di Davide GRASSO – L’attacco ai #NoTav (che comunque si sanno difendere) oggi al corteo del #1maggio a #Torino è stato premeditato e di fatto annunciato per giorni dai rappresentanti torinesi del #Pd a mezzo stampa, con frasi come “la manifestazione non deve essere strumentalizzata dai No Tav” o “sulla presenza dei No Tav abbiamo fiducia nella polizia”.
Ora i non torinesi devono sapere che la “presenza” dei No Tav è ogni anno la stragrande maggioranza del corteo. Se nel famoso 1 maggio 1999 lo spezzone sociale era una minoranza folta e rumorosa, in vent’anni quello spezzone – quest’anno confluito in una marea No Tav – si è preso il 70% del corteo. Fuori da esso, ma sempre gelosamente – e ingiustamente – in testa, il Pd e i sindacati che hanno in questo secolo distrutto i diritti del lavoro per i giovani e impedito ai meno giovani di andare in pensione, rosicano e chiedono che siano ogni volta distribuite bastonate.
Interessante notare che l’appello del Pd ad affrontare i No Tav col manganello è stato accolto con gran piacere dal loro presunto avversario Matteo Salvini. Le cariche della polizia sovranista in via Po e in via Roma si sono così affiancate alle provocazioni del servizio d’ordine europeista del Pd (composto da anni da gente pagata, non certo dai militanti che da tempo immemore non hanno più) con cinghie e bastoni.
Quasi ogni anno lo spezzone sociale No Tav al 1 maggio viene attaccato e caricato. Questo significa che là dove una proposta di lotta ottiene partecipazione la violenza è, nei fatti, unico linguaggio che sappia utilizzare lo stato. Tanto più là dove si chiede l’annullamento di un progetto simbolo della gestione corrotta e devastatrice del territorio italiano in tutta l’epoca repubblicana, toccando così quel che è più sacro per l’imprenditoria e la finanza: la possibilità di continuare in pace a farsi i fatti loro sulle nostre spalle.
E questo non c’entrerebbe con il 1 maggio? Non c’entrerebbe con il lavoro? Ma in che mondo vivono? Non lo sanno che dal modello di sviluppo che scegliamo, non dipendono solo il nostro benessere e la nostra salute, ma anche la giustizia sociale e sul lavoro? Che queste ultime sono possibili soltanto arrestando la rapina brutale e discrezionale delle risorse sociali e ambientali dell’Italia? Che diavolo c’è nelle loro teste e in quella di Chiara Appendino che, sempre più alle totali dipendenze della Confindustria torinese, si è accodata al coro del “non parliamo di Tav il 1 maggio? Noi parliamo di quel che ci pare quando ci pare!
In che mondo vivono, quale Italia vedono, quale concezione dell’economia hanno (se ne hanno una)?
Ricordiamoci che il Movimento No Tav lotta da quasi trent’anni a Torino e in Val Susa e non va neanche lontanamente identificato con le pietose bagarre sul Tav nel governo. È un movimento popolare che non arretra di un passo e che oggi ha dimostrato di essere forse l’unico fronte organizzato nel paese a saper resistere agli attacchi congiunti di tutti i centri di potere e di tutti i partiti politici.
Ora e sempre No Tav!