Nel Novembre del 2018, l’associazione ISDE Italia ha elaborato un Position Paper dal titolo “Cambiamenti climatici, salute, agricoltura e alimentazione”. Nel 2009 ha sottoscritto l’“appello dei medici, ricercatori e scienziati italiani per il controllo dei cambiamenti climatici”, in vista della COP 15 di Copenaghen, documento in cui si affermava, tra l’altro, che ”a livello mondiale la concentrazione di anidride carbonica è aumentata di 1,6 ppm/anno nel periodo 1980-2008 e di 1,9 ppm/anno dal 1993 al 2008. Al ritmo attuale la concentrazione di CO2, ora di 387 ppm, raggiungerà il valore di 410 ppm nel 2020. Le emissioni globali di gas serra da attività umane sono aumentate del 70% dal 1970, superando di gran lunga i valori pre-industriali.” E poi: “dal 1850, 11 degli ultimi 12 anni sono tra i 12 anni più caldi come temperatura superficiale media globale. Tale temperatura è aumentata di 0,74°C nel periodo 1906-2005, rispetto all’aumento di 0,6°C del periodo 1901-2000. Nei prossimi due decenni, perdurando le condizioni attuali, si stima un riscaldamento di circa 0,2°C per decennio. E’ stato stimato che se non si ridurranno le emissioni carboniche entro la fine del XXI secolo, il riscaldamentodella Terra potrà salire da 1,8° a 4°C. Il tempo per evitare la catastrofe ambientale fisica e chimica, degli ecosistemi biologici e dei singoli organismi viventi, quindi il collasso della Terra, è stimato in 5-10 anni, nei quali diviene necessario ridurre le emissioni carboniche e stabilizzarne la concentrazione.
Relativamente agli effetti sulla salute, l’OMS ha stimato la perdita per ogni anno di 5 Milioni di anni di vita in buona salute (DALY) e un incremento del 3% della mortalità per ogni grado di aumento della temperatura terrestre.”
Sono passati quasi dieci anni da quel documento e la situazione sembra essere peggiorata registrando la totale ignavia della Governance globale. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, la popolazione mondiale è in continuo e progressivo incremento (+1.1% per anno, un miliardo di persone in più nel prossimo decennio, circa due miliardi in più nel 2050, circa 3.6 miliardi in più entro fine secolo. L’incremento demografico comporterà aumento dei consumi, aumento delle risorse necessarie a sostenerlo e, inevitabilmente, incremento delle conseguenze negative derivanti da una crescita progressiva in un sistema limitato, la terra. L’uomo esercita infatti influenze negative crescenti sulla biosfera a causa di attività come l’utilizzo di combustibili fossili, la combustione di biomasse di rifiuti, la deforestazione, gli allevamenti intensivi, l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti chimici e forme di sfruttamento non sostenibile dei suoli agricoli. L’azione dell’uomo appare oggi essere talmente rilevante e inedita nella storia del pianeta da aver giustificato la definizione di “Antropocene” per la corrente era geologica, nella quale l’Homo sapiens assume il ruolo e la responsabilità di forza in grado di alterare gli equilibri naturali spingendosi oltre i limiti di sicurezza necessari al mantenimento del suo stesso benessere sociale e psico-fisico.
La riduzione della disponibilità di acqua sta anche diventando un problema nelle regioni italiane settentrionalia causa della deglaciazione dei ghiacciai alpini (la più rilevante riserva idrica in Europa). La perdita di massa idrica ghiacciata si è quasi raddoppiata negli ultimi 35 anni a causa dell’incremento delle temperature durante l’estate e della riduzione delle precipitazioni ad alta quota durante l’inverno[4]. Secondo un recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Climate and Health Country profile –Italy, 2018), nel nostro Paese “l’aumento delle temperature, l’erosione costale, alluvioni e siccità possono causare deficit idrici (6 regioni su 20 hanno richiesto lo stato di emergenza al Governo a causa dell’emergenza derivante dalla crisi idrica nel 2017). La crisi idrica potrebbe anche indurre una riduzione della produzione agricola, elevati rischi di incendi boschivi, aumento della desertificazione e potrebbe minacciare il progresso economico”. L’OMS ha stimato che tra il 2030 e il 2050 ci saranno 250.000 possibili decessi all’annogenerati dagli effetti negativi delle modificazioni climatiche. Questa previsione è certamente sottostimata, in quanto non considera i concomitanti e inevitabili effetti indiretti di tipo economico, la possibilità di eventi meteorologici estremi e, a livello globale, le conseguenze della siccità, delle tensioni e dei conflitti causati dalla scarsità delle risorse primarie necessarie alla stessa sopravvivenza.