stessa azienda e confermati dall’Arpacal, sia in pozzi privati, costretti alla chiusura, causa gravi rischi per la salute dei proprietari.
Un Comitato di cittadini di Siderno a settembre del 2016, appena acquisita la documentazione della Regione del 2003, consegnarono al Sindaco una relazione, con tutte le sostanze chimiche presenti nella BP, con i rischi che si correvano a lasciare quel luogo incustodito, alle intemperie del tempo e agli svolazzi di puzze e veleni, alla mercé del vento e del caldo. Il sindaco del tempo, allertò la regione e poi tutto è finito nel nulla. Apra quei cassetti e vada a Siderno a incontrare i cittadini ed il sindaco. E poi l’ennesimo problema delle navi dei veleni. Gira e rigira per le coste calabresi ne trovi sempre qualcuna . Qui ce ne sono ben 7 che vi elenco.
La Maria Pia M. si trova a 35 miglia a Capo Colonna , è una nave risalente al 1966 e battente bandiera italiana. Il 3 novembre 1986 mentre era in viaggio dal porto di Chioggia a quello di Tripoli si sarebbe inclinata e ribaltata prima di affondare su un fondale della profondità di 2000 metri. Carico dichiarato merce varia, per il peso complessivo di 1760 tonnellate. Proprietà della Angelamar con sede a Napoli.
La Korabi Durres , buttò il suo carico in una fossa di Badolato, al largo di Soverato in Calabria. In base alla ricostruzione fornita nel dossier “Affondamenti sospetti” di Legambiente, ad un’ispezione della capitaneria di porto di Palermo, il carico ufficialmente 1.200 tonnellate di rottami di rame era risultato radioattivo, e fu negato lo scarico. La nave riparte direzione Durazzo ed appare nei pressi di Reggio Calabria “senza presentare tracce di radioattività ai nuovi controlli delle autorità marittime. Fu aperta un’inchiesta per stabilire se la nave aveva scaricato a mare materiale radioattivo.
La Zafir nave cargo da 4.313 tonnellate di stazza lorda battente bandiera portoghese, affondata a punta Stilo dopo essersi scontrata con l’espresso Catania il 13 febbraio del 2000. L’incidente provocò 2 morti e 10 dispersi tra l’equipaggio. Avrebbe trasportato clinker, componente base per la produzione del cemento. Partita dal porto di Corigliano in Calabria era diretta a Marina di Carrara.
La Elbe nave battente bandiere panamense proprietà della Fundaloo Shipping, compagnia con sede legale a Zurigo. Partita da Malta con un carico di 500 tonnellate di rottami ferro e diretta a Porto Nogaro in Friuli affondò il 25 maggio 1984 a 17 miglia a largo di Bovalino in provincia di Reggio Calabria. Si salva l’equipaggio.
La ASO nave costruita nel 1961 ed affondata il 17 maggio 1979 al largo di Locri in Calabria. Trasportava 900 tonnellate di solfato ammonico, prodotto di scarto dell’industria chimica. Stando ai documenti ufficiali del Lloyd’s Register of Shipping di Londra la nave sarebbe “affondata dopo aver colpito un oggetto sommerso”.
La Rigel, la nave sulla quale indagava il capitano De Grazia assassinato per le sue continue inchieste. Nave cargo maltese controllata dalla compagnia Navitrans Maritime. Affondò 20 miglia a sud di Reggio Calabria, al largo di Capo Spartivento, il 21 settembre 1987, su fondali molto profondi. Condannati gli spedizionieri e il capitano della nave per truffa ai Lloyd’s e naugrafio doloso. Le indagini dimostrarono incongruenze tra carico dichiarato e carico effettivo. Secondo alcune informative dentro i container ci sarebbe stato anche torio, scoria delle centrali nucleari. Sull’agenda di Giorgio Comerio alla data dell’affondamento compare l’appunto “lost the ship” (la nave è affondata). Il dossier “Affondamenti sospetti” di Legambiente afferma che tutto l’equipaggio si dileguò dopo l’affondamento.
La Marineta modesta nave cargo risalente al 1956 e battente bandiera di Saint Vincent e Grenadine, stazza lorda di 844 tonnellate. Affondò al largo di Crotone il 6 gennaio 1993. Il carico ufficialmente era caolino, materiale utilizzato per produrre porcellane. L’equipaggio di 7 persone fu messo in salvo su un elicottero. Proprietà della compagnia Successors Shipping.
Capito , caro assessore come siamo messi in Calabria ? Qui sta la vera ‘ndrangheta, la vera massoneria, la vera politica che serve a silenziare tutto, e qui stanno tutti quei magistrati corrotti che quando si sono occupati di queste questioni solo per apparire nelle Tv, di navi dei veleni poi se ne sono scappati archiviando le proprie stesse inchieste . Legga tutto il copioso dossier sulle navi dei veleni e la Pertusola di Crotone redatto dalle Commissione parlamentari sul traffico dei rifiuti e si farà un’idea di quanto è avvenuto ed avviene nella nostra regione. Sempre se ne ha voglia.