Il 21 gennaio 2020, il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato il testo definitivo del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e Clima (PNIEC). Il Piano, pubblicato con 21 giorni di ritardo rispetto alla scadenza fissata dall’Unione Europea al 31 dicembre 2019, conferma la tendenza dei nostri governi a non mettere in atto politiche adeguate a contrastare la crisi climatica e proteggere i cittadini.
“Il testo definitivo del PNIEC non presenta differenze sostanziali rispetto alla prima versione, – afferma Cecilia Erba, ricercatrice per Giudizio Universale – che aveva ricevuto numerose osservazioni da parte della società civile volte a migliorarlo”.
Consulta qui le osservazioni sottoposte da A Sud, e qui il comunicato di ben 86 associazioni che da tutta Italia avevano inviato suggerimenti.
“Nella versione definitiva del Piano – continua Erba – il nostro governo si impegna a ridurre le emissioni del 22% entro il 2020 e del 37% entro il 2030, nonostante l’IPCC abbia chiesto già nel 2007 a Paesi sviluppati come il nostro target più elevati, ovvero di abbassarle almeno del 25% entro il 2020 per fare in modo che, entro il 2100, la temperatura globale non sia cresciuta di oltre 2°C”.
“Non si tratta di soli numeri, – spiega Maura Peca – il Rapporto Speciale dell’IPCC del 2018 ci ha mostrato chiaramente le conseguenze disastrose per gli ecosistemi, l’uomo e il Pianeta, qualora spingessimo il surriscaldamento al di sopra di +1,5°. Noi siamo, già così, oltre le indicazioni per stare sui 2°C. Allo stesso modo, secondo gli scienziati, le emissioni necessitano di essere dimezzate entro il 2030, per giungere allo zero netto (emissioni uguali agli assorbimenti) entro il 2050. Siamo molto lontani da questo target”.
Questo senza tener conto del fatto che i dati di ENEA ci mostrano come il trend delle nostre emissioni non è sufficiente a rispettare gli stessi impegni che il PNIEC – che, ripetiamo, è già di per sé inadeguato – imporrebbe: nel 2019 le emissioni sono calate dell’1%, mentre secondo il Piano dovremmo scendere di almeno 1,7% all’anno.
“Lo Stato italiano – conclude Rita Cantalino – perde l’ennesima occasione di assumere un ruolo di leadership e mandare un forte segnale attraverso l’adozione di obiettivi ambiziosi e l’avvio di una reale trasformazione verso un modello a basse emissioni e fuori dal fossile.
Non abbiamo più tempo per aspettare che i governi si rendano conto dell’urgenza, per questa ragione abbiamo deciso di fare causa al nostro Stato, seguendo quello che sta accadendo in molti altri Paesi (tra cui l’Olanda): siamo oltre 100 tra associazioni, movimenti, comitati e realtà promuove la campagna Giudizio Universale, a sostegno della prima causa climatica contro lo Stato italiano, per chiedere la tutela dei diritti umani fondamentali della popolazione messi a rischio dalle conseguenze dei cambiamenti climatici e quindi l’adeguamento alle raccomandazioni della comunità scientifica”.
GIUDIZIO UNIVERSALE
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