Neanche il tempo di emanare la circolare che “suggerisce” il giro di vite sulle occupazioni che arriva la notizia del giorno. E’ proprio vero che “u gabbu coglia”.
Dirigenti, consigieri e amministratori del Comune di Lecce arrestati perché accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, abuso d’ufficio e falso ideologico.
Certo non è un’invenzione pugliese quella di provare a racimolare voti elettorali promettendo alloggi popolari in cambio. Sappiamo essere stata una prassi abituale anche nella nostra città. Avere un santo in Comune, avere una grande famiglia in grado di garantire un bel pacchetto di voti, significava poter fare un bel salto nelle liste e diventare assegnatario di un alloggio popolare o ottenere una normalizzazione della posizione irregolare per chi quel’alloggio lo aveva acquistato o occupato.
Fra gli indagati, sputa ca ‘nduvini, c’è anche il senatore leghista Roberto Marti che, dopo vari cambi casacca sempre nel centrodetra, nel 2017 ha aderito a Noi con Salvini conquistando l’elezione al Senato alle ultime politiche. E’ indagato per abuso d’ufficio, falso ideologico e tentato peculato essendo stato titolare dell’assessorato ai Servizi sociali del Comune di Lecce dal 2004 e il 2010
Nella storia non mancano soggetti ritenuti legati alla malavita organizzata ed accusati del pestaggio, nel 2015, dell’uomo che qualche anno prima con la sua denuncia dette il via all’inchiesta penale.
Arresti domiciliari per ex assessori del centrodestra, dirigenti comunali e, per completare l’arco costituzionale, un consigliere PD.
Non possono mancare all’appello neanche scenari a luci rosse visto che risulta almeno un episodio in cui una donna, all’insaputa del marito, avrebbe promesso ad un amministratore comunale favori sessuali per l’assegnazione di un aloggio. Gli investigatori fanno riferimento a due incontri tra l’ex assessore e la donna avvenuti proprio negli uffici comunali durante i quali si sarebbero consumati dei rapporti intimi.
Nel frattempo, le persone meno “intraprendenti” e senza conoscenze o pacchetti di voti da offrire aspettavano silenziose che scorressero le graduatorie.
Questa la morale e la legalità dei governanti che oggi scaricano la loro rabbia su chi non ha inteso aspettare per strada l’assegnazione di un alloggio ma si è conquistato il suo diritto ad un tetto occupando e recuperando immobili pubblici o privati chiusi da tempo e spesso in stato di degrado.
Forse la pratica delle occupazioni mette in subbuglio questo meccanismo elettorale e clientelare. Forse i potenti non possono permettere che li si bypassi, che qualcuno alzi la testa rispetto all’iniquo potere costituito. Tant’è che ogni governo si sente in dovere di chiudere la pratica con queste persone, a nostro avviso, ree soltanto di reclamare con forza e dignità un tetto sotto il quale rifugiarsi.
Allora sarebbe meglio che, prima di arrivare agli sgomberi, la politica si facesse carico diritto ala casa di migliaia di persone in questo paese e non, come afferma l’ultima circolare del Ministero dell’Interno, capovolgere l’iter buttando per strada le persone prima di aver risolto la loro condizione di necessità.
Prima i diritti, poi la proprietà! E’ un principio costituzionale.
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