Un incontro molto proficuo quello avuto con la delegazione dell’Ufficio del Garante Nazionale delle persone private della libertà – composta dal Prof. Mauro Palma, Emilia Rossi e Daniela de Robert – che ha voluto incontrare l’associazione per i diritti dei detenuti Yairaiha Onlus e i familiari di Michele Rotella, deceduto lo scorso 26 febbraio mentre si trovava ristretto presso il carcere di Siano a seguito di una infezione da Clostridium Difficilis sottovalutata dal personale sanitario del carcere.
Tra gli elementi emersi dalla narrazione dei familiari due hanno colpito in particolare l’attenzione dei Garanti: l’intervento tardivo nel predisporre il ricovero in ospedale e la procedura di comunicazione del ricovero ai familiari da parte dell’amministrazione penitenziaria, avvenuta a distanza di due giorni dallo stesso e quando ormai stava per morire. Queste stesse modalità vengono confermate anche dalla storia del sig. Verde che a distanza di un mese circa viene portato in ospedale dopo sette mesi di sofferenze e dove gli verrà diagnosticato un tumore con diverse metastasi in fase, ormai, terminale.
Abbiamo poi segnalato una serie di questioni di carattere generale, opportunamente documentate e testimoniate, sulle carenze e discriminazioni che investono i detenuti che si trovano a scontare la pena a Catanzaro che vanno dal diritto (spesso negato) alla salute all’eccesso di discrezionalità della magistratura di sorveglianza che rigetta puntualmente la prevalenza delle richieste, anche quelle di necessità gravi finanche a persone che sono quasi a scadenza pena. E’ stato il caso di Antonio che a sei mesi dalla libertà si è visto rigettare la richiesta di permesso per poter partecipare al funerale del padre, o di Massimo che non ha potuto dare l’ultimo saluto alla madre morente o di Claudio a cui è stata rigettata la richiesta di discutere la tesi di laurea dopo 27 anni di carcere e tanti altri casi ancora, raccolti in un dossier che verrà presentato al Garante nazionale con l’obiettivo di superare un elemento di fortissima discriminazione rispetto alle persone che hanno la “fortuna” di scontare la pena in altre città d’Italia.
Permessi che la sentenza 15.953 della Corte di Cassazione stabilisce si debbano concedere anche ai detenuti sottoposti al regime di carcere duro <<anche i detenuti sottoposti a regime di 41 bis hanno diritto unirsi al dolore familiare, in caso di lutti, risolvendosi la sua espressa volontà di pregare sulla tomba di un congiunto, giacchè fatto idoneo a umanizzare la pena in espiazione e a contribuire alla sua funzione rieducativa>>.
Cogliamo l’occasione per ringraziare pubblicamente i Garanti nazionali che a pochissimo tempo dall’insediamento hanno iniziato il loro difficile lavoro, proprio in Calabria accogliendo anche le nostre segnalazioni e richieste, sperando che si riesca ad intervenire concretamente affinché scontare la pena in Calabria non debba rappresentare una pena accessoria ulteriore.
Associazione Yairaiha Onlus
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