Di Associazione Yairaiha Onlus
Negli ultimi anni si è parlato molto di riforma Fornero emanata sotto il governo Monti nel 2011 con il decreto “salva Italia” e finalizzata a diminuire la spesa pubblica in materia di pensioni per evitare il default finanziario dell’Italia chiesto dall’Europa. La riforma, in un crescendo dilatato nell’arco di tempo 2011/2018, va a toccare la maggior parte delle categorie beneficiarie delle diverse tipologie di ammortizzatori sociali. Ai disoccupati, pensionati e invalidi civili, ai sensi dell’art. 2 commi 58, 59, 60, 61, 62 e 63 della riforma, dallo scorso mese di maggio, si sono aggiunti anche i detenuti o comunque condannati ai sensi degli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale. Come segnalatoci nelle ultime due settimane da decine di detenuti, su di loro, tra cui tanti invalidi civili, non è stata operata solo una semplice decurtazione ma, bensì, la totale revoca del trattamento previdenziale precedentemente riconosciuto e percepito nonostante la legge all’art. 2 comma 61 esplicita la irretroattività dell’applicazione. Inoltre, sempre l’art. 2 al comma 58 prevede che, in fase processuale per i reati ai sensi degli articoli sopra richiamati, <<il giudice disponga ulteriori accertamenti per verificare che le forme di assistenza previdenziale percepite e/o riconosciute abbiano origine, in tutto o in parte, da lavoro fittizio o a copertura di attività illecite>>.
Per quanto attiene la prevalenza degli indennizzi di disoccupazione riconosciuti ai detenuti queste sono frutto delle prestazioni di lavoro svolte per conto del Ministero di Giustizia con il lavoro intramurario (sottopagato) che, a rotazione, i detenuti svolgono all’interno andando a garantire, spesso, le necessarie piante organiche al funzionamento delle carceri stesse. Le pensioni sociali vengono riconosciute per sopraggiunta età e quelle di invalidità alle migliaia di detenuti che soffrono delle più disparate patologie e disabilità. E stiamo parlando di pensioni minime (non d’oro) e di indennizzi che stanno al di sotto dei minimi previsti visto e considerato che la stessa attività lavorativa dei detenuti è retribuita molto al di sotto dello spettante, come testimoniano le numerose sentenze di risarcimento che ogni anno il Ministero di Giustizia va a pagare a coloro i quali riescono a presentare ricorso. A questo punto ci chiediamo dove sono le “origini fittizie accertate” richiamate dall’art. 2 comma 58? Dove la non retroattività della legge visto che si sta applicando anche a condannati molto tempo prima della sua entrata in vigore e a persone che hanno già interemante scontato i propri reati? L’art. 38 della Costituzione prevede che <<Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera.>> Ma è ancora valido? E ancora, cosa succederà per i condannati a pene lunghe o con l’ergastolo e gli ostativi? La risposta, purtroppo, è scontata e per gli effetti di questa riforma non avranno mai accesso a nessun ammortizzatore sociale sia che si tratti di detenuti lavoratori sia che si tratti di anziani o invalidi.
Infine l’Inps non avrebbe dovuto comunicare agli interessati dell’imminente revoca? Sono molteplici le richieste di rinvio alla Corte Costituzionale della Legge Fornero e, forse, le forze politiche e sindacali non avevano ancora valutato questo aspetto che, a nostro avviso, è non solo incostituzionale ma, così applicata, oltremodo illegittima, è una vera e propria vessazione verso gli ultimi degli ultimi. Una sanzione accessoria che mette la corda al collo definitiva alle migliaia di detenuti o in misura domiciliare che versano in condizioni economiche disagiate, migliaia di persone che spesso, quando va bene, fanno 1 o 2 colloqui all’anno perché i familiari non possono nemmeno permettersi di affrontare i “viaggi della speranza” dal sud verso le carceri del nord dove sono ristretti i propri cari. Ma qua si vuole cancellare definitivamente ogni diritto costituzionale e sociale che uno stato di diritto dovrebbe garantire indistintamente a ognuno e ciascuno. E a farne le spese sono sempre i soggetti più deboli.
Art. 2 legge 92/2012
58. Con la sentenza di condanna per i reati di cui agli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale, nonché per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, il giudice dispone la sanzione accessoria della revoca delle seguenti prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, di cui il condannato sia eventualmente titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili. Con la medesima sentenza il giudice dispone anche la revoca dei trattamenti previdenziali a carico degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, ovvero di forme sostitutive, esclusive ed esonerative delle stesse, erogati al condannato, nel caso in cui accerti, o sia stato già accertato con sentenza in altro procedimento giurisdizionale, che questi abbiano origine, in tutto o in parte, da un rapporto di lavoro fittizio a copertura di attività illecite connesse a taluno dei reati di cui al primo periodo.
59. I condannati ai quali sia stata applicata la sanzione accessoria di cui al comma 58, primo periodo, possono beneficiare, una volta che la pena sia stata completamente eseguita e previa presentazione di apposita domanda, delle prestazioni previste dalla normativa vigente in materia, nel caso in cui ne ricorrano i presupposti.
60. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 58 sono comunicati, entro quindici giorni dalla data di adozione dei medesimi, all’ente titolare dei rapporti previdenziali e assistenziali facenti capo al soggetto condannato, ai fini della loro immediata esecuzione.
61. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, trasmette agli enti titolari dei relativi rapporti l’elenco dei soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui al comma 58, ai fini della revoca, con effetto non retroattivo, delle prestazioni di cui al medesimo comma 58, primo periodo.
62. Quando esercita l’azione penale, il pubblico ministero, qualora nel corso delle indagini abbia acquisito elementi utili per ritenere irregolarmente percepita una prestazione di natura assistenziale o previdenziale, informa l’amministrazione competente per i conseguenti accertamenti e provvedimenti.
63. Le risorse derivanti dai provvedimenti di revoca di cui ai commi da 58 a 62 sono versate annualmente dagli enti interessati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ai capitoli di spesa corrispondenti al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura, di cui all’articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, e agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, di cui alla legge 3 agosto 2004, n. 206.
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