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RESTART COSENZA VECCHIA: Riconoscere, non esportare, la bellezza

Piazze, vineddre, palazzi, cortili, scalinate, balconate, spazi verdi hanno brillato venerdì 23 giugno. Hanno brillato di luce propria. Come lucciole che squarciano silenti e delicate il buio, così i luoghi del nostro Centro Storico si sono imposti alla vista, hanno segnalato la loro presenza. E sono stati i luoghi stessi, nuovamente riempiti di entusiasmo, sudore, passione, a trascinare, accogliere, orientare lo sciame umano che li ha attraversati, con vivo interesse e sincera umiltà. Un felice cortocircuito, quello tra Il filo di Sophia e il Comitato Piazza Piccola, che ha dato vita, sin da subito, a una topografia ideale, un percorso artistico di riappropriazione, un desiderio diffuso di partecipazione. Non ci ha mossi la patetica volontà di rigenerare, di esportare un concetto preconfezionato di bellezza, di ridare lustro. Ripartire, infatti, vuol dire ricominciare a camminare, riannodare i fili di un discorso spezzato, ricreare i presupposti, le condizioni di possibilità, il terreno fertile, l’atmosfera. Dall’altro lato, però, se c’è necessità di ripartire, se qualche processo si è interrotto, vuol dire che, a monte, ci sono delle cause e, solo rendendole manifeste, il primo passo verso il superamento dell’impasse può essere compiuto. Non ne facciamo mistero: le Amministrazioni Comunali che, nel corso degli anni, si sono succedute, su Cosenza Vecchia, hanno fallito. Hanno fallito perché non hanno svolto il loro ruolo principale: porsi all’ascolto. Tutte le volte che l’istituzione risponde senza ascoltare, quindi senza neanche sapere a chi sta rispondendo, sbaglia. Così come tutte le volte in cui parla per prima, imponendosi. L’istituzione fallisce quando non ascolta chi vive i luoghi e quando non elabora risposte a partire dai sogni, dai desideri e dai bisogni di chi vive un luogo. Così come sta fallendo la Giunta attualmente in carica, se l’interesse mostrato per il Centro Storico si riduce allo spostamento di qualche maceria, alla costruzione di un museo virtuale, al lancio di intensi, ma improduttivi, proclami. Il progetto “Restart Cosenza Vecchia”, di contro, ha inteso, sin dal primo momento, smarcarsi dalla bagarre della politica istituzionale, tenendo lontano da sé tanto il rancoroso vento dell’anti-politica quanto quello strumentale della sterile polemica. “Restart Cosenza Vecchia” vuole essere altro, vuole puntare i riflettori sul ruolo che abitanti, artisti, comitati, associazioni, movimenti, cittadini attivi tutti possono giocare per risollevare genuinamente le sorti della parte più antica della città. Così, venerdì 23 giugno quella topografia ideale si è infiammata, ha preso corpo e parola. Dalla Casa degli Ultrà, dal campetto di via Milelli, dove bambini, ultrà, giovani e migranti hanno sudato la maglia della gioia e della dignità, la palla è stata lanciata verso le vineddre più interne del Centro Storico. Qui, tra la piazzetta di Santa Lucia e la Giostra Vecchia, tra il quartiere di San Francesco e la Ficuzza, ci siamo emozionati al ritmo delle parole e dei suoni che riempiono i luoghi, riecheggiando, rimbombando, accarezzando muri e stradine impervie. Un rito collettivo, insomma, una liturgia sui generis che ha estasiato i presenti. Ricordare i volti di chi c’era, per credere. Mentre, intanto, a via Gaeta, nella sabbiosa e pietrosa culla nata dopo l’abbattimento dei palazzi pericolanti, fotografie e suoni segnalavano la presenza di un luogo prima inesistente, di un luogo che, fuori da ogni retorica, è certamente simbolo di una Cosenza Vecchia sofferente. Un Centro Storico che le ferite, venerdì scorso, ha ripreso a leccarsele con gusto, per rimarginarle, speriamo, una volta per sempre. Il gusto dello stare insieme, dell’ascoltare un concerto all’aria aperta, il gusto del dialogo, del confronto, del sorseggiare una birra, del dare un morso a un panino, il gusto del cantare in coro, del ballare, del camminare senza stancarsi, del salutarsi, del baciarsi, dell’accarezzare un bambino che gioca, un gatto che miagola, un cane che abbaia, il gusto di fermarsi ad ascoltare gli aneddoti di chi si affaccia da un balcone, di chi ti ferma per strada.

Siamo piccolissime particelle, infinitamente più insignificanti dei palazzi che ci abbracciano, delle strade che ci accolgono, degli alberi che ci offrono ombra, degli archi che ci sovrastano, delle scalinate che ci osservano mute dall’alto dei loro anni. Il nostro compito, allora, non è quello di costruire o esportare qualcosa, ma di riconoscere, fermarci, contemplare, custodire. Una custodia attiva, sempre più partecipata, creativa. Perché i quartieri non sono di chi li amministra, ma di chi li vive, cura, anima, di chi li concepisce alla stregua di cuori che pulsano alla nostra velocità, alla velocità della vita.

Si dice che la promessa è un impegno, ma è anche una responsabilità. E noi, con Restart Cosenza Vecchia, una responsabilità ce la siamo assunta: replicare ciò che non deve rimanere un episodio estemporaneo, inventare nuove forme di coinvolgimento degli abitanti, tornare a vivere i luoghi della città vecchia. Con il cuore, con l’immaginazione, con la creatività, con la partecipazione.

Una responsabilità che condividiamo con tutti voi che avete affollato il Centro Storico appena 48 ore fa, una responsabilità che riguarda tutti, perché Cosenza Vecchia è di tutti.

Ci vediamo tra le vinnedre. Molto presto.

#RestartCosenzaVecchia

Il filo di Sophia

Comitato Piazza Piccola

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