Il 2 e 3 maggio avremo il piacere di ospitare Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo, a Catanzaro, presso l’aula magna della Facoltà di Sociologia e a Rende, presso la Sala Tokyo del Museo del Presente.
Gli incontri, realizzati in collaborazione con il Comune di Rende, la Camera Penale di Cosenza “Fausto Gullo” e l’Università Magna Graecia -e rivolti principalmente agli studenti medi e universitari-, mirano a ricostruire una contronarrazione della strage di Via d’Amelio che lascia poco spazio alla retorica dell’antimafia di facciata cui, spesso, si è abituati a credere acriticamente.
La testimonianza di Fiammetta è ricerca di verità. Chi ha voluto veramente le stragi? Perché l’inquinamento delle prove? Perché le omissioni, i depistaggi? Perché il dossier mafia-appalti viene archiviato dopo due giorni dalla strage?
Per troppo tempo sono prevalse diverse “verità processuali” contrapposte l’una all’altra, che non cercavano la verità ma saziavano l’opinione pubblica che chiedeva Giustizia. Qualsiasi fosse. E dei colpevoli. Chiunque fossero. L’emergenza mafia, esplosa con Capaci e via d’Amelio, determinò, ancora una volta, la sospensione dello Stato di Diritto, il rafforzamento e l’estensione indiscriminata del 4bis, l’introduzione del 41bis e la riapertura delle carceri speciali di Pianosa e dell’Asinara. Migliaia di persone vennero torturate. Decine di innocenti vennero condannati all’ergastolo, sulla sola base delle dichiarazioni del pentito “pilotato” Vincenzo Scarantino, per essere poi definitivamente assolti dopo ben 17 anni in regime di 41 bis. La storia della strage di Via D’Amelio offre molteplici piani di lettura e analisi che implicano la storia politica, giudiziaria, economica e sociale dell’intero Paese. In questi due incontri assieme a Charlie Barnao, Cleto Corposanto, Sandra Berardi, Marcello Manna, Marina Pasqua, Lisa Sorrentino, Ciro Tarantino e Maurizio Nucci, proveremo a ricostruire alcuni degli aspetti più salienti di quello che i giudici del Tribunale di Caltanissetta nel Borsellino-quater, con la sentenza del 2017- le cui motivazioni sono state depositate a luglio del 2018-, hanno definito “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”.
Associazione Yairaiha Onlus