Di Francesco Cirillo
Cominciai a parlare di veleni in Calabria dopo lo spiaggiamento della Jolly Rosso a Campora San Giovanni nel 1990. Poi continuai a parlarne nel 2001 nel mio libro inchiesta “Da Soverato a Soverato” edito da una coraggiosa casa editrice che si chiamava Cultura Calabrese e che ne era direttrice Rosanna Grisolia. La prefazione fu dell’avvocato Francesco Martorelli che allora per conto della Legambiente si era costituito parte civile nel processo contro il sotterramento delle ferriti di zinco nel cassanese provenienti dalla Pertusola di Crotone.
Un assessore all’ambiente della Regione Calabria, tale Sergio Stancato, era stato arrestato , ma poi il processo, dopo 7 anni di rimbalzi burocratici fra i Tribunali di Catanzaro, Castrovillari e Paola, finì archiviato per sopraggiunta prescrizione e tutti i colpevoli finirono liberi.
Riparlai di veleni in un altro libro della casa editrice Coessenza, intitolato “Guida vera alla sopravvivenza in Calabria “ con la prefazione del giornalista attivista Claudio Dionesalvi. Poi ne continuai a parlare sul settimanale Mezzoeuro di Franco Martelli, su altri miei libri sulla Calabria, dove al centro ho sempre messo la questione veleni nei territori.
Parallelamente alla mia attività di giornalista d’inchiesta ho seguito i militanti ambientalisti, all’inseguimento di inceneritori, discariche, fabbriche dei veleni. Abbiamo girato per la Calabria intera ponendo ai cittadini la questione veleni, legati al traffico di questi, grazie alle connivenze mafiose con le istituzioni.
Ecco è qui il problema vero. E’ la connivenza delle istituzioni con le cosche a far si che la Calabria dagli anni 90 in poi sia diventata terra dei fuochi, con la differenza da quella Campana, conosciuta a livello nazionale, qui invece silenziosa , nascosta, disconosciuta.
Quei pochi giornalisti che ne hanno parlato sono finiti loro nelle aule dei tribunali per diffamazione a mezzo stampa. Così, anch’io sono passato dal tribunale di Paola per aver parlato della Jolly Rosso e delle ferriti di zinco, da quello di Rossano per la discarica della Bieco, da quello di Cosenza per i soldi buttati a mare dalla Giunta Scopelliti, dalla Pretura di Scalea per i finanziamenti spariti in società che gestivano fondi europei. E come me altri giornalisti hanno subito questa trafila. Il tema di fondo sta nella politica, nei politici, che mai hanno posto al proprio centro dell’azione politica la difesa del territorio, facendo si che l’attenzione della magistratura sia su altro, piuttosto che sulla difesa ambientale.
Dalla questione sulle ferriti di zinco, alle navi dei veleni, alle vicende dei rifiuti tossici nella fabbrica della Marlane a Praia a Mare, alle altre bombe ecologiche a Siderno, Vibo, Crotone, Lamezia, San Sago è una lunga sequela di assoluzioni. Ogni tanto esce un magistrato e alza un coperchio di una pentola bollente.
Ora è la volta di Bisignano, dei veleni scaricati nei fiumi che portano al mar Jonio, dove già scaricano altri veleni provenienti da Scanzano e da Crotone. Dobbiamo gioire di questa inchiesta? Certo che bisogna gioirne, ma tenendo presente che spenti i riflettori sulla vicenda, tutto proprio grazie alle leggi approvate dalla politica, rientrerà e verrà inghiottito dalla schiera di avvocati ben pagati che smantelleranno pezzo per pezzo l’inchiesta e favoriti da leggi approvate ad hoc, tutto finirà nell’imbuto delle assoluzioni. Bisogna cambiare le leggi favorevoli agli inquinatori, alla protezione degli imprenditori, all’impossibilità di poter cambiare effettivamente la gestione dei depuratori, così come delle fabbriche e dei trasporti di materiale tossico. Se non si parte da qui, torneremo sempre allo stesso punto di partenza.