Solo per facilitare la riflessione collettiva sulle ultime elezioni, creiamo questa rubrica di analisi del voto prese in giro sui social e ri-socializzate. Chiaramente il contenuto riflette le convinzioni del singolo o del gruppo che le ha redatte.
da INFOAUT.ORG
In primo luogo si conferma un livello dell’astensione praticamente invariato dalle scorse regionali, nonostante la forte polarizzazione inscenata dai media per la campagna elettorale. A recarsi alle urne è appena un 44% dei calabresi.
A contribuire alla disaffezione è sicuramente il profilo dei due candidati: da un lato Jole Santelli, cosentina, socialista di nascita e Forzista dal 1996, espressione di un accordo tra i vari plenipotenziari storici del centrodestra nella regione che mantengono il loro, se pur risicato, margine di manovra in termini di pacchetti di voti. Dall’altro Pippo Callipo di Pizzo, l’imprenditore del tonno, già candidatosi nel 2010 (con l’Italia dei Valori e varie componenti della “società civile”, ma senza la copertura del PD). Uno scontro in sostanza dentro le borghesie regionali che hanno diversi interessi strategici, con i candidati che si collocano a riferimento di settori divergenti dell’impresa locale.
La campagna elettorale, al solito, si svolge sulle patenti antimafia di questo o quel candidato, in special modo dopo le inchieste sulla ‘ndrangheta che ne hanno accompagnato lo svolgimento, tenendo quasi completamente fuori i temi sociali d’interesse per i settori popolari che infatti rimangono a casa. In questo senso non si può parlare di una rinascita del sistema clientelare, in special modo perché la coperta è corta e nessuno sgocciolamento di ricchezze è possibile verso il basso in un quadro di compatibilità neoliberista. Reggono alcuni assetti calcificati degli interessi specifici di varie consorterie, ma si riducono costantemente le aree di consenso.
A pesare è stato anche il giudizio sulla precedente amministrazione di centrosinistra di Mario Oliverio, incapace di un progetto politico che non riguardasse la spartizione del denaro pubblico e il mantenimento dell’apparato regionale.
Dunque il centrodestra festeggia, ma la Lega più o meno. Il partito “nazionale” di Salvini non riesce a sfondare nella regione, nonostante le rosee previsioni della vigilia. Si ferma al 12,1% con Forza Italia che conquista il 12,8% e Fratelli d’Italia che si attesta all’11,2. La Lega in termini di voti assoluti sugli aventi diritto arriva appena al 5%, inoltre molti dei candidati con più preferenze sono “in prestito”: cioè sono politici che se si fossero candidati nelle liste di Forza Italia probabilmente non sarebbero entrati in consiglio regionale per una questione di preferenze e dunque hanno preferito presentarsi con la Lega.
Ad essere particolarmente interessante è lo “sfarinamento” del voto: il partito con il risultato migliore è il PD ad appena il 16,3%. Un ulteriore segnale, ci pare, dell’incapacità dei partiti nella regione, oggi come oggi, di ricomporre un consenso di massa.
Da notare ancora una volta è la scarsa tenuta a livello regionale del M5S, specie in un territorio in cui appena due anni fa, in occasione delle elezioni nazionali, aveva raggiunto il 43,39% dei consensi. Il candidato dei grillini, Francesco Aiello, arriva appena al 7,4%. A contribuire probabilmente alla debacle dei 5S è il risultato significativo dell’indipendente Carlo Tansi che fa il 7,2%. Tansi con un programma che rispecchia molti temi dell’agenda sociale del 5stelle originario e con una campagna sostanzialmente portata avanti da liste civiche e associazioni (spendendo all’incirca 2000 – 3000 euro) è a suo modo un altro dei fenomeni “particolari” di queste elezioni.
Probabilmente in termini generali esiste una permanenza dei temi del “neopopulismo” nei settori popolari che al momento è uno spazio politico vuoto, in cui nessuna rappresentanza per ora riesce a piantare la propria tenda.
Il risultato in Calabria sicuramente non coincide con i trend nazionali, ma ancora una volta segnala le dinamiche specifiche di un territorio tra i più poveri ed espropriati d’Italia, dove sussistono (a dispetto dei presunti schemi di immutabilità) enormi contraddizioni scoperte e faglie di rottura in cui si possono annidare delle possibilità di massa per un punto di vista antagonista.