No perditempo!

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L’offerta che non puoi rifiutare

Accade nell’alto ionio…ora è sempre resistenza!
In questo giorno così importante vogliamo comunicarvi che nelle scorse settimane siamo stati vittime di un atto intimidatorio molto grave: ci hanno incendiato le auto.

Il vile gesto è stato commesso da quelle persone che si sentono i supremi padroni di questa terra e che, a discapito della collettività, ne vogliono trarre dei benefici personali. Per comprendere l’accaduto è necessario, però, conoscere il contesto che anima la questione da anni. Come alcuni di voi sanno sono figlio e nipote di una civiltà contadina, che da coloni e braccianti èpassata a piccoli proprietari terrieri con una lotta lunga 80 anni. In uno di questi piccoli appezzamenti ha sempre vissuto e vive tuttora mia nonna, espressione, con le sue pochissime pecore, di una memoria rurale. Vive lìda sempre, tutore del paesaggio, e della biodiversità locale. Conosciuta da tutti, essa rappresenta la più longeva testimonianza di una cultura contadina che per anni, con i suoi squisiti formaggi, ha sfamato le numerose bocche della comunità locale.

Nel 2009 un imprenditore edile decide di utilizzare il terreno adiacente alla casetta di mia nonna come deposito mezzi, e per questo si sente legittimato a distruggere una collina intera, stuprare l’ecosistema, cambiare la morfologia dell’ambiente e causare ingenti danni all’abitazione di mia nonna. Abbiamo cercato di far capire più volte a questo individuo che non poteva distruggere le cose in quel modo e privare mia nonna, a quasi 90 anni, di una dimora dignitosa solo per i suoi sporchi interessi. Molte volte abbiamo avvisato il comune in modo verbale di quello che stava avvenendo, ma nessuno ha mai fatto nulla. Ma poi, chi volete che prenda le difese di una contadina che a novantanni reclama giustizia? Anzi, l’astuto “imprenditore”avanzava minacce con modi alquanto aggressivi intimandoci di farci i cazzi nostri. A questo punto, dopo una querela per minaccia, abbiamo deciso, il 15 febbraio 2016, di presentare un documento di accesso agli atti al comune di San Giorgio Albanese, in modo tale da capire se questo individuo avesse avuto delle autorizzazioni. A distanza di poche settimane le nostreauto (la mia, quella della mia famiglia e quella di mio zio) sono state incendiate. Abbiamo esposto denuncia contro ignoti, ma potete immaginare le serrate indagini come siano andate a finire.

Qualche settimana fa siamo stati contattati dal comune che ci riferiva che il soggetto in questione si era recato presso gli uffici comunali e aveva proposto una soluzione:l’intraprendente ufficio tecnico si offriva, per il bene di tutti, come intermediario proponendoci il ritiro di quel documento in cambio dellasistemazione del terreno e della casa di mia nonna a spese del macchiavellico”imprenditore”, e nel contempo il comune avrebbe fatto finta di non vedere e sentire nulla.

A questo punto siamo arrivati a un bivio che o è quello di accettare tale compromesso oppure denunciare tutti compreso l’intero comune. Noi non intendiamo cedere a tali ricatti, sia nei confronti di chi ha distrutto il territorio per fini individualistici ed economici e sia nei confronti di un’amministrazionecollusa con la criminalità e compiacente verso il dissesto del territorio. La questione si amplierà notevolmente poiché crediamo che questo episodio non sia l’unico presente sul territorio comunale. Abbiamo naturalmente molta paura e le tensioni si rivoltano anche tra di noi, come normale che sia. Vogliamo difendere il territorio e ridare dignità ai contadini, che, se pur analfabeti, sono stati e sono attualmente i migliori tutori del paesaggio.
Urge in me, di conseguenza, un’estrema necessità di avviare un processo di riconoscimento all’interno di quelle reti con cui condivido percorsi politici capaci di generare lotte per le autodeterminazioni delle comunità locali e dei territori.

Nel rispetto dei pluralismi, e delle singole appartenenze, credo che non sia più sufficiente considerarsi, nel complesso reticolo che ci connette, un singolo nodo. Credo che non sia più auspicabile sentirsi parte di una sommatoria di un processo frammentario, segmentato e forse avvolte anche autoreferenziale. Abbiamo la necessità di destrutturare quel sentimento nostalgico e anacronistico che circonda il Sud, ma allo stesso tempo dobbiamo porlo al centro di una discussione nazionale, più mediterranea.

Figli di una riforma agraria incapace di generare processi di coesione sociale, vittime di quel familismo amorale ed eredi di quella tradizione Lockniana, ci sentiamo orfani di quella utopia in cui abbiamo sempre creduto. Ripristinare l’antico ruolo delle campagne come elemento centrale di lotta e emancipazione sociale significherebbe dare voce a quelle migliaia di subalterni che aspettano, disillusi, un cambiamento delle cose. Ingenui è chi crede che, attraverso l’economia civile, la decrescita, il consumo critico, etc. si possa aggirare il problema e ritornare a un illuminismo economicista ottocentesco. Certo, il contesto storico, postumo di un fallimento referendario, non lascia trasparire speranze rivoluzionare; ma, è necessario spostare lo sguardo, reagendo e individuando nuove strategie e affinialleanze geopolitiche.

Non vogliamo deresponsabilizzarci dalla scelta che dovremmo prendere a breve, vogliamo capire se in realtà ci sia una speranza di futuro per questoSud, se la questione meridionale potrà essere affrontata in questa fase storica,se la nostra decisione rimarrà una testimonianza individuale o una reale prospettiva. Confido in tutti voi, facendovi l’augurio che si possa sviluppare, nelle vostre intimità, il seme della resilienza partigiana. Buona liberazione.

Massimo Autieri

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